24 magg – Matteo Renzi si sta evidenziando come un politico più che affidabile per le logiche del mondialismo e per gli interessi dell’Alta Finanza. Le speranze riposte su di lui oltre Atlantico e oltre Manica sono forti. La conferma più nota è quella dell’articolo del settimanale Time che già nel 2009, quando guidava la Provincia di Firenze, lo presentava come “l’Obama italiano”. Quindi come una persona sulla quale contare, sui tempi lunghi, per guidare la “trasformazione” dell’Italia secondo i desiderata di Wall Street e della City che, quando si tratta di fare quattrini, mettono subito da parte le storiche rivalità esistenti tra gli inglesi e la loro ex colonia.
E non si tratta soltanto dei disegni per mettere le mani sulle aziende ancora sotto controllo pubblico, come Eni, Enel e Finmeccanica. E guarda caso, giorni fa nell’Eni è stato sancito il passaggio in minoranza del socio pubblico (Tesoro e Cassa Depositi e Prestiti) rispetto a quelli privati. Per lo più, fondi di investimento anglofoni, dotati di risorse finanziarie quasi infinite.
Sempre in questi giorni, Renzi ha raccolto il plauso e l’incoraggiamento di un simpatico (si fa per dire) criminale del calibro di George Soros, con cui si era già annusato in America, che lo ha indicato come “l’ultima occasione per la svolta italiana”. Soros è molte cose. Allievo di un altro deteriore individuo come Karl Popper, il filosofo della cosiddetta “società aperta”, il finanziere ungherese naturalizzato americano rappresenta una delle più velenose teste di ponte delle strategie mondialiste tendenti a creare un unico grande mercato globale sul quale possano circolare liberamente materie prime, merci, prodotti finiti e ovviamente lavoratori.
Del resto perché stupirsi? Con il lavoro ridotto a merce, tutto è ormai possibile. Da questa impostazione mentale, non scordiamo che il padre di Soros è stato uno dei principali araldi di quella non lingua che è l’esperanto, nascono tutte le risorse finanziare che Soros ha impiegato per creare organismi che in Serbia, come in Georgia e in Egitto, hanno guidato le rispettive “rivoluzioni democratiche” all’interno di una strategia più generale funzionale agli interessi degli Stati Uniti e all’accerchiamento della Russia.
Ma Soros è anche altro, è stato anche altro e la sua vicinanza a Matteo Renzi è quantomeno inquietante. Fu infatti il Quantum Fund di Soros a speculare massicciamente, insieme ad altri, contro la lira nell’autunno del 1992. Un attacco partito da Wall Street e dalla City con l’obiettivo di mettere in difficoltà l’Italia e fare capire al governo di allora, quello di Giuliano Amato, che era necessario e salutare che si procedesse con il processo di privatizzazione delle aziende pubbliche che ci era stato suggerito durante la famigerata Crociera del Britannia del 2 giugno precedente.
La lira, dopo l’inutile difesa che ne aveva fatto la Banca d’Italia di Ciampi, venne svalutata del 30% rendendo più conveniente per la stessa percentuale l’acquisto di diverse società pubbliche da parte di operatori esteri. Ora Renzi ha già fatto filtrare la buona novella di essere pronto a completare l’opera mettendo sul mercato quel che resta di Eni, Enel e Finmeccanica e dintorni.
Soros, come molti altri, è preoccupato della debolezza di Pittibimbo, come lo chiama Dagospia, all’interno del Partito Democratico dove sta montando l’insofferenza del vecchio apparato del PCI-PDS-DS nei confronti del principale esponente dell’anima popolare-democristiana del partito. Soros teme che alle prossime elezioni europee che i partiti euroscettici e populisti ottengano un risultato eclatante. Partiti guidati da figure carismatiche che seppure hanno in mente un sistema formalmente democratico nei fatti risultano autoritari e in grado di manipolare l’opinione pubblica”. Una bella faccia di bronzi quella di Soros se solo si pensa a tutto il battage pubblicitario che la stampa del sistema finanziario utilizza per lodare l’euro ed esaltare il Libero Mercato.
E Soros, che di queste logiche è parte integrante, pensa che Renzi rappresenti la nuova generazione ed è positivo, a suo dire che voglia cambiare la macchina dello Stato che è molto inefficiente e il mercato del lavoro ancora troppo poco flessibile. Ache per lo speculatore per eccellenza, l’obiettivo resta, ora e sempre, quello del precariato diffuso. E Renzi, evidentemente, è d’accordo con lui. – rinascita.eu