27 lug. – Pil in calo di 47,7 miliardi di euro; quasi 32mila imprese in meno; oltre 600mila posti di lavoro perduti; 114mila persone in cassa integrazione; quasi 2 giovani meridionali su 3 disoccupati: questa la fotografia della crisi dal 2007 ad oggi secondo il Check Up Mezzogiorno elaborato da Confindustria e Srm sullo stato di salute dell’economia meridionale. E i primi mesi del 2014 confermano purtroppo questa tendenza negativa: il saldo tra imprese iscritte e cessate e’ negativo per oltre 14mila unita’.
Dall’inizio dell’anno hanno infatti cessato la propria attivita’ 573 imprese meridionali al giorno, con i fallimenti in crescita del 5,7% rispetto allo stesso periodo del 2013. L’Indice Sintetico del Checkup elaborato da Confindustria e Srm-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo) e’ sceso nel 2013 al di sotto del minimo registrato nel 2009. A deprimere l’Indice e’ soprattutto il dato degli investimenti pubblici e privati, diminuiti di quasi 28 miliardi tra il 2007 e il 2013: un calo di oltre il 34%, con punte di quasi il 47% nell’industria in senso stretto e del 34% nell’agricoltura e nella pesca, che pure sono settori in cui e’ forte la specificita’ del Mezzogiorno. In particolare, frenano gli investimenti pubblici: tra il 2009 e il 2013, infatti, la spesa in conto capitale nel Mezzogiorno si e’ ridotta di oltre 5 miliardi di euro, tornando ai valori del 1996, contribuendo alla riduzione del numero e del valore degli appalti pubblici.
In calo di numero, ma soprattutto di valore (da 8,6 miliardi a poco piu’ di 5) sono anche le gare di partenariato pubblico-private bandite nel Mezzogiorno. Si realizzano, dunque, sempre meno investimenti pubblici, sia che lo Stato li finanzi direttamente sia che li promuova indirettamente.E cio’, si legge nello studio, e’ paradossale, se si considerano le difficolta’ economiche che suggerirebbero l’opportunita’ di un’azione pubblica decisamente anticiclica. Segnali parzialmente in controtendenza vengono dalle esportazioni meridionali: l’export e’, infatti, l’unica variabile il cui valore al 2013 e’ superiore (+2,4%) a quello del 2007.
Tuttavia, tale recupero sembra essersi fermato nel 2013 e nei primi mesi del 2014, o meglio differenziato: scende l’export di idrocarburi, oscilla l’export di acciaio, si rafforzano settori come l’aeronautico/automotive, la meccanica, la gomma/plastica, l’agroalimentare. Cosi’ come si rafforza l’export dei principali poli produttivi e dei distretti meridionali. Non sono i soli segnali timidamente positivi: cresce il numero delle societa’ di capitali (+3,2% rispetto a un anno fa), delle imprese aderenti a contratti di rete (oltre 1.600), delle nuove imprese condotte da giovani (50mila nel solo 2013); tornano a crescere, in alcune regioni meridionali, i turisti stranieri.
Segnali contradditori vengono dalle dinamiche creditizie. Gli impieghi nel Mezzogiorno continuano a scendere (8,4 miliardi di euro in meno rispetto al 2012), mentre i crediti in sofferenza hanno ormai raggiunto i 35 miliardi di euro. Tuttavia, nei sondaggi piu’ recenti le imprese segnalano una lieve attenuazione della restrizione nelle condizioni di accesso al credito. Non si e’ ancora verificata un’inversione di tendenza nella dinamica dei prestiti, ma la riduzione sembra accennare a frenare. Secondo lo studio, “e’ necessario e urgente un robusto intervento per amplificare al massimo questi segnali positivi attraverso due azioni convergenti. E’ necessaria la decisa attuazione delle riforme istituzionali e strutturali (fisco, energia, semplificazione, riduzione strutturale dei tempi di pagamento della PA) di cui l’Italia, in particolare il Mezzogiorno ha estremo bisogno, non solo per i benefici effetti sulla competitivita’, ma anche perche’ la loro effettiva definizione e’ la strada obbligata per dimostrare l’affidabilita’ del nostro Paese a livello europeo. A queste riforme deve accompagnarsi una politica economica chiaramente orientata allo sviluppo”. (AGI) .