Togliete ai pm l’arma di persecuzione dell’appello (la giustizia italiana è malata)

Augusto Minzolini è stato sorprendentemente condannato in appello a due anni e mezzo di prigione, dopo che l’avevano assolto in primo grado perché il fatto non costituisce reato.

minzolini

Vittorio Feltri – Mer, 29/10/2014

La notizia è di lunedì e noi ieri l’abbiamo pubblicata, come altri quotidiani; ma l’indignazione non si è esaurita e non si esaurirà presto.

Siamo di fronte a una sentenza, con rispetto parlando, che fa rabbrividire per la sua assurdità. Augusto Minzolini, ex direttore del Tg1 (in precedenza inviato di Panorama e della Stampa ), è stato sorprendentemente condannato in appello a due anni e mezzo di prigione, dopo che l’avevano assolto in primo grado perché il fatto non costituisce reato. A distanza di un anno i giudici hanno cambiato idea, e ciò che non costituiva reato, adesso invece lo costituisce ed è meritevole di 30 mesi di reclusione. Siamo allibiti.

Minzolini, ingaggiato dalla Rai, pretese che nel contratto fossero inserite alcune agevolazioni, le stesse di cui aveva goduto all’epoca in cui egli era dipendente del giornale torinese: per esempio, una (carta di credito senza l’obbligo di rendicontazione. Tali agevolazioni gli furono accordate, tant’è che per 18 mesi nessuno contestò le spese (65mila euro in totale) dell’allora direttore. Poi, chissà perché, scattò la denuncia. E si andò in giudizio. Che fu di assoluzione. Da segnalare che anche la Corte dei conti nonché l’Ordine dei giornalisti non ravvisarono alcuna scorrettezza nel suo comportamento.

Ma in Italia se un imputato viene riconosciuto innocente non può considerarsi davvero tale perché i Pm hanno facoltà di appellarsi. Incomprensibile il fatto che i magistrati siano incentivati a litigare fra loro. Al massimo l’appello dovrebbe essere riservato ai condannati come accade in vari Paesi, non a chi indossa la toga. Mah! Questo è il nostro sistema scombinato.

Cosicché, in secondo grado, Minzolini viene considerato colpevole. Se la Cassazione dovesse – Dio non voglia – confermare la sentenza, il nostro Minzo oltretutto decadrebbe da senatore per effetto dell’automatica sospensione dai pubblici uffici.

Siamo al delirio. Da notare che Augusto, per non saper né leggere né scrivere, restituì quei 65mila euro, e che la Corte dei conti ingiunse alla Rai di restituirglieli. Chi ci capisce qualcosa è bravo. Noi ci limitiamo a osservare che i famosi tre gradi di giudizio, anziché garantire il cittadino, in realtà lo sottopongono a una tortura e al rischio di ignorare fino all’ultimo giorno di che morte morirà.

Basterebbe poco a rendere il diritto meno storto: l’appello sia riservato all’imputato e vietato ai Pm. Per fare ciò occorre modificare la Costituzione, che, non essendo di marmo bensì di carta, non è difficile da correggersi. Altrimenti non si eliminerà mai il sospetto che i magistrati agiscano per ripicca nei confronti dei propri colleghi di opinione politica diversa.

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