ROMA, 25 NOV – A Roma per premio carriera Medfilm.’Cinema arabo non vale molto’
E’ l’ultimo grande artista egiziano noto in tutto il mondo. Sicuramente il piu’ noto. Assieme a Youssef Chahine (regista) e Naguib Mahfouz (premio Nobel per la Letteratura) ha fatto conoscere la cultura egiziana ai quattro angoli della terra. Alla soglia degli ottant’anni, che compira’ il 10 aprile prossimo, Omar Sharif è ancora un uomo affascinante e pieno di humour, che tra il serio e il faceto commenta il crescere della tensione in Egitto, Paese in cui e’ venerato. A Roma dove domani sera ricevera’ all’Auditorium della Conciliazione il Premio alla Carriera del Medfilm Festival, malgrado l’assenza dal grande schermo, il dottor Zivago fa ancora notizia. In una suite d’albergo, circondato dai giornalisti, ripercorre le tappe piu’ significative della sua grande carriera e dice: “sono un vero miracolato, perche’ nella vita ho avuto sempre una fortuna sfacciata”. Ed è proprio cosi’.
La carriera inizia nel 1953, proprio con Youssef Chahine. Sul set egiziano conosce l’attrice Faten Hamama. Per sposarla, si converti’ all’Islam, perche’ Michel Shaoub – questo il suo vero nome – e’ nato da una famiglia cristiano-libanese originaria della valle della Bekaa. “Non sono praticante – dice – anzi. E’ dall’eta’ di 15 anni che ho capito che la religione non fa per me”. Eppure la conversione all’Islam gli e’ valsa una grande popolarita’ in Egitto. A lanciarlo sulla scena internazionale fu David Lean che lo volle accanto a Peter O’Tool in “Lawrence d’Arabia” (1962).
“Lean – racconta – voleva un arabo che parlasse inglese e mi seleziono’, scegliendomi in mezzo alle tante foto che gli avevano portato”. Semplice caso o buona sorte, sta di fatto che per essere semplicemente salito su di un cammello, afferma, “la mia vita e’ cambiata totalmente”. Amante della bella vita e del gioco “una vera malattia”, ricorda come una volta, forse l’unica, giocando alla roulette a Saint Vincent, ha sbancato il casino’. Ma la fortuna non gli ha sempre arriso e per saldare i debiti di gioco (proverbiale la sua passione per il bridge), Sharif ha spesso accettato ruoli che non gli piacevano in film scadenti. Oggi gli è rimasta la passione per i cavalli da corsa. “Ne ho otto a Parigi”. Per anni in giro per il mondo, soprattutto in Francia, adesso e’ in Egitto che vive. Malgrado le violenze di questi ultimi giorni, nutre ancora una speranza per il suo Paese. “Sono con il popolo e credo che la rivoluzione debba andare avanti”. Visto che al Cairo una casa tutta sua non ce l’ha, Omar Sharif gli scontri gli ha visti ”dal balcone dell’hotel Semiramis”, a pochi passi da piazza Tahrir. Come milioni di egiziani, teme l’avanzare della Fratellanza musulmana e spera che i militari lascino il potere al piu’ presto. Del maresciallo Tantawi dice: “ha preso un fiume di soldi, arricchendosi sulle spalle dell’Egitto insieme agli altri uomini legati a Mubarak”. Su di una cosa pero’ è del tutto negativo, il cinema arabo. “Il cinema arabo e egiziano – afferma facendosi serio – non hanno ne’ grandi registi, ne’ attori di respiro internazionale”. Dopo cinquant’anni passati in stanze di albergo, al suo rientro al Cairo, la settimana prossima, Omar Sharif andra’ a vivere a casa del figlio Tarek. Segno davvero della fine di un’epoca.
(ANSAmed).