Le proteste della Polizia – cominciata lunedi, dopo l’uccisione di due agenti a Ghardaia dove da dieci mesi sono in corso scontri interetnici – che a nome dei 200.000 poliziotti algerini, chiedono le dimissioni del capo della Polizia – il generale Hamel – migliori equipaggiamenti, condizioni di lavoro e adeguamenti salariali sono giunte al terzo giorno consecutivo davanti al palazzo presidenziale e la situazione sta diventando incandescente anche in considerazione della presenta dell’Isis.
“Le manifestazioni di massa dei poliziotti algerini, a cui stanno aderendo anche ampie fasce della popolazione – dice Souad Sbai – ci dicono che la situazione sta per diventare incandescente. Stante l’assenza prolungata e ormai troppo sospetta di Bouteflika – non è dato sapere se sia vivo o morto – c’è il rischio che sulle proteste pacifiche di piazza cali la repressione autoritaria dei militari e riesploda l’estremismo organizzato, così come nei sanguinosi anni ’90”.
“E’ la prima volta che nella storia del grande Paese nordafricano – aggiunge Sbai – si verificano proteste di piazza da parte delle forze di polizia che finora avevano tenuto sotto controllo quelle popolari. Ora le parti in causa paiono essersi profondamente avvicinate – continua Sbai – e il timore che la situazione degeneri esiste e c’è anche il rischio che i militari, prendano il controllo dello Stato, con conseguenze incalcolabili, dal momento che non si è ancora capito se Bouteflika sia vivo, morto o clinicamente morto. Mentre, come testimonia la decapitazione del francese Gourdel, è acclarata la presenza di Isis e questa presenza dovrebbe spingere una volta tanto la comunità internazionale a muoversi per tempo e a togliere dal fuoco una pentola in ebollizione che rischia di esplodere”.
Così Souad Sbai, giornalista e scrittrice commenta la progressiva crescita delle proteste di piazza in Algeria.
16 ottobre 2014