Gli Stati Uniti e alcuni alleati cominceranno l’addestramento di altri 5mila miliziani “moderati” siriani a partire da questa primavera. Lo ha confermato il portavoce del Pentagono, l’ammiraglio John Kirby. Washington si aspetta di dare il via al training in stretto coordinamento con Turchia, Qatar e Arabia Saudita. “Stiamo proseguendo a lavorare con Ankara per pianificare gli sforzi congiunti al fine di formare ed equipaggiare le forze moderate dell’opposizione siriana” ha sottolineato Kirby aggiungendo che anche Doha e Riad fanno parte del gruppo, in quanto dovrebbero fornire strutture ad hoc.
A questo proposito è intervenuto il ministero degli Esteri turco, il quale ha annunciato che “l’accordo definitivo sul programma é molto vicino”. Il compito di selezionare il personale da addestrare e da assegnare a formazioni fidate è stato affidato al generale Michael Nagata , alla guida delle forze speciali del Central Command che negli ultimi mesi ha dato il via a una serie di colloqui con i vertici dell’opposizione moderata siriana.
Un incarico delicato se si considera che la gran parte dei miliziani moderati anti-Assad addestrati e armati da occidentali e arabi sono poi confluiti nelle formazioni dello Stato Islamico (nelle cui fila combatterono anche i fratelli Kouachi responsabili della strage di pirati al Charlie Hebdo) e del fronte qaedista al-Nusra.
Gli obiettivi dell’iniziativa di Washington restano infatti confusi; i nuovi combattenti addestrati dalle forze speciali statunitensi dovrebbero contribuire a combattere il Califfato e al tempo stesso le forze regolari di Damasco, che costituiscono il principale nemico dello Stato Islamico.
Abu Bakr al-Baghdadi avrebbe intanto rafforzato il suo esercito in vista della battaglia per Mosul. Nel settore di Mosul vi sarebbero infatti dai 30 ai 50 mila miliziani dell’IS, per la maggior parte iracheni. Lo ha rivelato il parlamentare Mowafaq Rubaie della Coalizione di Stato. “Lo scorso giugno, quando la formazione ha assunto il controllo della città – ha affermato – il numero dei terroristi nella zona era tra i tremila e i cinquemila.
Oggi, invece, varia dai 30 mila ai 50 mila. La maggioranza della forza combattente, la manovalanza, è locale. Ma la leadership – ha precisato – a livello medio e alto è straniera”. Rubaie ha motivato la crescita del numero dei fondamentalisti nella città, aumentata anche recentemente, a seguito di due fattori: il primo è che i capi jihadisti sono riusciti a fare il lavaggio del cervello a molte persone nell’area, soprattutto giovani, arruolandoli nelle loro fila.
Il secondo è da collegarsi all’offensiva di terra intrapresa nel paese dalle forze di sicurezza irachene, sostenute dai consiglieri militari e dalla componente aerea della Coalizione internazionale a guida Usa. Mosul è vista, infatti, come la “capitale” del Califfato in Iraq, allo stesso modo di come Raqqa è considerata in Siria.
Per la formazione perderla significherebbe un danno di enormi proporzioni. Non solo dal punto di vista geostrategico, ma anche e soprattutto psicologico. “Perdere” un pezzo così importante dello “Stato Islamico” minerebbe la già indebolita capacità di reclutamento dei volontari e renderebbe “vulnerabile” la stessa ideologia alla base del concetto di Califfato.
(con fonte Il Velino) analisi difesa