Un’agenda elettorale davvero fitta quella del 2015. In molti Paesi i cittadini andranno alle urne per un voto che potrebbe pesare sull’Europa. Se a gennaio toccherà ai greci, a maggio sarà la volta del Regno Unito.
Nel Paese crescono i sentimenti anti-europei, incarnati
dal partito Ukip di Nigel Farage, che alle ultime elezioni europee ha raccolto il 27% dei consensi.
La Confederazione degli Industriali britannica mette in guardia: un’eventuale uscita dall’Unione isolerebbe il Regno Unito, rendendolo una nazione più povera. Monito condiviso da molti imprenditori, come Will Butler-Adams, amministratore delegato di Brompton: “L’Europa – assicura – significa un commercio più facile, meno scartoffie. Molti degli scambi commerciali
effettuati in diverse parti del mondo sono complicati. E non avere quel tipo di frustrazione, quella disorganizzazione, non avere prezzi diversi in Paesi diversi, nei Paesi che sono i nostri maggiori partner commerciali, è davvero positivo”.
La scelta di uscire immediatamente dall’Unione europea, come vorrebbe Ukip, non viene giudicata una mossa strategica neppure dagli analisti della City.
“Se ce ne andassimo – garantisce Justin Urquhart Stewart, direttore presso Seven Investment Management – sarebbe un brutto colpo per la City di Londra. Può non piacerci il modo di operare dell’Unione europea ma se vuoi cambiare una squadra devi farne parte. Altrimenti tutto quel che fai è incoraggiare le persone a fare affari all’interno della squadra ma senza di noi”.
A pesare c‘è la crisi economica, che però non ha nulla a che fare con quella che stanno vivendo Paesi come Grecia, Spagna o Italia. Nel 2014 il Prodotto interno lordo è cresciuto di oltre tre punti percentuali e la disoccupazione è solo al 6%. euronews