Piemonte, truffe sanità: convolte cliniche della famiglia Vietti, vicepresidente Csm

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Vietti, vicepresidente del Csm, con un’amica

6 lug – FALSIFICAZIONI delle cartelle cliniche, dimissioni fittizie, pazienti rimpallati da una clinica all’altra per restare sempre ricoverati “a prezzo pieno”, il tutto per ottenere il massimo profitto e il rimborso totale dei costi da parte della Regione. Anche quando non spettava. Sono settanta gli avvisi di garanzia che la Procura della Corte dei conti sta notificando in questi giorni dopo aver chiuso l’inchiesta sulla maxi truffa dei rimborsi alle cliniche private accreditate. Una cinquantina sono indirizzati a titolari di case di cura, e gli altri venti ai dirigenti delle Asl piemontesi e della Regione, assessorato alla Sanità, che sono le vittime del raggiro ma che rispondono per non aver controllato e aver lasciato che questa dei prassi andasse avanti indisturbata almeno per gli anni che i magistrati contabili hanno esaminato.

A tutti la Procura della Corte dei conti chiede di restituire alle casse regionali circa 8 milioni di euro complessivamente, il danno erariale frutto di sette anni di rimborsi fasulli tra aziende sanitarie e cliniche private. Tecnicamente, quelli che sta notificando la Guardia di finanza si chiamano in realtà «inviti a dedurre», un termine tecnico che significa in sostanza «avviso di garanzia» per la giustizia penale. Gli «indagati» avranno trenta giorni di tempo per depositare memorie difensive, produrre documentazione o chiedere di essere sentiti, prima che il procuratore della Corte dei Conti che ha coordinato l’inchiesta, Pia Manni, insieme al procuratore capo, Piero Floreani, depositino le citazioni in giudizio.

L’inchiesta contabile, che segue a una inchiesta penale poi archiviata, partì con la denuncia di un funzionario regionale che aveva intuito con quali trucchi le cliniche private accreditate cercavano di ottenere sempre il massimo profitto dai rimborsi dei drg riconosciuti dalla Regione. Bisogna risalire indietro nel tempo, quando l’assessore regionale alla Sanità era ancora Eleonora Artesio. Il meccanismo era questo: poiché la Regione deve appoggiarsi per cure e ricoveri ai privati, accredita secondo criteri oggettivi una serie di cliniche e con queste fa un accordo: per ogni giorno di «ospitalità» a un paziente piemontese — che ha diritto all’assistenza gratuita — l’Asl del territorio di riferimento paga una quota (all’epoca erano 150 euro), il cosiddetto drg. Ma dopo un certo numero di giorni, se lo stesso paziente è sempre ricoverato, questa quota si abbassa progressivamente e la casa di cura riceve rimborsi meno ricchi. Con l’intenzione di aggirare il problema per molti anni le cliniche nel mirino della Corte dei conti hanno fatto in modo che i pazienti sembrassero sempre più o meno «nuovi» e hanno ricevuto sempre drg a prezzo pieno per i loro ospiti.

Tra i nomi degli amministratori sospettati di aver architettato o assecondato il giro di pazienti c’è ancora una volta quello di Pietro Camerlengo, uno dei big dell’assistenza sanitaria privata in Piemonte, già indagato nel 2000 insieme a Salvatore Verducci in una inchiesta del tutto simile a questa. Ma che dopo sei anni e 27 udienze è stato graziato dalla prescrizione.

Tra le cliniche coinvolte nella provincia di Torino ci sono la Nuova San Paolo, la Major, Villa Cristina, il Koelliker, Villa Ida che fa capo alla famiglia di Michele Vietti (foto), solo per citarne qualcuna. I magistrati che già da anni raccoglievano la documentazione per questa inchiesta hanno dovuto riformulare tutti i calcoli quando le Asl sono state accorpate ed è stata rivoluzionata la geografia della sanità piemontese.

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