Mantova: 17enne esce dal coma e disegna auto, riaperte le indagini

COMA13 MAR – Possibile che una tredicenne solare, allegra e senza pensieri decida di tentare il suicidio gettandosi dalla finestra di casa a Roverbella nel Mantovano? E’ la domanda che subito ha tormentato la madre e che si è fatta sempre più angosciante mano a mano che le condizioni di Alice Cavrioli, 17enne da poco, miglioravano ma che ancora la costringevano ad una vita da vegetale in un letto d’ospedale.

Ora la ragazza, dopo anni, sta un po’ meglio, si esprime con grande fatica, ma ha disegnato quelle che sembrano auto e la Procura di Mantova ha riaperto il caso: potrebbe essere stata investita con conseguente omissione di soccorso e lesioni gravissime da parte del guidatore.

La madre Monia Manerba, 43 anni, separata dal padre di Alice, non ha mai creduto che la figlia avesse cercato di togliersi la vita. E la Procura, a cui si è rivolta con una relazione medica per fare chiarezza, ipotizza ora che la studentessa, che comincia lentamente a ricordare dopo un lungo coma, potrebbe essere stata investita da un’auto davanti a casa e abbandonata, ferita, in strada. E sarebbe stato anche fatto il nome di un sospettato, su cui sono in corso accertamenti.

Dopo alcuni mesi di coma, la ragazzina si è svegliata, ma per ritornare ad una vita quasi normale c’erano ancora da scalare montagne più alte dell’Everest fatte di sedute di fisioterapia e di logopedia. Il tunnel era stato imboccato quel pomeriggio del 3 maggio 2010 quando l’adolescente, appena tornata da scuola (all’epoca frequentava il primo anno del Liceo classico Virgilio di Mantova, istituto che tuttora frequenta), è stata trovata a terra, in un lago di sangue, nel cortile comune su cui affaccia la sua abitazione. Il caso era stato subito archiviato come tentativo di suicidio.

Costretta su una sedia a rotelle Alice ha cominciato ad esprimersi attraverso dei disegni per rispondere alle domande degli specialisti che tentavano di riportarla ad una vita normale. Con grande sorpresa continuava a disegnare delle forme tondeggianti che assomigliavano al retro di un’auto, sempre colorate di nero. Che in quei segni, prima incerti sulla carta e poi via via sempre più precisi, si nascondesse la verità su quanto era accaduto quel pomeriggio di tarda primavera, è stato chiaro alla madre durante le passeggiate per il paese in compagnia della figlia. Appena vedeva un’auto sfiorarla si irrigidiva e nei suoi occhi si leggeva la paura.

La madre si è rivolta ai medici per una serie di perizie e ha raccolto tutta la cartella clinica in cui si evidenziavano lesioni incompatibili con una caduta dall’alto e invece compatibili con quelle di una macchina, forse un Suv, in retromarcia. Il caso è stato affidato al sostituto procuratore Silvia Bertuzzi che mantiene il più stretto riserbo sulla vicenda. “Non ho mai creduto che volesse suicidarsi – Monia Manerba – e quando glielo abbiamo detto Alice si è messa a piangere. Lei continua a ripetere che è stata investita, lo faceva prima disegnando e adesso anche con le parole”. ANSA