5 dic – Un “brainstorming” a porte chiuse con il gotha dei media americani e italiani, giornalisti, editori e investitori pubblicitari, per discutere sullo “State of Media”: così il Centro Studi Americani di Roma, in collaborazione con la Luiss e l’Ambasciata degli Stati Uniti, ha analizzato oggi le enormi sfide che l’economia digitale riserva al settore dell’informazione.
Ad aprire i lavori l’ambasciatore americano John Phillips e la moglie Linda Douglass, ex capo della comunicazione per la riforma sanitaria del presidente americano Barack Obama ed ex giornalista di Cbs ed Abc. Douglass ha anche presieduto due dei panel della tavola rotonda, quello sullo “State of U.S. Media” e quello su “Women in Media”. Ai lavori hanno assistito anche 30 studenti di giornalismo della Luiss.
“L’industria dei media è una parte vitale di qualsiasi democrazia: una stampa solida, libera e prospera è fondamentale in ogni società”, ha insistito Phillips, e ha aggiunto: “Guardate cosa sta accadendo in Russia, dove non c’è una stampa libera“.
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Ma come faranno i media a restare al passo con le trasformazioni vorticose dell’era digitale? Secondo Justin Smith, Ceo di Bloomberg Media Group, l’ambizione dev’essere pari alle sfide, e portare molti media a decisioni di “cambiamento radicale”:
“I media in difficoltà devono cannibalizzarsi, staccarsi le braccia se serve“, sapendo che “se non se le staccano da soli, gliele staccheranno altri”.
E alcuni settori, come quello pubblicitario, pongono interrogativi cruciali: le grandi piattaforme come Google o Yahoo hanno dati sulle abitudini di consumo che consentono loro di raggiungere il pubblico molto meglio dei media tradizionali. Questi devono sforzarsi in tutti i modi per penetrare il settore cruciale dei dati di consumo. Per Smith investire sui dati e investire nella qualità non sono scelte alternative, perché si possono fare entrambe le cose; come pure la velocità e la sintesi, o la produzione di informazione più leggera, non necessariamente vanno a scapito della qualità.
Anche per Gerard Baker, direttore del Wall Street Journal, la missione essenziale dei media resta quella di “assicurarsi che chi ha il potere debba risponderne” ai cittadini. Nell’enorme varietà e velocità dei cambiamenti, un gruppo che voglia restare o diventare leader in questo settore deve puntare su “una chiara identità”. Che non è soltanto una linea politica, ma anche dare ai lettori il senso che su quel media “i fatti vengono verificati”. Così si crea qualcosa di “distinto” e si favorisce la nascita di una “community” intorno a un media.
I social media, anche se “sono una sfida” per la stampa tradizionale, secondo Baker sono un fatto positivo per i cittadini, perché diffondendo le notizie di più media alla volta o ponendosi come fonti primarie, aiutano il confronto e limitano le visioni troppo di parte. E per Justin Smith di Bloomberg, danno una grande opportunità ai giovani giornalisti ancora sconosciuti: “Scrivete tanto”, ha suggerito loro, “e usate i social per diffondere quel che scrivete”. Un trampolino di lancio che raramente è sufficiente di per sé, ma che i giornalisti che hanno cominciato 10, 20 o 30 anni fa non hanno potuto usare.