Fate leggere questo articolo a chi dice che la crisi non è dovuta all’euro!!
Siamo arrivati al punto che è la stessa Commissione Europea a riconoscere che disoccupazione e disagio sociale sono esiti della svalutazione interna. Svalutazioni interna che è l’esito della rigidità del cambio implicato dalla moneta unica.
Riportiamo il feroce commento pubblicato su ZeroHedge riguardo Il comunicato della Commissione Europea (in italiano)
di Tyler Durden, 21 gennaio 2014
Era il dicembre del 2012 quando facemmo il punto sul più grande fallimento dell’eurozona: un continente nel quale, a causa dell’assenza della flessibilità del cambio (il che è un regalo alla Germania e a ciò che altrimenti sarebbe un costosissimo marco tedesco), i paesi membri si trovano impossibilitati a svalutare per uscire dalla depressione. Vale a dire che in assenza della possibilità di effettuare una svalutazione esterna, i paesi europei in difficoltà (cioè quasi tutti) hanno avuto una sola scelta: la svalutazione interna, nota anche come crollo salariale.
Questo è ciò che avevamo detto:
La maggior parte dei paesi europei (inclusa la Francia) hanno una disperata necessità di una svalutazione esterna, la quale è impossibile stando in un’unione monetaria, di conseguenza la svalutazione interna rimane l’unica opzione. È a questo punto che s’inserisce il famigerato concetto di austerità: da un punto di vista macroeconomico l’austerità non è tanto una pratica per rallentare la crescita del debito (anche perché né la Spagna né l’Italia hanno ridotto il ritmo di emissione del debito), quanto invece una pratica per acquisire progressivamente competitività di prezzo rispetto alla Germania: un obiettivo fondamentale per assicurare una qualche possibilità di sopravvivenza all’eurozona, cioè, abbassando i tremendi livelli di disoccupazione che assicurano quasi per certo “disordini” sociali nei mesi e anni a venire.
E qui viene il guaio, perché mentre le proteste contro l'”austerità” (che come abbiamo recentemente fatto notare non è ancora stata veramente messa in atto in Europa, certamente non in Portogallo o in Spagna) sono un evento quotidiano nella maggior parte dei paesi PIIGS, “ancora non avete visto nulla”. Il motivo: per raggiungere l’inevitabile riequilibrio macroeconomico, e per far scendere lo spread tra il costo del lavoro dell’euro-periferia e quello della Germania, la maggior parte dei paesi europei dovrà assistere ad un crollo dei salari compreso fra il 30 e il 50 percento, per compensare l’assenza di svalutazione della moneta a livello del singolo Stato. E sì, questo riguarda anche la Francia.
Questo viene ormai accettato da tutti. La nostra conclusione, tuttavia, esigeva di più: chiedeva una piena ammissione da parte degli efferati oligarchi di questa unione monetaria artificiale, il cui unico scopo – come tutto, del resto, in questa “Nuova Normalità” – è quello di facilitare il trasferimento di ricchezza dai poveri ai ricchi:
…dire ad un intero continente – che nella sua disperazione confida che il peggio sia già passato (come i suoi menzogneri politici non perdono occasione di far notare) – che la più forte caduta degli standard di vita deve ancora arrivare, sarebbe disumano e al limite della crudeltà. Dunque terremo la bocca chiusa e lasceremo che siano i politici europei a portare questo messaggio deprimente al loro popolo. Siamo certi che la reazione sarà più che composta.
Beh, oggi finalmente è accaduto l’impensabile, quando la seguente sorprendente affermazione è stata rilasciata da László Andor, della Commissione Europea, in un comunicato stampa intitolato “Al centro del rapporto annuale su occupazione e sviluppi sociali la necessità di affrontare i rischi della povertà lavorativa”:
Dimensione sociale dell’UEM
I divari macroeconomici, sociali e occupazionali tuttora crescenti minacciano gli obiettivi fondamentali dell’Unione sanciti dai trattati, ossia vantaggi generalizzati attraverso la promozione della convergenza economica e miglioramento della vita dei cittadini negli Stati membri. Il rapporto 2013 dimostra come le basi dei divari attuali siano state poste nel corso dei primi anni di introduzione dell’euro, giacché in alcuni Stati membri una crescita squilibrata, fondata sull’aumento del debito alimentato da bassi tassi di interesse e su massicci afflussi di capitale, è stata spesso associata a un andamento deludente della produttività e della competitività.
Venuta meno la possibilità di svalutare la moneta, i paesi della zona euro che tentano di recuperare competitività sul versante dei costi devono ricorrere alla “svalutazione interna” (contenimento di prezzi e salari). Questa politica presenta però limiti e risvolti negativi, non da ultimo in termini di un aumento della disoccupazione e del disagio sociale e la sua efficacia dipende da molti fattori come il grado di apertura dell’economia, la vivacità della domanda esterna e l’esistenza di politiche e di investimenti che promuovano la competitività non di prezzo.
E dunque ecco a voi, non dalla voce di qualche blog di nicchia o di qualche euroscettico radicale con la schiuma alla bocca, ma dal bastione stesso di ciò che è la più artificiale costruzione dei tempi moderni, l'”Europa unita”.
E adesso tratteniamo il respiro in attesa della reazione del grande pubblico, nel momento in cui esso realizzerà che durante tutto l’ultimo decennio è stato apertamente ingannato ogni volta che un politico ha aperto bocca, e che tutto ciò che hanno da mostrare come risultato è una disoccupazione al massimo storico e il peggior standard di vita per la maggior parte delle persone (eccetto l’1 percento al top – il quale non ha mai avuto condizioni migliori) nella storia europea recente.ai milioni di disoccupati senza nome che si vedono negata l’opportunità di una vita dignitosa, a causa dell’implementazione di teorie neoliberiste, adottata dalle scuole di pensiero ortodosso che, sfortunatamente, non sopportano sulla loro pelle, in maniera diretta, le conseguenze della loro follia.