29 ago – “Ciò che si può ragionevolmente dire in attesa che l’imposta venga finalmente delineata nella sua struttura, è che si tratterà di un prelievo sicuramente più complesso dell’Imu“: è il giudizio critico dell’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco (Pd) sulla futura service tax che dal 2014 sostituirà l’Imu. Visco, che ha scritto un articolo per il sito di commenti on line InPiù diretto da Giancarlo Santalmassi prosegue: “Pagheranno di più gli affittuari (ceti popolari e giovani) e i sindaci faranno ricorso a contorsioni acrobatiche per distinguere un metro quadro da un altro per assicurare detrazioni riferite alla situazione personale e familiare (cosa stravagante per un prelievo simil-tariffa e comunque di natura reale), per differenziare le aliquote eccetera. Alla fine l’onere differenziale si scaricherà sui ceti medi”.
“In politica, come noto – afferma Vincenzo Visco – l’apparenza e la realtà sono spesso due cose diverse. Ciò è vero soprattutto per quanto riguarda la politica fiscale e di bilancio. E la vicenda Imu-Service tax lo dimostra in abbondanza. Gli aspetti di “realtà” sono evidenti: la maggioranza ha un accordo sull’Imu che non si applicherà più sulla prima casa; Berlusconi perde uno strumento di ricatto sul governo, ma può sostenere di aver vinto nella sostanza. Il Pd si assicura la sopravvivenza del governo, ma deve accontentarsi della zona ambigua rappresentata dalla nuova imposta che viene introdotta e che nessuno sa come funzionerà in realtà e come sarà strutturata. E poiché ogni imposta per funzionare deve poter essere calcolata, versata, liquidata, accertata e riscossa, non si tratta di limiti di poco conto; in sostanza la nuova imposta è per ora poco più di una etichetta. I Comuni sembrano soddisfatti per la riconquistata autonomia che dovrebbe essere molto ampia, cosa peraltro pericolosissima per i contribuenti e per gli stessi sindaci che improvvisamente si potrebbero trovare a dover esercitare un’autonomia effettiva con relativa assunzione di responsabilità da essi in passato sempre esorcizzata”.
“Il risultato finale – conclude Vincenzo Visco – è incerto: potrebbe, del tutto casualmente, persino risultare dignitoso, ma sarà comunque molto peggiore di quello rappresentato da una semplice imposta patrimoniale sui valori immobiliari. A complicare ancora di più la situazione, il governo, alla ricerca affannosa di soldi, ha previsto la reintroduzione in Irpef del reddito imputato delle seconde case tenute a disposizione, un modo semplice ma molto distorsivo per tassare i “ricchi” o presunti tali, mentre una soluzione razionale della fiscalità immobiliare dovrebbe al contrario prevedere un’esenzione dall’Irpef per tutti gli immobili, anche quelli dati in affitto, e una tassazione omogenea su base patrimoniale, salvo una limitata area di esenzione. In sostanza, la politica fiscale continua ad essere il tallone d’Achille del governo e viene gestita con superficialità e incompetenza