6 mar. – Sul fronte del terrorismo internazionale, “l’eventualita’ di un’estemporanea attivazione di ‘self starter’ resta, al momento, la principale insidia per il nostro Paese”. A ribadirlo e’ la Relazione 2013 dei Servizi di informazione e sicurezza, secondo cui “a differenza di quanto verificatosi tra la fine degli anni ’90 e la meta’ degli anni 2000, quando il supporto al jihad riguardava soprattutto elementi intranei a formazioni terroristiche stanziate all’estero e dediti in suolo italiano ad attivita’ logistiche, non risultano emergere sino ad ora conferme circa la presenza o attivita’ sul territorio nazionale di persone e cellule organiche alle organizzazioni qaidiste”.
Secondo gli analisti della nostra intelligence, “si alimenta il fenomeno del cosiddetto jihad individuale, condotto, anche con mezzi artigianali (dall’ordigno fai-da-te all’arma da taglio), da soggetti o microgruppi auto-organizzati, le cui iniziative, benche’ di minore impatto rispetto a pianificazioni su larga scala, sono ritenute in grado di indebolire il nemico, accrescendone il senso di vulnerabilita’”. Cresce “il numero di soggetti che si automotivano e autoreclutano alla causa attraverso la frequentazione di siti d’area.
E’ cosi’ che per i mujahidin di nuova generazione, sia originari di Paesi islamici, nati o trapiantati in Italia, sia convertiti, l’adesione a gruppi di discussione su internet, dove contribuiscono alla divulgazione dell’ideologia estremista (anche traducendo in lingua nazionale testi dottrinali e messaggi di leader qaidisti), rappresenta spesso il primo passo dell’impegno militante”. In una fase successiva, “alcuni manifestano la propensione a passare dall’arena virtuale al mondo reale, cercando di stabilire contatti con formazioni terroristiche consolidate e di trovare una strada per raggiungere teatri di conflitto o per pianificare autonomamente progettualita’ offensive, anche attraverso ricerche svolte in rete allo scopo di reperire istruzioni sulla fabbricazione artigianale e l’utilizzo di esplosivi”.
Altro fenomeno da monitorare con attenzione e’ quello del “flusso di volontari verso i teatri di jihad, che riguarda anche le crisi maliana e somala” e che “pone, in effetti, il rischio del ‘reducismo’, in relazione all’eventualita’ che combattenti di estrazione ‘occidentale’, dopo aver sviluppato sul posto legami con gruppi qaidisti ed acquisito sul campo particolari capacita’ offensive, decidano di ridispiegarsi in Paesi occidentali, Italia compresa, per attuare progetti ostili ovvero tentare di impiantare reti radicali”.
Il fenomeno dei “foreign fighters, che, con riguardo alle partenze dall’Italia, continua ad essere piuttosto contenuto, vede coinvolti vari Paesi europei e riguarda non solo i soggetti di origine straniera residenti, a qualsiasi titolo, nel Vecchio Continente, ma anche i convertiti all’Islam radicale. Significativa, a tal proposito, la morte in Siria, il 12 giugno, di un cittadino italiano, unitosi nel dicembre 2012 all’insorgenza islamista anti-Assad al termine di un percorso di radicalizzazione culminato nella disponibilita’ al sacrificio personale”. (AGI) .
…….W la tolleranza, w le moschee, w il costruendo museo islamico a Venezia, w i nostri illegittimi governanti servi degli arabi….. è l’inizio della fine