19 MAGG – Il giovane omosessuale Richard Kennedy si è fatto male da solo, ma prima di essere scoperto attaccava la “società omofoba”, con il sostegno dei media. E’ l’ultimo caso di finta omofobia balzato alle cronache.
Ma prima facciamo un passo indietro: ovviamente non esiste alcun fenomeno omofobia, ormai è chiaro più o meno a tutti. Anche a coloro che hanno interesse ad introdurre il reato d’opinione per mettere a tacere chi si ostina a pensarla diversamente. Esiste certamente qualche episodio sporadico, ovviamente da condannare come tutti gli atti di bullismo.
Oltre al nostro dossier, in cui appunto dimostriamo la menzogna del presunto “fenomeno omofobia”, è proprio una ennesima coppia omosessuale, italiana, ad ostacolare le invenzioni e i progetti della lobby Lgbt. Dopo aver raccontato di aver avuto un figlio in regalo da una madre generosa, «un atto di generosità, un po’ come donare il sangue» (questi sono i paragoni di chi nega ai bambini l’equilibrio del padre e della madre per folle egoismo), hanno spiegato che «nel nostro Paese più che altro ci sono pregiudizi e tabù più sul fronte giuridico che sociale. Non mi sento giudicato da chi mi circonda e i miei figli vivono in condizioni di grande serenità e benessere». Serenità e benessere, questo è il clima in cui vivono gli omosessuali in Italia, per il dispiacere dell’Arcigay.
D’altra parte l’Oscad, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, ha certificato che in Italia ci sono soltanto 28 segnalazioni all’anno (segnalazioni non certificate, ovviamente). L’Agapo (“Associazione Genitori e amici di Persone Omosessuali”) ha confermato che «l’odio nei confronti dei “gay” rappresenta un fenomeno complessivamente marginale», esattamente come sostenuto da tanti omosessuali, come il calciatore Thomas Hitzlsperger. Il prestigioso Pew Research Center ha mostrato che l’Italia si colloca tra i Paesi del globo aventi i maggiori tassi di accettazione dell’omosessualità, appena sotto la Francia.
Insomma, nemmeno in Italia esiste l’omofobia, così come nella maggioranza dei Paesi europei. Per questo occorre inventarsela, sperando nella legge del compenso: se gli omosessuali passano come minoranza discriminata allora si approfitterà per educare “all’accettazione” i retrogradi italiani con tutti i noti pipponi sulla diversità, sulla normalizzazione e sul “che male c’è?”, portando transessuali e libri omo-pornografici (vedi “Sei come sei”) nelle scuole per indottrinare, fin dalla tenera età, “alla diversità”. Questo spiega gli innumerevoli casi di “finta omofobia”, ovvero attacchi ad omosessuali sapientemente orchestrati dagli stessi per poter poi aggredire la società intollerante.
Non solo in Italia: l’ultimo in ordine di tempo è stato il giovane omosessuale Richard Kennedy. Il 4 marzo ha guadagnato le prime pagine dei quotidiani internazionali e sui social network mostrando terribili ferite e denti rotti e accusato l’aggressione da parte della fantomatica “banda omofoba” che «urlando insulti omofobi lo ha spinto a terra, picchiandolo in testa». Più o meno la descrizione è sempre la stessa. «Sono stato violentemente aggredito a causa della mia sessualità», ha spiegato il ragazzo. «Voglio che la gente mi usi come esempio, voglio che la gente veda che cosa può succedere» se un omosessuale esce di casa da solo. Un esempio del perché l’omofobia è sbagliata ed è disgustoso che ci sia ancora nel 2014».
Già, peccato che pochi giorni dopo la polizia inglese ha trovato un filmato a circuito chiuso in cui si vede Kennedy inciampare da solo cadendo con la faccia sul marciapiede. Ovviamente il ragazzo ha dovuto fare “coming out”, ammettendo di essersi inventato tutto.
Un caso isolato? Non proprio, più volte ne abbiamo segnalati altri, almeno quelli che sono stati scoperti come bufale. Ad esempio il caso di Roberto, omosessuale suicidatosi e usato come martire dell’omofobia, prima che la polizia archiviasse il caso ed escludesse atti di bullismo nei suoi confronti. Il caso del 15enne di Roma suicidatosi, che poi si è scoperto non essere nemmeno gay, o il caso del giovane Andrea. Il caso di Joseph Baken, quello di Alexandra Pennell, la coppia di lesbiche del Colorado, il caso di Charlie Rogers, ecc..
La redazione uccronline.it