26 agosto – ”Si era fissato con la religione, voleva andare in Israele, arruolarsi nell’esercito e combattere contro i palestinesi. Gli avevano negato il visto due volte e per questa ragione era anche andato a parlare col consolato israeliano”. Lo sostiene Giovanni Ciallella, proprietario della villetta romana in cui Federico Leonelli ha decapitato la colf, in un’intervista al Tempo.
Compagna di Leonelli morta a Madeira – ”Conoscevo Federico da circa dieci anni, aveva lavorato con me a un progetto internet tra il 2004 e il 2005, poi l’ho perso di vista quando è andato a vivere a Madeira con la sua compagna, che a suo dire è morta per embolia”, racconta Ciallella. ”Circa due anni fa, lui è tornato a Roma sconvolto, mi ha chiamato raccontandomi cos’era accaduto. Da quello che so ha vissuto per un po’ dalla madre, che aveva avuto un ictus quindi è rimasto anche solo durante il ricovero nell’abitazione di via Pigafetta, di cui si è appropriata la sorella, poi dal padre, un ex generale della Guardia di Finanza, che però l’aveva cacciato, sempre secondo la sua versione, perché non lavorava.
Da ateo a fanatico religioso – Da lì aveva preso in affitto una camera a piazza Bologna con altri studenti ma non riusciva a pagarsela. Gli ho detto che poteva restare da me per un mese, io a luglio sarei partito”. ”Quando l’ho conosciuto era totalmente ateo, abbiamo parlato più volte di Dio ma diceva di non credere in niente”, prosegue Ciallella. ”Poi diceva di aver scoperto di essere di origini ebree, ha cominciato a studiare la storia, durante la notte sparava a tutto volume filmati sulla religione, parlavano alcuni rabbini, diceva di conoscerne uno anche a Roma, e si era convinto a voler andare in Israele per arruolarsi”.
Polizia: sparato quando si è lanciato contro di noi – ”Abbiamo sparato quando si è lanciato contro di noi, col coltello in pugno. Ci voleva un attimo a raggiungerci. Nessuno di noi due aveva mai fatto fuoco prima d’ora, se non al poligono in allenamento. Michele è anche tiratore sportivo e chiedergli perché mai non abbia mirato alle gambe è superfluo: a due metri di distanza, con la paura di essere uccisi e l’adrenalina a mille non si mira: si spara al bersaglio grosso e basta. Per salvarsi o per salvare altre vite”. Così, in un’intervista a Repubblica, Danilo e Michele, i due poliziotti che hanno fatto fuoco contro Federico Lionelli.
Leonelli ha cercato di uccidere un pompiere – ”Era in piedi, nel buio, e rantolava. La donna era già morta ma lui imitava i suoi gemiti. Aveva un coltellaccio in mano, i capelli lunghi, un paio di occhiali protettivi sul viso. Faceva paura, alto quasi due metri, robusto, lordo di sangue. Il nostro primo pensiero è stato per il pompiere che, in quel momento, stava forzando la porta. Era chiarissimo che Leonelli si preparava a uccidere chiunque fosse entrato in quella stanza”, raccontano i due poliziotti. Quando la porta si è aperta ”abbiamo urlato al pompiere: via, via, scappa. L’uomo si è avventato contro il pompiere e ha cercato di pugnalarlo.
Inutile uso del manganello contro di lui – Poi, fulmineamente, è uscito in giardino. C’erano altri vigili, medici, barellieri. Abbiamo gridato a tutti di allontanarsi. Lui si è messo di spalle a un’auto parcheggiata poco distante”, proseguono i poliziotti. ”Urlava: andate via, lasciatemi andare. Siamo avanzati con le armi in pugno fino a quando non c’era nessuno sulla linea di tiro. Abbiamo gridato: butta il coltello, butta il coltello. Un nostro collega si è avvicinato di lato e l’ha colpito col manganello, tentando di disarmarlo. Lui non ha neanche avvertito i colpi’. TISCALI