11 sett – Il fenomeno delle aule zeppe di stranieri si allarga a macchia d’olio e le proteste si moltiplicano. Stavolta a reagire non sono stati i genitori troppo apprensivi («o poco cristiani», come ha ironizzato la sinistra, fingendo di non accorgersi dei problemi che creano i campi rom) ma gli studenti.
All’istituto per ragionieri Dagomari di Prato, gli studenti italiani si sono ritrovati in classi scolastiche formate quasi interamente da cinesi . Ed è per questo che, essendo in netta minoranza, hanno chiesto al preside di cambiare. In una classe sono iscritti perfino solo due italiani su venti studenti: gli altri sono tutti orientali e nella stragrande maggioranza dei casi parlano solo la loro lingua. La questione viene ora affrontata dalle autorità scolastiche chiamate a rispondere alle richieste affinché gli italiani non rimangano isolati.
«I genitori di due studenti di quattordici anni – spiega l’istituto – chiedono di spostare di classe i figli altrimenti cambiano scuola». Al Dagomari gli stranieri sono il 52% e il 90% è cinese. I genitori pratesi temono che i ragazzi non riescano a socializzare e che la didattica proceda lentamente a causa dell’ostacolo della lingua. Inoltre i cinesi preferiscono stare fra di loro, relegando in un angolo gli studenti italiani. A Prato i cinesi iscrivono i figli all’istituto tecnico-commerciale perché acquisiscano competenze utili nella gestione delle loro aziende tessili. Ma alto è l’abbandono scolastico tra i giovani orientali: quasi la metà di chi si iscrive o viene bocciato oppure lascia già nel primo biennio.