Milano come Hollywood. Gli appassionati di cinema sono in delirio per l’anteprima italiana di Monuments Men, il nuovo film da regista di George Clooney, che fra ieri ed oggi ha portato un po’ di scompiglio nel capoluogo lombardo in compagnia del suo cast stellare composto da Matt Damon, Jean Dujardin, John Goodman e Bill Murray (manca la protagonista femminile Cate Blanchett).
Fra le tappe del gruppetto prima della proiezione di questa sera: gli studi televisivi di Rai 3, per la diretta della trasmissione Che tempo che fa di Fabio Fazio, il ristorante “Il pontaccio”, per una cena assieme al rampollo di casa Fiat Lapo Elkann, Villa Oleandra a Laglio (la villa di Clooney sul lago di Como) per la notte, e la Chiesa di Santa Martia delle Grazie, per una foto di gruppo davanti al Cenacolo di Leonardo da Vinci. Sempre sotto gli occhi di migliaia di fan, fotografi e troupe televisive.
Passando al film, Monuments Men arriva a Milano dopo la presentazione alla 64° edizione della Berlinale di ieri.
E proprio dalla capitale tedesca prende le mosse la storia, quella vera. Con l’ambizione di Adolf Hitler di dare vita ad un Führermuseum in cui esporre le più importanti opere d’arte trafugate dai musei e dalle collezioni private (soprattutto quelle delle grandi famiglie ebree) dei paesi invasi dai nazisti negli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Non solamente quadri, come L’astronomo di Jan Vermeer, che si dice fosse il dipinto più amato da Hitler. L’elenco comprendeva anche argenterie, documenti, libri, mobili e statue, fra cui la Madonna di Michelangelo conservata nella Chiesa di Nostra Signora di Bruges, in Belgio.
Molte di queste opere vennero trasportate a Berlino, altrettante furono nascoste nelle miniere di Altaussee, di Heilbronn e di Merkers, trasformate in enormi magazzini. A migliaia, ma purtroppo non tutte, sono state recuperate da una sezione dell’esercito statunitense appositamente costituita alla fine del 1943: i Momuments Men, appunto. Una squadra composta da circa 350 persone fra archeologi, critici, direttori di musei, storici ed appassionati dell’arte britannici ed americani.
Il primo ad occuparsi della vicenda dei Monuments Men è stato lo scrittore statunitense Robert M. Edsel, anche lui presente a Milano. Il suo primo libro sull’argomento, attraverso il socio di Clooney alla Smokehouse Pictures, Grant Heslow, è arrivato nelle mani dell’attore, che lo ha trasformato nel suo quinto film da regista.
Nessuno fra gli attori protagonisti aveva mai sentito parlare di questa storia prima di essere contattato da Clooney, ma tutti si sono detti tutti felici di averla potuta raccontare sul grande schermo. In particolare Matt Damon, nella parte del vero James Granger, il curatore del Metropolitan Museum of Art di New York. Ed in sala a Milano siederà anche Harry Ettlinger, l’unico sopravvissuto dei veri Monuments Men, che nel film è interpretato da Dimitri Leonidas.
Di fronte ad una storia realmente accaduta, che pure ha bisogno di qualche drammatizzazione in più per essere trasformata in un film, Clooney sceglie di raccontare la storia nella maniera più classica e lineare possibile. Convinto, forse, che la storia stessa sia in grado di tenere in piedi da sola l’intero film, e che la narrazione possa risultare la più realistica possibile.
Il desiderio di approfondire ogni missione che ciascun Monuments Men deve portare a termine, però, rischiano di rendere il film troppo dispersivo, poco appassionante ed incapace di emozionare veramente, sebbene con buoni dialoghi e ben confezionato sotto tutti gli aspetti.
Luca Balduzzi