Un giovane comunista a New York con una missione nel taschino: spiegare il Pci italiano agli Stati Uniti d’America in piena guerra fredda. Giorgio Napolitano nel 1978 riceve il visto per mettere piede sul suolo statunitense, superando le limitazioni imposte dallo Smith Act del 1940. Un evento storico se si pensa che 28 anni dopo quel dirigente del Pci diventerà il presidente della Repubblica italiana, portando con sé nel corso di entrambi i mandati la stima degli americani.
Ancora più importante il contesto storico in cui avviene con i rapporti ancora tesissimi tra Urss e Usa, il Muro di Berlino che sarebbe crollato solo 11 anni dopo, l’Italia impegnata nella lotta contro il terrorismo e il rapimento di Aldo Moro. A Napolitano quindi viene affidato il compito di rendere più ‘fluida’ la comunicazione politica tra Est e Ovest del mondo. Un tentativo che invece era fallito nel 1975, i tempi non erano ancora maturi e il visto in quell’occasione non fu concesso. Il membro della segreteria del Pci atterra negli Stati Uniti consapevole dell’importanza del suo viaggio, soprattutto in vista del coronamento di una “politica dei contatti” avviata da tempo tra l’ambasciata di Roma e alcuni membri del Pci, a livello segreto (con tanto di agenti sotto copertura diplomatica) e riservato.
L’occasione è quella di un giro nelle università più prestigiose degli Usa, Princeton, Harvard e Yale, per affrontare temi su cui si concentra la curiosità americana: “L’intervento dello Stato nell’economia”, “pianificazione, politica monetaria, fiscale, economica“; e poi, chiaramente, “un tema internazionale o domestico di particolare importanza per l’Italia e per l’Europa”. Napolitano in perfetto stile italiano, con una buona dose british che lo contraddistinguerà anche in futuro, e con un inglese fluente conquista la platea americana. Ancora oggi ci si interroga sui i segreti accordi stilati durante il viaggio americano del comunista italiano, molti sono stati desecretati dallo Stato, altri sono stati resi noti da WikiLeaks, che parla di un compromesso storico tra i due paesi sancito durante riunioni segretissime.
Resta innegabile comunque il valore di quel viaggio che segnò l’avvio di una politica proiettata al disgelo tra Usa e Italia. Napolitano, nella sua carriera politica, si recherà ancora molte volte negli Stati Uniti, anche come presidente della Repubblica, e tante volte incontrerà capi di Stato americani sempre in una atmosfera di serenità e cordialità. Famosa la frase di Kissinger quando a Cernobbio nel 2001 ritrova il vecchio amico italiano salutando lo così : “My favourite communist”, il mio comunista preferito. Ma Napolitano lo corregge ridendo: “Il mio ex comunista preferito!”.E’ sicuramente con Barack Obama che il rapporto tra Italia e Usa si rafforza. A dimostrarlo l’ultima telefonata che il presidente americano ha voluto fare al Capo dello Stato dimissionario proprio pochi giorni fa. Obama, riferisce una nota del Colle, lo ha ringraziato per il suo impegno in nove anni definendo il suo incarico uno “storico mandato”.
Per Obama infatti Napolitano ha operato “a vantaggio non solo della sua Nazione, ma anche dell’Europa e della comunità transatlantica“. In tutto i due ‘amici’ si sono incontrati due volte al Quirinale e due volte alla Casa Bianca. Alle visite di stato si aggiunge l’incontro all’Aquila in occasione del terremoto, quello per il G8 del 2009, a Varsavia nel 2011, per il summit dei capi di Stato dell’Europa centrale, e in Normandia nel giugno del 2014 per le celebrazioni del 70° anniversario dello sbarco alleato. “Un caro amico” ha detto lo stesso Obama nel suo ultimo viaggio a Roma il 27 marzo 2014, e ancora “l’Italia è fortunata ad avere un uomo di Stato così forte che aiuta il Paese in momenti così difficili”. (LaPresse)
un vecchio lazzarone !