Perchè i musulmani non partono per combattere contro la jihad

 

di Umberto Bosco

Tutti a chiedersi come sia possibile che tra i tagliagole del ISIS ci siano centinaia di giovani europei.
Ma ci siamo mai domandati: chi è rimasto in Europa cosa pensa di chi è partito?
Ci siamo mai domandati chi è rimasto cosa pensa dell’ISIS?

Anche se buona parte delle vittime dell’isis sono anch’esse musulmane, avete mai udito di qualcuno partito per combattere contro i jihadisti?
Avete mai udito di un musulmano partito per difendere iracheni, curdi e siriani dalla furia omicida dello Stato Islamico?
Avete mai udito di un musulmano che parte per ostacolare la creazione di un Califfato?

No. Tranne qualche rara eccezione, purtroppo la risposta è no!

Per carità non mancano certo esponenti del mondo islamico che pubblicamente criticano l’ISIS e Al Qaida e che contestano il califfato ma sulla loro effettiva rappresentatività si potrebbero sollevare diversi dubbi.

Anche Gad Lerner ha notato l’assordante silenzio delle organizzazioni islamiche italiane, colpevoli di non organizzato manifestazioni di condanna verso le atrocità commesse dall’ISIS. Dalle pagine del suo blog il giornalista si chiede “Non sarà che i portavoce islamici d’Italia abbiano riscontrato, tra i frequentatori delle moschee, un consenso diffuso per i tagliagole criminali tale da sconsigliare loro una solenne dissociazione pubblica?”

islamici

 

Fermiamoci un attimo a ragionare. Per una vignetta satirica o un video su youtube, i musulmani di tutto il mondo sono in grado di organizzare boicottaggi, violente rivolte e attentati.
Per ogni bomba che viene sganciata su Gaza, per ogni profugo che scappa dalla Siria si organizzano manifestazioni, raccolte fondi e campagne di sensibilizzazione ma quando si uccide, si saccheggia e si stupra in nome del loro dio e del loro profeta non si muove una foglia.
Alcuni leader sono furbi e non dimenticano di dissociarsi dai terroristi ma i loro comunicati di circostanza prendono in giro sempre meno osservatori e appaiono per quello che sono in realtà: l’alibi da sventolare in risposta ad eventuali accuse di complicità.
La realtà è che l’assenza di manifestazioni importanti ma soprattutto partecipate da parte delle comunità islamiche ritrae una sola drammatica verità: il “musulmano medio” potrà anche non condividere i metodi e lo stile dell’ISIS ma non mette certo in discussione la nobiltà della jihad e non si azzarderebbe mai a criticare il califfato perché è la forma di governo voluta da dio. I fratelli jihadisti sbagliano ma restano fratelli!
Ed è questo il problema più grande. Per ogni musulmano che parte per la jihad ne restano migliaia a fare il tifo per lui ma non dimentichiamoci che “in contesti di fanatismo e di violenza, i pochi fanno per tutti. Le percentuali pesano in democrazia, ma sono insignificanti in contesti non democratici.

Per ora a combattere la jihad con il fucile sono in pochi. La maggioranza preferisce diffondere l’islam con altri mezzi come la propaganda, la demografia e la finanza. Qua poco centrano le colpe del colonialismo o le interferenza occidentali in medio-oriente, l’Islam disprezza e odia i valori dell’occidente. Per questo le moschee non devono essere considerate come luoghi di culto bensì come le caserme dove il nemico organizza lo scontro di civiltà.

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