11 genn – Sarà anche vero che “l’Italia ha perso fiducia” come ha detto sir Martin Sorrell, chairman dell’International Business Advisory Council. Sarà altrettanto vero che è “compito del governo ridare fiducia al paese”. Ma una domanda sorge sponantanea: perché tenere incontri volti a ridare fiato a un paese in crisi in un luogo pubblico come la Farnesina ma a porte rigorosamente chiuse?
Per l’ennesima volta l’Ibac, organismo che raggruppa i vertici di cinquanta multinazionali di tutto il mondo, ha incontrato le istituzioni del nostro paese. Per la prima volta, però, si è trattato del ministero degli Esteri. Ma come già avvenuto per quattro anni con l’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno, l’incontro non è stato aperto. Cosa si sono detti realmente il numero uno di questa “lobby di lobbies” e il ministro radicale non è dato sapersi. Dobbiamo attenerci unicamente a quanto pronunciato in conferenza stampa. E le parole sono state tante, poco quelle chiare, molte quelle criptiche volte a fare ciò che riesce meglio a una lobby: pressione.
L’INCONTRO – La Farnesina ha ospitato per la prima volta una riunione dell’Ibac a livello governativo, mentre negli ultimi quattro anni il board che riunisce le multinazionali straniere e italiane si era svolto in Campidoglio. L’evento ha raccolto intorno al tavolo oltre cinquanta capi di multinazionali e fondi di investimento di tutto il mondo, compresi paesi emergenti come Cina, Turchia, Emirati Arabi. Un’occasione per discutere il modo di rendere l’Italia più attraente per gli investitori esteri, anche in vista di tre grandi opportunità dei prossimi anni: Expo 2015, lo sviluppo dell’Agenda Digitale e la possibile candidatura ad ospitare i Giochi Olimpici del 2024.
SORELL – L’Italia ha perso “self confidence”, ovvero “fiducia in sé”, ed è ora “compito del governo italiano” dare fiducia “non solo fuori dal paese, ma anche agli italiani”. Secondo Sorrell, dal ministro degli Esteri Emma Bonino descritto come un “inglese innamorato dell’Italia”, nel nostro paese ci sono “molte cose buone, che non sono pubblicizzate”. Secondo lui, cose positive “come la cultura e la storia”, vanno comunicate in modo più efficace nel mondo digitale.
IL SENSO DELL’INCONTRO – Sarà che il fatto delle “porte chiuse” non può che dar luogo a qualsiasi pensiero. Ma, in fondo, se attorno a un tavolo si siedono il ministro degli Esteri di un paese e chi è chiamato a rappresentare aziende straniere come Coca Cola, Pepsi, Yahoo!, Google e italiane come Eni, Enel, Finmeccanica, Unicredit, Intesa, Telecom, Autostrade, Poste Italiane, non si può credere che si sia solo brindato alle intenzioni. Più volte Alemanno in primis ha cercato di vendere il marchio Roma al mondo. Fallimento totale. Ora ci prova il governo di larghe intese proponendo un’intesa, altrettanto larga, tra Milano (2015) e Roma (2024). Il motto sembra essere quello lettiano della “fiducia” ma la realtà ha il sapore del “venite, siamo pronti a vendere qualsiasi cosa”.
In primis Poste Italiane (azienda che fa parte del “team” Ibac) visto che mentre Bonino parlava con Sorell, Antonio Catricalà, viceministro allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni, ha definito come “plausibile” l’ipotesi “che la cessione delle quote avvenga entro l’anno”. Il viceministro ha spiegato che sarà ceduta “una quota tra il 30 e il 40%: è un asset importantissimo – ha aggiunto Catricalà – di cui lo Stato non perderà assolutamente il controllo”.
ANCORA BONINO – Bonino, in chiusura, ha tenuto a sottolineare come per la parte italiana-istituzionale sono intervenuti diversi ministri e rappresentanti, tra cui i vertici Eni, Banca d’Italia, Cassa depositi e prestiti: “Un sistema-paese”, per usare le parole del ministro, “riunito in una stessa occasione per dimostrare che l’interno governo è attento al tema dell’attrazione degli investimenti”.
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