di Andras Kovacs
Gentili persone italiane,
Viktor-Orbancome sempre vi invio delle notizie nuove sull’Ungheria e nello specifico riguardo alla giornata del 23 ottobre a Budapest. Purtroppo come quasi sempre i media italiani di sinistra hanno trasmesso la notizia riguardante la manifestazione parallela del partito di sinistra ungherese scrivendo un articolo ma della vera manifestazione commemorativa riguardante la giornata del 1956 è stato scritto solo un piccolo trafiletto. Quello che più mi dispiace è che anche i grossi media di destra non hanno che riportato solo che due righe sulla giornata del 23 ottobre a Budapest.
57 anni fa il 23 ottobre 1956 la popolazione ungherese non ha più tollerato la pressione della dittatura comunista e hanno provato ha combattere impossibilmente la grande dittatura. In mezzo ai comunisti c’era una grande persona di nome Nagy Imre, in questo periodo in Ungheria esisteva solo un partito politico, il comunismo, lui nel 1956 è diventato capo del governo ma questa persona ha voluto “partire” in un’altra direzione rispetto a quella esistente, ha voluto rompere e dividere la dittatura sovietica ma purtroppo allora non ci è riuscito.
I sovietici russi assieme ai comunisti ungheresi hanno brutalmente fermato e schiacciato la popolazione ungherese sparando alla folla presente che manifestava il proprio pensiero, folla composta da bambini, giovani, anziani. Senza pietà i militari armati di armi e carrarmati hanno schiacciato e ucciso tantissime persone. Nagy Imre e le persone politiche del suo pensiero vicine a lui sono state uccise e buttate letteralmente in una fossa comune con il viso rivolto verso il basso, verso il fondo della fossa. Gli anni successivi al 1956 un gruppo speciale hanno cercato tutti quelli che avevano preso parte alla rivolta e quelli che trovavano venivano portati o in prigione o portati in esilio oppure uccisi. Una cosa molto importante voglio scrivere riguardo questi anni, il ministro degli interni era Biszku Béla,si può dire lui ha comandato queste “spedizioni”. Lui ha ”le mani insanguinate” di tante persone ed ancora oggi vive libero, ma sembra che non sia ancora per molto perché la verità lo schiaccerà nella punizione giusta. Anche per questo ovvero grazie alla vittoria di Orbán Viktor con i 2/3 che ha potuto portare tante modifiche.
Come ogni anno il 23 ottobre ricordiamo gli eroi dell’anno 1956 e quest’anno la commemorazione si è svolta a Budapest nella piazza degli eroi e lì il capo del governo Orbán Viktor ha tenuto un discorso dove ricordava la data del 1956 e univa un discorso riguardante la manifestazione dove centinaia di migliaia di persone erano presenti. Chi non ha partecipato dal vivo alla manifestazione non può capire quanti eravamo, questa grande folla pacificamente si è svolta per molti chilometri fino ad arrivare alla piazza degli eroi, ogni persona parlava tranquillamente con l’altra, alcuni cantavano, altri sventolavano la bandiera ungherese e anche bandiere di altre nazionalità, gente dal giovane all’anziano ai bambini e persone diversamente abili e tutti assieme abbiamo seguito il discorso del capo del governo Orbán Viktor. Il discorso in sé svolto iniziando dal ricordo di quello che si è svolto nel 1956 arrivando ai giorni nostri sulla situazione attuale che esiste, semplicemente ha spiegato con parole semplici e comprensibili a tutti quello che esiste e quello he dobbiamo fare se vogliamo “restare liberi e non tornare indietro”. Una parte importante del discorso diceva:
-adesso finiamo quello che nel 1956 gli eroi hanno iniziato, non esiste una strada centrale o ci liberiamo oppure non saremo liberi.-
Penso che questa frase faccia riflettere molte persone e non solo ungheresi ma anche di altre nazionalità. É stato bello vedere e sentire che questa folla immensa pensa tutta allo stesso modo, che tutti assieme siamo vicini e appoggiamo il nostro capo del governo Orbán Viktor. Questa manifestazione pacifica è la dimostrazione di come sia vicinanza della popolazione verso il suo governo, non è la prima volta che è accaduta ma anche in passato si è svolta e nel prossimo futuro ci sarà se sarà necessario. Grazie per aver letto il mio articolo, vi auguro che anche voi possiate avere un futuro più sereno rispetto a questa situazione che vivete oggi. Noi abbiamo la fortuna di avere un Capo del governo forte e coraggioso e questo da la forza e il coraggio alla popolazione. Anche voi potreste provare a fare come noi, l’unione fa la forza. Concludo la mia testimonianza di persona semplice che ha partecipato alla giornata del 23 ottobre come Orbán Viktor ha concluso il suo discorso:
-Forza Ungheria, Forza ungheresi-
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Il discorso celebrativo di Orbán Viktor il 23 ottobre 2013, in Piazza degli Eroi
Buon giorno a tutti, gentile pubblico, Signore e Signori!
Do il sincero benvenuto ai cittadini dell’Ungheria il giorno della nostra festa nazionale. Saluto gli ungheresi che vivono oltre i confini della patria e saluto tutti i cittadini europei e del mondo amanti della libertà per cui il 1956 è talmente glorioso come per noi ungheresi. Saluto i rappresentanti degli stati stranieri, i nostri ospiti e gli ambasciatori. Il 23 ottobre tutto il mondo libero si toglie il cappello e china la testa davanti all’Ungheria e agli ungheresi. E’ giusto e corretto che il mondo libero pensi ai combattenti della libertà del 56 come propri eroi. A quegli uomini e donne ungheresi, alle ragazze e ragazzi di Pest che hanno iniziato una lotta libera contro gli invasori e contro il sistema comunista che questi hanno portato con se, che all’epoca terrorizzava tutto il mondo libero. I combattenti per la libertà ungheresi hanno rivelato a tutto il mondo che il comunismo è irreparabile. Non è aggiustabile perché non considera l’individuo, la sua libertà, e non si spaventa di usare qualunque tipo di violenza contro la libertà. Non nega solo Dio, ma anche la sua creazione, l’uomo dalla volontà libera e se si apre l’occasione lo schiavizza e lo annienta. Le forze dell’apocalisse caduta sul mondo dopo il socialismo nazionale adesso sono arrivate anche nell’immagine del socialismo internazionale in Ungheria, perché dopo 3 anni faticosi inglobino e distruggano l’indipendenza e libertà insieme ai loro difensori nel mondo ungherese.
Nell’autunno del 1956 all’improvviso è arrivata la primavera. Un decennio si è addensato in un’unica giornata solare. Dopo le umiliazioni e le sofferenze durate per decenni la voglia di libertà e l’entusiasmo hanno spinto via le forze strangolanti, si sono irradiate verso il cielo per buttare giù le stelle rosse. Le stelle cadenti, le statue buttate giù nella polvere, la macchina abbattuta della tirannia comunista hanno fatto tremare la terra e questa si è scossa sotto i piedi di tutto l’impero sovietico. Ci sono momenti nella vita di una nazione quando non si può più sopportare. In Ungheria nel ’56 non si poteva sopportare più, perché non c’era niente da aspettare. Tutti lo sapevano, o chi non lo sapeva, lo sentiva: basta. Se continua il mondo sovietico, non resta nulla della vita ungherese, di ciò che è nostro. Niente di grandioso ed esaltante che noi abbiamo costruito in noi stessi in mille anni, ciò che rende la nostra vita di più e di più importante del semplice lotta per la sopravvivenza. Bisognava fare qualcosa. Sursum corda. Abbiamo quindi alzato i nostri cuori e ci siamo ribellati. Abbiamo afferrato delle armi e abbiamo iniziato una lotta per la libertà come un popolo orgoglioso, destinato a qualcosa di grandioso e magnifico anche nei suoi stracci. Nella ossa e nelle viscere sentivamo che c’è in palio il destino della patria. Per questo non contava la superiorità numerica. Non si poteva più valutare e decidere. Dovevamo accettare una cosa sovrumana. Ogni altra cosa avrebbe condotto all’estinzione del popolo, all’arresa lenta, alla distruzione sicura. Ci eravamo già immersi e induriti nella grande massa sovietica, grigia, rude e rozza. Faceva ombra la minaccia della fine della nostra esistenza culturale e nazionale. Questa era la verità, questo era il futuro che ci aspettava, questa era la realtà. Dovevamo afferrare delle armi e metterci in lotta contro l’Unione Sovietica gigante e paurosa. Contro la superiorità numerica immisurabile. E gli ungheresi di allora l’hanno fatto. Hanno fatti ciò che esigeva la patria. Gloria agli eroi!
Gentili festeggianti!
Le persone che quell’autunno hanno sfidato l’enorme esercito sovietico sapevano bene di mettere in rischio la propria vita. Ma ogni persona spera, perché ognuno di noi vorrebbe vivere nella libertà che morire per essa. Anche loro speravano, se resistono, il mondo non resta con le mani in mano e si muovono anche all’Ovest secondo le loro promesse: vengono. Speravano, come sperano i combattenti non solo di vincere la guerra ma di sopravvivere e di vivere la giornata della vittoria. Ma chi afferra un’arma considera anche la morte. Sa di poterla incontrare in qualunque momento per strada. Ma sa anche se non sopravvive, il suo atto avrà qualche utilità. Sa che anche la morte di una persona può avere un senso di livello superiore.
Cari amici!
Che forza doveva far battere il cuore di quelli che hanno maturate la decisione; accettando il rischio di morte ma si fa avanti per la patria, per l’indipendenza e per la libertà. Erano belli, temerari e così giovani e nonostante ciò hanno dato la loro vita per la nostra libertà. Quei numerosi giovani che sono stati ammazzati, imprigionati o costretti a scappare, sono morti per noi e forse al posto nostro, al posto nostro sono finiti in prigione, al posto nostro hanno dovuto emigrare. Al posto nostro, noi che siamo più fortunati perché siamo nati più tardi. Hanno rinunciato al mondo per il mondo, alle persone per le persone, alla vita per la vita. Tremilacinquecento combattenti morti, ventimila compatrioti che sono rimasti feriti, ventimila imprigionati, tredicimila internati, 228 giustiziati ed i morti delle fucilate. Sappiamo che la gelida realtà del comunismo distrugge la dignità umana. Lascia dietro di se il vuoto, la vitalità diminuita, la dedizione e la meschinità. Mentre noi qua in Ungheria possiamo ringraziare i nostri eroi per il fatto che nel periodo più buio della storia ungherese, durante l’occupazione sovietica abbiamo potuto conservare il nostro portamento, potevamo alzare la testa perché anche se di nascosto ma avevamo per cui essere orgogliosi. Hanno vinto anche se sono morti. Hanno vinto perché ci hanno lasciato, a noi, ai nostri discendenti ed a ogni bambino ungherese che nascerà la gloria della presa di posizione, del coraggio, dell’eroismo e della grandezza anziché il buio squallido della dittatura e della debolezza umana. Gloria victis!
Gentile pubblico festeggiante!
Noi ungheresi nel XX. secolo ci siamo tolti di dosso tre volte la tirannia comunista. Ci siamo tolti di dosso la Repubblica Sovietica Ungherese nel 1919, abbiamo tagliato la cintura dei prigionieri nel 1956 ed infine nel 1990 abbiamo fatto cadere anche il potere del comunismo. L’inattesa e particolare protuberanza solare della storia europea è che il comunismo e l’Unione Sovietica non sono stati abbattuti dal mondo libero e neanche il superpotere in opposizione, ma da quelle nazioni desiderose di libertà e di indipendenza che dopo i gravi decenni hanno preso in mano il loro destino. Hanno fatto finire il grigiore del socialismo squallido di piombo e senza futuro quegli ungheresi che dopo il 1956 sono rimasti qua. Quelli che pensavano che non poteva mica scappare tutto il paese. Li aspettava un destino duro e nonostante ciò non hanno attraversato i confini, sono rimasti. Per i figli che erano ancora troppo piccoli, per la nonna che era troppo anziana, per l’Ungheria che era troppo orfana e senza di loro sarebbe diventata orfana completamente. Sono rimasti e ce l’hanno fatta. Hanno subito le rappresaglie, le umiliazioni, la posposizione ingiusta, i confini chiusi ed il cielo chiuso con le impalcature. Hanno tirato avanti nei successivi 34 anni, ci hanno partoriti, ci hanno protetti e ci hanno fatti crescere. E quando è arrivato il momento, perché ogni cosa ha il suo tempo destinato, con noi, uniti i loro figli e nipoti, tutti insieme in un anno abbiamo distrutto il potere dei comunisti. In un unico anno visionario abbiamo soppresso, forato e sfondato alle prime elezioni i comunisti. Noi tutti insieme!
Gentili festeggianti!
okt23 4Il colpo finale l’abbiamo inflitto qua in questa piazza su di loro. Sì, abbiamo unito in questa piazza la verità delle vittime della rivoluzione del 1956 con la nostra forza vitale e con la nostra risolutezza. Abbiamo seppellito di nuovo i corpi avvolti in carta catramata dei nostri eroi e con quel gesto abbiamo messo anche l’ultimo chiodo nella bara del comunismo in cui il primo chiodo è stato messo dagli eroi del ‘56. La forza delle vite ammazzate nel ’56 lavorava nelle nostre cellule e la verità schiacciata nel ’56 faceva pressione nei nostri petti. Non c’era potere che potesse fermarci. Qua abbiamo pronunciato che i soldati sovietici dovevano lasciare l’Ungheria. Qua abbiamo pronunciato che il partito statale doveva sottoporsi alle elezioni libere. Qua abbiamo alzato la bandiera bucata, la ferita che era stata inflitta dall’invasione straniera e dalla tirannia nel cuore della nazione. Qua ha unito la vita della folla dalle mille facce in un’unica volontà del cambiamento del regime la memoria dei combattenti del ’56.
Victor Hugo disse: l’Ungheria è la nazione degli eroi. L’eroe ungherese è una specie particolare. Da noi l’eroe non è chi combatte gli altri ma chi combatte il destino. Potremmo festeggiare la battaglia di Bratislava quando contro le forze schiaccianti dell’Ovest abbiamo finalizzato la conquista della nostra patria. Oppure l’assedio di Belgrado, oppure quando “Anche Vienna subì onta
Da sire Mattia”.
Noi invece festeggiamo il 15 marzo ed il 23 ottobre. Queste volte non abbiamo vinto le nostre lotte per la libertà ma abbiamo dimostrato che si può riscrivere il libro della sorte. Nel libro della sorte c’era scritto che non c’era niente da fare contro gli Asburgo e contro l’impero sovietico. Se le persone di allora si fossero rassegnate, si sarebbe adempito il nostro destino e saremmo stati inglobati. Noi ungheresi invece non crediamo che si sia un destino che ci raggiunga qualunque cosa noi facciamo. Ma sappiamo che c’è destino che ci raggiunge se non facciamo niente. Noi crediamo che il libro della sorte lo dobbiamo scrivere noi stessi con la nostra fede, con il nostro coraggio, con il nostro amore, con la forza della nostra unione, e se capita anche con il nostro sangue. L’eroe ungherese non si preoccupa per la sorte, ma agisce.
Gentil pubblico!
E’ bello che ci siamo radunati così numerosi per commemorare il ricordo degli errori di ’56. Lo sapete anche voi e anch’io che non sono solo il rispetto e la memoria che ci hanno uniti oggi. Siamo venuti qua anche per sapere cosa ci sarà di noi. Cosa dobbiamo fare perché sia ciò che vogliamo noi? Prima di tutto dobbiamo vedere chiaro. Diciamo chiaramente con sicurezza ciò che vediamo e ciò che sappiamo. Prima di tutto sappiamo che la libertà ungherese non aveva solo eroi, ma anche traditori. Sappiamo che tutte le nostre rivoluzioni sono state abbattute dall’estero. Sappiamo anche che sono sempre esistite delle persone che aiutavano il nemico esterno. Capi moscoviti, miliziani, baroni rossi – o ciò che andava di moda all’epoca.
Sappiamo anche che nel 2006, dopo 16 anni di democrazia questo giorno ci cacciavano con i fucili nelle vie di Pest. Hanno comandato ai poliziotti a cavallo di picchiare con le spade i celebranti pacifici. Sappiamo anche che tutto ciò poteva accadere perché avevano il potere governativo quelli che senza scrupoli potevano usare gli organismi statali armati contro il proprio popolo. Ben sappiamo, non dobbiamo averne dubbi che anche oggi farebbero sparare nella folla –nella migliore delle ipotesi con proiettili di gomma- e comanderebbero anche gli organismi statali armati contro di noi. Anche oggi lo farebbero se potessero farlo, non lo fanno solamente perché la maggior parte degli ungheresi alle ultime elezioni li ha messi da parte. Ben sappiamo anche gli ex comunisti hanno dato l’Ungheria e gli ungheresi nelle mani degli speculatori e dell’industria finanziaria internazionale. Sappiamo che erano e saranno sempre pronti a consegnare Ungheria di nuovo agli invasori. Ci ricordiamo bene anche quando eravamo qua nel 1989 tutti entusiasti e pensavamo che fosse sufficiente per la libertà che i sovietici se ne andassero e fossero sufficienti le elezioni. All’epoca non sapevamo che la somma dei diritti di libertà non fosse uguale alla libertà. All’epoca non sapevamo che i personaggi del passato stessero organizzando e si stessero preparando per il salvataggio del loro potere. Come nel 1956 pareva già che ce l’avessimo fatta, che saremmo stati liberi, loro stavano già organizzando il rientro dei sovietici e le ritorsioni. Anche nel periodo del cambiamento del regime si stavano organizzando in silenzio con le forze estranee per passare a queste ultime le risorse ed i valori del paese. Il cappotto trapuntato militare è stato cambiato con la giacca, mentre il tovaris (compagno) si è mutato in Tavares. Quelli che hanno indebitato fino in fondo il paese sono tornati in silenzio ed hanno tolto a noi ungheresi la possibilità di decidere della nostra vita. Non della politica, non dei partiti politici, ma proprio della nostra vita. In che modo costruiamo l’economia, come rendiamo solido il pavimento sotto il piede delle famiglie, come e di che cosa vivremo e che possibilità diamo ai nostri figli.
Gentile pubblico!
Il senso della libertà non è solo che i sovietici non sono qua e non siamo i prigionieri del Consiglio di mutua assistenza economica. Il senso della libertà non è solo liberare e riprendere il paese. La libertà non finisce qua, ma inizia qua. Il senso della libertà, come ha anche insegnato Attila József, è che possiamo liberare e liberiamo la nostra vita. Siamo noi a sistemarla, a deciderne in modo autonomo, senza che gli altri dicano qualcosa, sotto la nostra responsabilità. Sappiamo anche che dal 2010 sono capitate cose grandiose in Ungheria, inclusa la collaborazione senza precedenti delle ultime elezioni. Abbiamo preso decisioni senza chiedere permessi o consenso, anzi le abbiamo prese contro il parere del mezzo mondo. In questo modo abbiamo avuto una propria Costituzione che si basa sulle fondamenta della cultura cristiana ungherese ed europea. Così siamo diventati nazione mondiale con la riunione della nazione oltre ai confini, dove tutti gli ungheresi insieme decidono del proprio futuro. Abbiamo deciso di non vivere più come prigioniere del Fondo Monetario Internazionale, dal carico comune devono sopportare di più le banche e le imprese internazionali. Abbiamo deciso di costruire la nostra vita sul lavoro al posto dei sussidi e di tagliare le spese opprimenti delle famiglie. Abbiamo iniziato una politica economica nazionale per industrializzare di nuovo il paese e per tenere definitivamente i terreni ungheresi in mano ungherese. Abbiamo deciso di rendere giovane la capitale della nostra nazione perché possiamo esserne orgogliosi e perché tutto il mondo possa venire ad ammirarla. Abbiamo preso decisioni per l’interesse degli ungheresi nel nome della libertà ungherese. Abbiamo accettato conflitti e dibattiti e li abbiamo vinti uno dopo l’altro. Ci stiamo avvicinando alla reale liberazione, alla nostra libertà quotidiana.
Egregi Signore e Signori.
Adesso che vediamo la situazione in maniera chiara e adesso che abbiamo detto chiaramente ciò che sappiamo, dobbiamo quindi dire chiaramente ciò che vogliamo. Vogliamo che tutto ciò non possa essere tolto un’altra volta dagli ungheresi. Siamo qua per far vedere che non lasciamo che tolgano un’altra volta le pensioni, lo stipendio e la maternità. Vogliamo che non possano spingere di novo in debiti le nostre famiglie, le nostre città ed il nostro Stato. Vogliamo che non possano rovinare un’altra volta insieme l’Ungheria, che non la consegnino agli speculatori ed ai burocrati.
Egregi Signore e Signori.
Non nascondiamo la testa sotto la sabbia. Vediamo che di nuovo si stanno organizzando, falsificando ed alleando con sconosciuti. Vediamo che di nuovo stanno cospargendo i semi dell’odio, del conflitto e della violenza. Non esistono casi. La marcia della pace non si chiama così per caso. Perché noi tutti vogliamo una vita tranquilla, pacifica e serena. La pace tuttavia non è uguale alla stupidità, al non fare nulla. Perché non esiste e non è mai esistita pace senza la verità. E per la verità bisogna agire. Per questo ha fatto bene la marce della pace a restringere il tentativo di colonizzazione. Vi ringrazio!
Gentili cittadini!
Infine dobbiamo dire chiaramente cosa faremo adesso. Prima di tutto non staremo senza agire, faremo scoprire tutte le bugie, falsificazione e le centinaia di nuovi trucchi. La lotta sarà seria perché a noi la libertà viene sempre misurata cara. Dovete sapere che non è sufficiente governare in maniera corretta, non è sufficiente liberarci dallo stretto degli usurai, non è sufficiente mettere in ordine l’economia e non è sufficiente la lunga lista dei risultati e neanche i sondaggi positivi. Altrove magari sarebbe sufficiente, ma noi siamo ungheresi e quindi per noi tutto ciò non sufficiente. Conosciamo bene la nostra razza, vogliamo noi vedere quel governo di cui siamo contenti. Per questo non potete credere che il vostro governo senza di voi e al posto vostro vince la battaglia. Non potete lasciare semplicemente il lavoro al governo o ai partiti. Se vogliamo difendere la nostra costituzione, i nostri posti di lavoro, la nostra pensione, il nostro stipendio e la diminuzione delle spese, cioè se volete difendere la libertà della vostra vita quotidiana dovete partecipare personalmente nella lotta. Ognuno di noi deve svolgere il lavoro al proprio posto e nel proprio campo. Organizzatevi, iscrivetevi e aderite. Non abbiamo motivo di avere fretta, ma dobbiamo far partire il nostro macchinario in modo piano e sicuro e dobbiamo distribuire in ordine militare le nostre truppe proprio come l’abbiamo fatto nel 2010. Preparatevi! Ora possiamo finire ciò che abbiamo iniziato nel 1956. Abbiamo bisogno di tutti voi. Dell’insegnante, del medico, del negoziante, dell’operaio, dell’autista, del professore universitario, del macellaio e del fioraio, dei giovani e degli anziani. Avremo bisogno di tutti voi. Ora la cosa principale è iniziare, partire. Che sappiate come anche nel ’56 sapevate: non c’è una via di mezzo. O ci liberiamo o non saremo liberi. La libertà non è destino, ma è questione di scelta e chi non sceglie la libertà con la propria forza, avrà come fine la schiavitù.
Viva Ungheria, viva gli ungheresi!
23 ottobre 2013
Viva l’Ungheria libera!