29 lug. – Fallisce la mediazione, avanti tutta a colpi di voto tra astuzie procedurali e contestazioni plateali.
Al Senato c’e’ un ultimo tentativo di accordo, che finisce su un binario morto.
Prevalgono allora i rispettivi falchi, e naufraga il sogno di una revisione condivisa della Carta costituzionale.
Primo atto, questa mattina. L’Aula riprende la discussione, va al microfono Vannino Chiti, leader riconosciuto dei dissidenti del Pd. Chiede di concentrare il dibattito su alcuni temi precisi, quindi ridurre gli emendamenti a “una decina” e poi rinviare alla prima settimana di settembre il voto finale sul ddl riforme.
Il suo partito non fatica molto a dare ufficialmente il via libera all’idea. Ma gia’ Forza Italia lancia avanza subito i primi distinguo. Dice si’ ai tempi suggeriti, ma mette subito in chiaro che non potranno essere toccati i termini dell’accordo tra Renzi e Berlusconi.
Lasciando intendere che tra questi bisogna mettere anche l’Italicum.
Pronta la risposta di M5S, Lega e Sel.
E’ subito tensione in Aula in vista del primo voto segreto su un emendamento a firma Sel che, di fatto, prevede che il Senato sia elettivo. L’emendamento, a prima firma De Petris (Sel), recita infatti: “i membri delle due Camere sono eletti a suffragio universale e diretto”. Ed e’ scontro sulle votazioni per parti separate.
Ma anche sulla richiesta, avanzata dalla senatrice Pd Ghedini, di procedere prima con il voto dell’emendamento 1.1713, sul quale c’e’ il parere favorevole del governo. L’opposizione non ci sta, il grillino Crimi parla di “prove tecniche di dittatura”, Sel con de Petris chiede di “evitare forzature inappropriate, assolutamente inaccettabili”. Il capogruppo Pd Zanda si dice favorevole alle proposte avanzate dalla collega del gruppo.
Il primo a rispondere, mille miglia lontano da Roma, e’ Beppe Grillo. Il M5S e’ pronto a lasciare il Parlamento se dovesse passare una riforma che preveda il Senato non elettivo, chiarisce: Vogliamo risposte concrete da Renzi o qua nessuno va in ferie, avverte il capogruppo della Lega al Senato Gian Marco Centinaio. Sel, da parte sua, si prende un paio d’ore prima di affiancarsi formalmente agli irriducibili. “Dire ‘togliete gli emendamenti e poi discutiamo’ e’ una condizione irricevibile”, spiega Nicola Fraoianni, che esprime apprezzamento per l’iniziativa di Chiti ma spiega come sia impossibile trattare “con chi insulta”. Il riferimento e’ ai “gufi, frenatori e rosiconi” che popolano il lessico politico del Presidente del Consiglio.
Nel frattempo tenta una mediazione personale il Presidente del Senato. Pietro Grasso interrompe prima i lavori d’Aula per permettere a tutti di raccogliere le idee. Poi propone di continuare la discussione sulle riforme a partire dai punti meno controversi. Alla fine incassa un ennesimo no. Questa volta del governo. E’ la giornata dei veti incrociati.
Quando riprendono i lavori dell’Aula nervi tesi e colpi bassi. Sel e Ncd si affrontare a colpi di sottigliezze procedurali. In palio la sopravvivenza di una norma, quella sul Senato elettivo, ripetuta in innumerevoli emendamenti. Basta una bocciatura e decadrebbe ovunque. Ma sono Lega e M5S che protestano con piu’ foga. “Tirate fuori le palle!” intima il grillino Crimi. “Grasso schiavo di Renzi”, fa eco Roberto Calderoli. Le prossime saranno giornate calde.