26 giu – Non è un requiem per i Verdi ma poco ci manca: l’assenza ormai pluriennale di una formazione politica che dia uno sbocco istituzionale al sentire ecologista di fasce sempre più larghe di italiani sta per far nascere un nuovo soggetto politico, Green Italia. L’idea, in partenza, è stata degli ex senatori Ecodem del Pd, Francesco Ferrante e Roberto Della Seta e della presidente dei Verdi europei Monica Frassoni, cui via via si sono aggiunti anche altri: uno su tutti, Angelo Bonelli, attuale presidente dei Verdi italiani “ma a titolo personale -tiene a sottolineare-. Il superamento dei Verdi è da anni il mio progetto pubblico”.
La presentazione ufficiale della proposta sarà venerdì prossimo a Roma, in un incontro pubblico nell’auditorium del museo Maxxi. Proposta, avverte Ferrante in una conversazione con l’Adnkronos, “completamente nuova, che non ricalchi l’esperienza fallimentare dei Verdi italiani. Quella non è una esperienza da ripetere, anzi. Ormai quel marchio non solo non è attraente, ma al contrario respingente”. Dimostrato, osserva, dal recente 0,46% alle comunali romane, e ancora prima dall’esiguo risultato (2,2%) raggranellato dalla lista Ingroia. Ma non è solo una sommatoria di sconfitte nell’urna a spingere i promotori.
“Con Della Seta -dice Ferrante- per tutta la vita abbiamo provato a dare rappresentanza, a ‘valorizzare’ politicamente, le questioni ambientali. Lo abbiamo fatto prima nella cosiddetta società civile dirigendo a lungo l’associazione ambientalista più diffusa nel territorio, Legambiente. Poi abbiamo pensato che non bastasse far crescere consenso diffuso che si otteneva con campagne associative ma che bisognasse entrare nel Palazzo. Lo abbiamo fatto -prosegue- cogliendo l’opportunità che sembrava offrire il Pd del Lingotto, dove il tema era uno di quelli fondanti per il nuovo partito, apparentemente. Ma la storia di questi 6 anni dimostra che quel tentativo è fallito: il Pd non si è mai amalgamato su temi nuovi, uno dei quali avrebbe dovuto essere questo, e si dibatte tra correnti”.
Il fallimento italiano della via istituzionale all’ecologismo è tanto più aspro se ci si confronta con quanto avviene oltralpe, ragionano i fondatori. “E’ grazie alla forza competitiva dei Grunen (10,7% alle politiche del 2009, il 15% nei sondaggi sul prossimo voto di settembre) se in Germania anche gli altri partiti considerano i temi ambientali come priorità -si legge nell’invito di convocazione all’appuntamento del 28 giugno- e in Francia le politiche ambientali hanno cominciato a correre solo da quando destra e sinistra hanno dovuto fare i conti con Europe Ecologie, la federazione ecologista fondata da Daniel Cohn-Bendit che alle elezioni europee del 2009 ottenne oltre il 16% dei voti”.
Proprio alla federazione francese punta, ormai da anni, il leader dei Verdi italiani Bonelli: “ho sempre sostenuto e lavorato in questi anni per verificare se ci fossero le condizioni per una forza ecologista che unisse tutti gli ecologisti italiani ma anche settori dell’economia, dell’associazionismo, della politica sul territorio definibile come sociale. Serve una forza ecologista di dimensione europea. I Verdi non hanno mai raggiunto questi obiettivi, ma non sono gli unici: la contaminazione degli ecologisti non ha funzionato neanche nel Pd e in Sel. Proprio la consapevolezza degli obiettivi non raggiunti, dal punto di vista storico, ci deve far diventare coraggiosi e rilanciare”.
L’intenzione è quella di sciogliere i Verdi? “Superarli, come è successo in Francia -risponde Bonelli-. Se mai ci sarà uno scioglimento, dovrà essere deciso da un congresso. Al lancio di Green Italia partecipo a titolo personale. Intendo ‘superamento’ -specifica- nel senso di costruzione di una nuova forza ecologista, in cui anche elettori e militanti Verdi possano riconoscersi. E’ un atto di responsabilità e d’amore nei confronti del nostro paese”. Ma il ‘Sole che ride’, quasi in sordina, già prepara la strada: è di ieri, domenica, un criptico comunicato del Consiglio nazionale federale, approvato all’unanimità, in cui “i Verdi italiani -si legge- propongono a tutti i movimenti, associazioni, cittadini e realtà imprenditoriali della Green Economy di lavorare ad un manifesto comune di tutti gli ecologisti in Italia con l’obiettivo di presentare una lista ecologista e verde alle prossime elezioni europee, così come sollecitato dai Verdi europei”.
Oltre ai tre “genitori” Ferrante, Della Seta e Frassoni c’è un elenco di promotori destinato ad allungarsi: al momento risultano, secondo quanto si apprende, esponenti di Legambiente come Edoardo Zanchini, vicepresidente, e Rossella Muroni, dg; Anna Donati, già parlamentare Verde, dirigente del Wwf e per breve tempo assessore a Napoli con De Magistris; ma anche un esponente dell’evaporato Fli, Fabio Granata.
Sulla necessità di “fare coorte” per una nuova proposta ecologista insiste con foga anche Della Seta. “Il punto di partenza di chi viene dal Pd è stato prendere atto che il tentativo che molti ecologisti hanno fatto, contaminare il Grande Partito, è fallito. E non perché io e Francesco non siamo stati ricandidati -vuole chiarire-: questo poteva essere un problema per noi personalmente, ma il punto è che non siamo stati sostituiti da altri ecologisti. E’ che nel Pd proprio non si parla di ambiente: chiunque può constatare che uno chiunque dei cinquanta dirigenti di prima fila, con l’unica eccezione di Realacci se lo si vuole inserire nei 50, ignora il tema ambiente in qualsiasi sua declinazione. Non lo vedono, non lo capiscono”.
Colpisce comunque che tra i promotori ci sia anche Granata, con storia e passione politica opposta a quelle di sinistra. “Sui temi ecologisti i confini vanno ridisegnati -risponde all’obiezione Della Seta-. Ciò che sta per nascere è fatto da persone che hanno storie anche molto diverse tra loro. E sulle battaglie ambientali ho sempre trovato Granata dalla parte giusta, non è un ecologista improvvisato”. Anche l’ex Ecodem insiste sull’assenza dei temi ecoambientalisti dal dibattito politico: “oggi è portato avanti da esperienze di base, anche molto presenti e radicate, si pensi ai movimenti che hanno vinto i referendum su acqua e nucleare. E’ evidente che quel tipo di sensibilità sia molto radicata negli italiani, ma ha uno sbocco politico. Queste realtà, al massimo, possono impedire che vengano fatte grandi schifezze ma difficilmente possono costruire nuove politiche”. Resta il fatto che, in nome dell’unità, si dà vita all’ennesimo soggetto partitico: “anch’io sento questa scelta politica azzardata, e capisco bene che Green Italia possa essere visto così. Ma non vedo altre strade -conclude Della Seta-, o meglio ho provato a percorrerle ma non ho visto risultati: oggi nessun partito nega un capitoletto all’ambiente ma è una specie di falso, un atto dovuto tanto per mettere a tacere gli scocciatori”.