9 ott – C’è un armadio chiuso a chiave al quarto piano della Rai. È un mobile anonimo ed è quasi abbandonato in mezzo a un corridoio Ma è diventato il simbolo degli sprechi della tv di Stato. Quasi l’effigie di una stagione da dimenticare. Infatti quando gli attuali vertici della Rai lo hanno aperto sono trasecolati.
All’interno vi erano nascosti spille, orecchini, gemelli d’oro, un tesoretto che negli anni è stato utilizzato per distribuire regali a ospiti, politici e amici vari. Ora il direttore generale Luigi Gubitosi ha deciso contrastare questo malcostume. «Che cosa c’entrano i gioielli con la Rai?», esclamano al settimo piano di Viale Mazzini.
Gioielli, orologi e cravatte: Ecco i regali della RAI pagati coi soldi del canone
E per questo stanno portando avanti in gran segreto, come anticipato ieri da Libero, un’indagine dell’audit interna su questa Regalopoli televisiva. Un’inchiesta che ha come oggetto il periodo compreso tra il 2008 e la metà del 2012, ovvero gli anni in cui si sono avvicendati in Rai direttori generali assai diversi tra loro per carattere e connotazione politica, da Claudio Cappon a Mauro Masi a Lorenza Lei.
Nel mirino degli ispettori dell’azienda è finita in particolare la fornitura di preziosi da parte di una nota gioielleria romana, per un importo di circa 600 mila euro in quattro anni. L’ex responsabile della struttura “Premi e omaggi” è stato sospeso dall’incarico in via cautelativa e l’altro ieri è stato ascoltato dalla commissione disciplinare: «Sono un uomo distrutto, ho un figlio piccolo e rischio il licenziamento», ha dichiarato prima di staccare il telefono.
La difesa del colletto bianco è stata più o meno questa: non esisteva una procedura per cui occorresse registrare i destinatari dei doni. «È vero solo in parte», ribatte chi conosce il lavoro dell’audit e lo sta seguendo in prima persona: «In realtà c’è un articolo del codice etico che richiede l’indicazione dei beneficiari dei regali e la motivazione ». La bottega dell’orefice al centro di questo intrigo si trova a pochi metri da Trinità dei Monti a Roma. Il titolare accoglie Libero con un po’ di imbarazzo, quindi ammette di aver appreso la vicenda dal dirigente sotto inchiesta: «Qui però non ha mai chiesto sconti, né regali».
Il commerciante si lamenta: «Da gennaio a oggi abbiamo ricevuto commesse dalla Rai per soli 2 mila euro in premi, targhe e medaglie. Orecchini e gemelli d’oro? Non ne produciamo per la Rai da circa due anni». E prima? «Beh, sì, ma sempre per importi non superiori ai 7-8 mila euro per volta e raramente abbiamo superato i 100 mila euro di ordini annuali».
Dentro al suo storico negozio il gioielliere risponde con garbo, ma preferisce non precisare il valore dei singoli oggetti forniti alla Rai: «Non ho qui le fatture, ma posso dirle che abbiamo iniziato a lavorare con la tv di Stato vent’anni fa e grazie alla meritocrazia. Quando arrivarono in Rai il nostro presunto sponsor e il suo capo (l’ex capo della Comunicazione e delle relazioni esterne Guido Paglia ndr) io smisi di lavorare con viale Mazzini per oltre un anno. Al mio posto venne incaricata una gioielleria di via Condotti.
Successivamente venni ricontattato e mi fu chiesto di produrre i monili a prezzo inferiore rispetto al mio concorrente». Paglia, oggi in pensione, due giorni fa ha consegnato al responsabile dell’ufficio personale della Rai Luciano Flussi alcuni appunti con ordini e destinatari dei doni. Tra questi pure numerosi politici.
«A loro però non abbiamo donato i gemelli d’oro, bensì penne, libri e dischi» puntualizza con Libero Paglia. In ogni caso si tratta di penne di valore come le MontBlanc Greta Garbo o le Montegrappa. Ma per Natale qualche parlamentare ha ricevuto pure orologi di marca, in particolare Hamilton (prezzo minimo 300 euro) e Jaeger-LeCoultre (il Reverso, regalato dalla Rai, vale almeno 2.500 euro).
I gemelli, le spille e gli orecchini che tanto stanno facendo fibrillare i piani alti di Viale Mazzini invece erano indirizzati a «star, ambasciatori, vertici delle tv straniere». Dopo che Libero ha svelato l’esistenza di questa indagine sulla gestione del magazzino omaggi, nel mondo Rai si sono scatenati i pettegolezzi.
Masi, per due anni e mezzo direttore generale dell’azienda taglia corto: «Nella mia gestione al massimo abbiamo utilizzato dei fondi di magazzino. Io non ho mai ordinato nessun acquisto né conosco il gioielliere o il dirigente in questione».
Intanto l’inchiesta continua e, anche se è partita da una denuncia anonima, ai piani alti di viale Mazzini la difendono: «Non diamo importanza alle decine di email che ci segnalano storie di lenzuola. Né alle accuse senza prove. Ma se ci arriva una denuncia anonima che contesta fatti precisi e riscontrabili, ignorarla sarebbe un errore: è una questione di buona gestione». Il messaggio è chiaro: in Rai l’opera di pulizia non si arresta e gli aspiranti moralizzatori potranno continuare a indossare la maschera.
Giacomo Amadori per “Libero quotidiano“