7 AGO – Il Csm ha aperto il “caso Esposito”. La richiesta dei consiglieri laici di area Pdl di avviare una pratica dopo l’intervista del presidente della sezione feriale della Cassazione, Antonio Esposito, è stata trasmessa “in via d’urgenza” alla prima Commissione, competente sui trasferimenti dei magistrati per incompatibilità. Ne dà notizia Palazzo dei Marescialli in una nota, nella quale riferisce che “il vice segretario generale del Csm su disposizione del vice presidente, sentito il comitato di presidenza, ha disposto la trasmissione, in via d’urgenza e salvo ratifica, della pratica a firma dei consiglieri Zanon, Palumbo e Romano alla prima Commissione referente del Consiglio”.
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Nella richiesta di apertura della pratica inviata ieri al comitato di presidenza del Csm, i tre consiglieri laici sottolineavano la “gravità” delle parole di Esposito. Non solo per “le ovvie considerazioni in ordine ai doveri di continenza e riservatezza in capo agli appartenenti all’ordine giudiziario”, ma anche perchè si tratta “del presidente del collegio giudicante che ha appena emesso una sentenza della quale ancora non sono state depositate le motivazioni”. L’intervista “nella sostanza anticipa il contenuto di atti non ancora formati” e “la redazione delle motivazioni della sentenza è prerogativa del relatore e non certo del presidente del collegio le cui esternazioni potrebbero rappresentare una indebita e inopportuna pressione nei confronti del relatore stesso”.
“Di particolare gravità – avevano sottolineato ancora Zanon, Palumbo e Romano – appaiono le affermazioni relative al principio del ‘non poteva non sapere’, la cui contestualizzazione in una intervista dedicata pressoché interamente al cosiddetto ‘processo Mediaset’ esclude che possano intendersi come considerazioni di carattere generale e astratto”.
L’intervista è stata “manipolata”, ha ribadito anche oggi il presidente della II sezione penale della Cassazione, Antonio Esposito, in una nota tornando a smentire il contenuto di quanto pubblicato da un quotidiano rispetto alla sentenza sul processo Mediaset secondo cui Berlusconi è stato condannato “perché sapeva”. Il giudice ha sottolineato: “‘Berlusconi condannato perché sapeva, non perché non poteva non sapere è una frase mai pronunciata nel corso del colloquio telefonico”. E poi: “E’ agevole constatare come il dottor Esposito non abbia spiegato in alcun modo la sentenza di condanna già pronunziata”.
Il giudice Esposito, che è entrato in possesso solo del testo che il giornalista gli aveva fornito dell’intervista e non della registrazione, nella nota ha ribadito “la manipolazione del contenuto dell’intervista dalla quale”, per suo “espresso divieto” sicuramente “risultante dalla registrazione, dovevano essere escluse del tutto domande relative al merito della decisione”. “Il giornalista, nel riportare nell’articolo pubblicato il colloquio con il giudice Esposito circa il tema generico se un imputato può essere condannato sulla base del principio “non poteva non sapere”, ha fittiziamente inserito la domanda che, per come risulta dalla registrazione mandata in onda, non è stata mai rivolta”. Il riferimento è all’interrogativo ‘Non è questo il motivo per cui si è giunti alla condanna? E quale è allora? Insomma “eseguita questa scorretta operazione di inserire nell’articolo una domanda proprio sul processo, mai, invece, formulata, il giornalista ha, poi, strumentalmente ‘agganciato – e fatto risultare come risposta del dottor Esposito ad una specifica domanda sul processo mai rivoltagli – parte del discorso del tutto generico sui ‘non poteva non sapere’, discorso che, per come risulta dalla registrazione messa in onda, è molto più ampio di quanto riportato nell’articolo”.
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