Fabio Zavattaro
Fratelli e sorelle, buona sera!
Casa editrice Editori riuniti
«Fratelli e sorelle, buona sera!»: il saluto del nuovo pontefice Jorge Mario Bergoglio, il 13 marzo 2013, irrompe su piazza San Pietro e travolge i fedeli che attendevano la fumata bianca. Ma cosa significa la sua elezione per il mondo intero? Quali le storie, le scelte, le sfide che il nuovo papa porta con sé? E quale la portata rivoluzionaria delle sue parole? La volontà di chiamarsi Francesco, il coraggio di abbracciare per primo il nome e la missione compiuta dal santo da sempre più amato e più vicino al messaggio evangelico, è simbolo di un fortissimo cambiamento. Le sue omelie sono per gli ultimi, i poveri, gli immigrati, gli abitanti delle periferie non solo geografiche ma soprattutto esistenziali della Terra; chi meglio di lui, vissuto in uno dei paesi che più soffre l’ingiusta distribuzione dei beni, l’Argentina, sarebbe in grado di toccare le ferite aperte della società di oggi, dalle disuguaglianze sociali alla condizione femminile, dallo stato delle carceri alla frustrazione dei giovani?
Attraverso lo sguardo di Fabio Zavattaro, uno dei più celebri vaticanisti d’Italia e testimone in prima linea di un’elezione papale memorabile, questo libro tratteggia la vita, le opere e le prime scelte di papa Francesco, ci aiuta a comprenderne le problematicità e a delineare quello che forse sarà d’ora in avanti il cammino di una Chiesa più impegnata nel «corpo a corpo» con la realtà.
INTERVISTA A FABIO ZAVATTARO, GIOVEDI’ 29 AGOSTO 2013 (a cura di Luca Balduzzi)
L’elezione di un nuovo Pontefice porta sempre con sé aspettative, e questa ancora di più perché arriva dopo una rinuncia all’incarico non usuale e di cui tanto si è discusso. Quali reali “svolte” è più logico aspettarsi, e secondo quali priorità, guardando alla situazione e alle sfide attuali della Chiesa?
C’è da dire subito che Papa Francesco ha già iniziato a indicare quelle che possiamo definire le svolte del suo pontificato: innanzitutto la semplicità. È un Papa, anzi un vescovo di Roma come lui stesso ha voluto sempre chiamarsi, che ha scelto di muoversi con una vettura normale, non blindata, non lussuosa. E questo non per una sorta di pauperismo interpretato, ma perché la povertà è una disposizione dell’animo che non guarda alle cose ma che cerca l’essenzialità, la sostanza. Il non andare a vivere nel Palazzo apostolico, ad esempio, non è un rifiuto dell’istituzione, del ruolo di Pontefice, ma una necessità che rientra nello stile di vita di Francesco, che ama stare tra la gente, conversare con le persone. Una “rivoluzione” che dai gesti passa alle parole e ritorna ai gesti: quando chiede che sul sagrato, il giorno del suo inizio di Pontificato, ci sia il rappresentante dei cartoneros, cioè di coloro che a Buenos Aires raccolgono i cartoni per le strade, non è un modo per allontanare politici, diplomatici e altro ancora, ma per indicare che la prima attenzione è verso coloro che non hanno di che vivere, è verso i poveri, come lui stesso ha detto. Attenzione ai poveri, ma anche invito alla chiesa, alle comunità, a lasciare i sacri recinti e andare alle periferie dell’esistenza, come ha indicato; non fermarsi a curare la pecora rimasta, ma andare a cercare le 99 che sono andate via. E i motivi della loro scelta di lasciare, o di allontanarsi, dalla chiesa sono probabilmente gli stessi su cui far leva per farli tornare.
Sul versante della riforma della Curia e dello Ior, gli aspetti che i mezzi di comunicazione hanno forse ingigantito maggiormente, come guarda alle prime decisioni (il Consiglio di otto cardinali, le Commissioni speciali per la banca vaticana e per la finanza della Santa Sede, ecc…) di Papa Francesco?
La decisioni prese da Francesco rientrano in quella idea di chiesa che il Papa ha sin dall’inizio del suo cammino come vescovo di Roma. E nello stesso tempo rispondono a quelle indicazioni che i cardinali, e dunque anche lo stesso Jorge Mario Bergoglio, avevano messo in primo piano nella agenda del successore di Benedetto XVI. E cioè una chiesa capace di togliersi di dosso l’immagine negativa che attraverso il mondo dei media era stata disegnata negli ultimi anni, a partire dallo scandalo pedofilia, per arrivare alla vicenda delle carte private prelevate dall’appartamento del Papa e alla necessità di rendere sempre più trasparente la gestione delle finanze vaticane. Infine queste commissioni rispondono anche all’esplicito invito di una collegialità vera, una maggiore partecipazione degli episcopati nazionali alle scelte che il Vaticano, la chiesa tutta è chiamata a prendere. Scelte, dunque, che devono essere guardate con grande attenzione perché sono l’inizio di un cammino più aderente al Concilio, di cui stiamo ricordando i cinquanta anni della sua celebrazione.
Anche al di fuori delle questioni vaticane, Papa Francesco ha già toccato, e ha continuato a farlo anche di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio De Janeiro, argomenti molto importanti senza paura e con grande chiarezza…
E questo rientra proprio nella logica di questo Papa venuto quasi “dalla fine del mondo” come lui stesso ha detto. Ha voluto mettere in primo piano questioni molto importanti per la vita della chiesa, come la questione della comunione ai divorziati risposati. Lo ha fatto conversando con i giornalisti sull’aereo che da Rio del Janeiro lo stava riportando a Roma. Ha sottolineato come la questione vada posta in termini di maggiore accoglienza e ha voluto proporre, proprio al gruppo di lavoro dei cardinali, che si riunirà in Vaticano con lui dal primo al tre ottobre, una possibile pista di lavoro da ricercare nella prassi delle chiese ortodosse che offrono alle coppie unite in seconde nozze dopo un divorzio, una “seconda opportunità”.
Poi la questione della donna nella chiesa, evidenziata con quella affermazione di Maria che è più importante dei vescovi, degli apostoli. Un messaggio chiaro per dire la necessità di una riflessione teologica sulla donna che la tiri fuori da una logica di subalternità senza per questo incamminarsi su scelte teologicamente improponibili come la questione del sacerdozio femminile.
Un altro tema, importante, che ha aperto un dibattito serio dentro e fuori la chiesa, la questione omosessuale, con quella farse “chi sono io per giudicare” una persone che vive diversamente la propria sessualità in un contesto di fedeltà alla chiesa e ai suoi principi. Niente di nuovo rispetto al Catechismo della chiesa cattolica che parlava proprio di rispetto e di accoglienza di queste persone, ma che Francesco ha proposto con termini nuovi e comprensibili da tutti.
Come immagina proseguirà l’altrettanto non usuale rapporto di Papa Francesco con il suo predecessore, quando continuerà a lavorare su argomenti/progetti già affrontati con maggiori -e a volte predominanti- difficoltà da parte di Benedetto XVI?
È Francesco stesso a dirci come prosegue il suo rapporto con Benedetto XVI. Sempre in aereo, conversando con i giornalisti, ha parlato del suo predecessore come di “nonno saggio” con il quale parlare, al quale chiedere consigli e pareri. È molto bello come Francesco ha descritto il suo rapporto con Benedetto, il fatto che abbia voluto accogliere il testo dell’enciclica sulla fede, la Lumen fidei, che Papa Ratzinger ha elaborato come riflessione conclusiva di un processo che lo aveva visto trattare i temi della speranza e della carità. Credo di non sbagliare nel dire che i due si sentano molto più spesso di quanto noi del mondo dei media apprendiamo e raccontiamo nei nostri servizi. E questo fa parte proprio di quella scelta di umiltà che Francesco, come il suo predecessore, incarna; e della volontà di Benedetto di essere presente nel silenzio e nella preghiera nella vita della chiesa.
Tornando per un attimo alla Gmg, è stata più che mai la conferma di uno “stile” di catechesi e di rapporto con i fedeli di Papa Francesco all’insegna del contatto più diretto possibile e della semplicità…
La Gmg di Rio ha messo in evidenza, se mai ve ne fosse stato bisogno, lo stile di Francesco, un Papa che vuole il contatto con la gente, e per questo lo abbiamo visto muoversi con vetture semplici, senza blindature. Efficace poi il suo stile di rapportarsi con i giovani, chiamandoli a fare delle scelte alte e non cedere ai falsi idoli, a non cadere nelle trappole delle facili illusioni. La sua richiesta di non lasciare che qualcuno possa rubare loro la speranza è molto più di un messaggio di attenzione alla condizione giovanile. Sempre in aereo con i giornalisti ha parlato della crisi che tocca i giovani: rischiamo di avere una generazione che non ha conosciuto il lavoro, che porta dignità, che costruisce futuro. Ha parlato dei giovani come uno dei due poli dalla società e che, come gli anziani, l’altro polo, non devono essere emarginati. Un proverbio arabo sottolinea proprio questa unità generazionale, e dice: i giovani hanno la forza di andare avanti, ma gli anziani conoscono la strada. Ed è quello che Papa Francesco ha voluto dire ai ragazzi: andate avanti, ma non dimenticate coloro che hanno la saggezza di vita.