24 giu – Il ministro della Difesa colombiano Juan Carlos Pinzón è giunto ieri in Belgio e domani firmerà il primo accordo di cooperazione tra Colombia e Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato).
Secondo il quotidiano colombiano El Tiempo, che cita fonti militari rimaste anonime, il documento di due pagine sarà firmato da Pinzón e dal segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, e sarà ampliato con un secondo capitolo nei prossimi due mesi.
Agli inizi di giugno il governo di Bogotá aveva annunciato la propria decisione di avviare trattative per “avvicinarsi” alla Nato, compresa l’ipotesi di un’adesione, provocando accese critiche nel paese e tra i vicini regionali.
Per un osservatore attento, l’accostarsi della Colombia verso la NATO non è un gesto inaspettato, ma, ad ogni modo, l’idea di diventare un «membro associato» all’interno dell’Alleanza è stata accolta da tutte le forze politiche della regione con ostilità. Come ritiene Vladimir Travkin, capo-redattore della rivista «America Latina»:
Dal punto di vista dei latinoamericani che stanno già protestando, si tratta di un tentativo di coinvolgere una forza esterna che influenzerà gli eventi in America Latina, e non certo in maniera positiva. La NATO è un blocco militare che agisce di conseguenza. Anche in Colombia stessa non c’è unità di pensiero in merito alla questione. Ora nel paese forze partigiane e statali stanno dialogando. La guerra civile dura da oltre cinquant’anni e non si riesce in nessun modo a risolvere questo conflitto. La strada verso la sua risoluzione, ovviamente, non è militare ed è improbabile che qualsiasi complicazioni esterne possano essere d’aiuto.
Alcuni esperti vedono un gesto disperato nelle azioni di Bogotà, che cerca di intraprendere tutte le vie possibili, compreso ciò che genera pressione psicologica e mediatica. Tuttavia, i colombiani stanno scherzando col fuoco: la possibile perdita di anche solo una parte della sovranità destabilizzerebbe ancora di più la situazione nel paese e non si esclude che stiamo assistendo al primo atto del tragico crollo dello stato colombiano.
Per la lotta al narcotraffico e per risolvere il conflitto armato interno gli Stati Uniti hanno investito in Colombia, solo tra il 2000 e il 2005, quasi tre miliardi di dollari con risultati del tutto discutibili, per cui non si può non vedere dietro all’ intenzione della Colombia di far parte della NATO, il pericolo di un’infiltrazione, o comunque di una presenza militare nella regione.
Oggi alcuni settori della sinistra latinoamericana tornano a temere quello che si temeva fin dal 2006: che la Colombia possa diventare la punta di lancia in America latina di una possibile invasione statunitense (“esportando democrazia”) in Venezuela o di un supporto strategico in caso di colpo di Stato in quel Paese.
Ora la necessità da parte degli Stati Uniti di contrastare l’imponente avanzata del colosso cinese in America latina e i timori che ha Washington di un’infiltrazione dell’Iran nella stessa regione, sono tutti segnali che sicuramente potrebbero far temere infatti, l’imminente arrivo di una “primavera latinoamericana”. In Brasile è già cominciata.