30 settembre – Si raccontano, a Repubblica, le due famiglie liguri che hanno partecipato a “Rifugiato a casa mia”, progetto pilota della Caritas per l’accoglienza dei rifugiati non in comunità, ma in famiglie, che ottengono un contributo mensile di 300 euro.
Una nuova frontiera dell’accoglienza, che potrebbe essere moltiplicata e sul tema è acceso il dibattito in Parlamento: per ora, tra i pochi programmi del genere c’è appunto quello della Caritas, che ha coinvolto una decina di diocesi in Italia. Tra cui Genova e Savona. “Non è facile trovare famiglie disponibili, ci sono tanti timori – spiega Lucia Foglino della Caritas di Genova –Ma se verranno stanziati altri fondi, sarà bello continuare la sfida: è un’occasione di crescita per il ragazzo e per la famiglia”.
Entrambe le famiglie liguri hanno conosciuto i giovani immigrati poco dopo il loro arrivo a Lampedusa e poi in Liguria, nel periodo della guerra in Libia. Ed entrambe, in realtà, avevano già deciso di ospitare i ragazzi: “Rifugiato a casa mia” è stata l’occasione per dare un nome all’esperienza. Che è durata quasi un anno e si è conclusa da poco.
“La consiglierei a tutti – racconta Mamura, che insieme al compagno Massimo ha accolto Issa, ventenne del Niger, basta un po’ di entusiasmo, non servono grandi risorse economiche che noi non abbiamo, visto che io studio e Massimo è insegnante precario”.
I 300 euro mensili li hanno usati per la spesa, i vestiti e le necessità di Issa. Lui ha continuato a studiare, ha preso il diploma di terza media e poi ha trovato lavoro a Trento.