di Carmine Gazzanni
15 giugno – Verrebbe da definirla, quasi ironicamente, una sprecopoli stellare quella del Centro Italiano di Ricerca Aerospaziale (Cira), società controllata dall’Agenzia spaziale italiana (già protagonista di una mega-sprecopoli) e dal Consiglio nazionale delle ricrche). Eppure la relazione presentata solo pochi giorni fa dalla Corte dei Conti disegna un quadro assolutamente non roseo: costi del personale in continua crescita che assorbono quasi la totalità dei costi di produzione (oltre l’87%), consulenze a go go sulle quali emergono pesanti “perplessità, mancanza assoluta di controlli” da parte del ministero incaricato, il Miur. Un particolare non da poco vista la montagna di finanziamenti pubblici per progetti poi completamente abbandonati.
Aumentano i dipendenti
Eppure il Cira nasce con il migliore degli intenti: dare attuazione al PRORA (PROgramma nazionale di Ricerche Aerospaziali) attraverso “attività di ricerca scientifica e tecnologica, sperimentazione, formazione del personale nei settori aeronautico e spaziale”. Un impegno non da poco, dunque, tanto che “lo Stato ha assunto a proprio carico l’intero onere sostenuto dal Cira”: stiamo parlando, nel complesso, di oltre 428 milioni. Ma cosa è stato fatto nel frattempo dalla società? Sicuramente, a leggere la relazione dei magistrati contabili, si è pensato bene di ingigantire il corpo del personale. Tra area tecnologica, di ricerca e amministrativa al 31/12/2012 il Cira conta ben 348 unità, a fronte delle 325 del 2011. Alla faccia della spending review, insomma. E, ovviamente, anche i costi per mantenere tutto l’apparato sono notevolmente aumentati dato che si è passati, tra stipendi, oneri e tfr da poco più di 22 milioni a 23,3 milioni di euro.
Qualcuno dirà: beh, ora la cura Renzi risolverà la questione. Niente affatto. Basti prendere in mano la programmazione delle risorse umane per il quadriennio 2014-2016 e comprendiamo l’assurdo: se ad oggi il personale conta 348 unità, nel 2014 a 392, per poi salire a 412 nel 2015 e arrivare alla cifra stellare di 432 nel 2016. Alla faccia di ogni benché minima spending review. È la stessa Corte, d’altronde, a rivelare l’inevitabile: tale aumento “aggraverà pesantemente il livello di rigidità del bilancio e a monte di tutto anche della stessa capacità della società di perseguire un congruo livello di economicità”.
Una valanga di consulenze
Di male in peggio se si passa poi alla galassia delle consulenze, l’ambito per il quale la Corte mostra le maggiori perplessità. E non solo per gli importi stellari (per dire: nel solo 2013 sono state attivate sei consulenza per un importo totale di 195mila euro) o per la durata degli incarichi, ma in alcuni casi addirittura per l’oggetto stesso della consulenza. Quale ruolo potrà mai avere ad esempio nel Cira il consulente che si occupa di “ricognizione delle norme applicabili alla Società” o di ”individuazione e messa a punto di misure ed interventi procedurali atti a garantirne l’effettiva applicazione ed il costante aggiornamento, monitoraggio e controllo?
Mancano i controlli
Peccato, però, che i controlli manchino quasi del tutto. Basti questo: la commissione interministeriale di controllo all’attività del Cira, avrebbe dovuto essere rinominata nel 2010 (dopo tre anni dalla sua istituzione, nel 2007). Ma mai è stato fatto. Ed è andati avanti, in “palese anomalia”, prorogandosi arbitrariamente, “in assenza di un rituale provvedimento”. L’assurdo, insomma. Ed ecco allora che i costi e gli sprechi sono lievitati. Per dirne una, nel corso del 2012 il PRORA ha avuto “un debole sviluppo”: dei 7,5 milioni stanziati, 6 sono andati a due progetti UAV (velivoli non pilotati). Peccato però che tali progetti siano stati poi abbandonati “per mancanza di interesse da parte delle industrie italiane”. Scrive la Corte: “i costi sostenuti fino alla decisione di abbandonare il progetto ammontano a 50,9 milioni di euro”.