Altro che Corea del Nord. Ad avere messo a punto l’attacco hacker che ha colpito Sony Pictures Entertainment potrebbe essere stato almeno un ex dipendente dello studio cinematrografico americano controllato dalla giapponese Sony. La società specializzata in sicurezza informatica Norse ha informato l’Fbi che le sue ricerche non avvalorano l’ipotesi di un’azione promossa da Pyongyang – come sostenuto pubblicamente dagli Stati Uniti e dallo stesso Fbi il 19 dicembre scorso – ma appunto contro ex lavoratori frustrati e ad hacker al lavoro per un gruppo di pirateria informatica.
Se confermata, questa tesi darebbe ragione al leader nordcoreano Kim Jong-un, che da sempre ha negato qualsiasi responsabilità rispetto all’attacco che ha portato Sony ad annullare temporaneamente il debutto del suo film “The Interview”, poi proiettato a Natale in qualche centinaio di sale e messo a disposizione per l’acquisto online. Verrebbe meno anche l’idea secondo cui la Corea del Nord avrebbe agito rispondendo alla trama della pellicola, centrata su un piano per assassinare proprio Kim.
Kurt Stammberger, vicepresidente senior di Norse – che non è coinvolto nel caso Sony, ma che sta conducendo analisi in proprio – ha spiegato a Cbc News di essere “molto fiducioso del fatto che non si è trattato di un attacco pensato dalla Corea del Nord, ma da insider che sono risultati centrali nell’implementazione di uno dei peggiori attacchi [hacker] della storia”