Inquilini Itea: «la storia di un incubo durato 28 anni»

itea18 giu – (lavocedeltrentino) Sono molte le lettere che gli inquilini Itea inviano alla nostra redazione, parlano di disservizi, comportamenti arroganti, trucchi per evadere le graduatorie ecc ecc. «Abitare in una casa Itea non è un privilegio come molti pensano, ma un diritto acquisito da un procedimento.» Questa frase, scritta da una signora, inquilina Itea, ci ha fatto venire l’idea di approfondire le storie di queste persone, per questo abbiamo voluto incontrarle. Quella narrata in questo articolo, a cui ne faranno seguito altre, parla di una signora, che chiameremo Anna, (nome di fantasia) che ha vissuto un terribile incubo durato 28 anni.

Dopo sette anni di «fila», ad Anna e sua figlia di 5 anni viene dato in affitto all’ultimo piano di una palazzina un appartamento Itea a Trento. Sembra che le mille traversie di questa mamma siano quindi finite, purtroppo invece è l’inizio di vero e proprio incubo che durerà 28 anni. Appena preso possesso dell’appartamento Anna si accorge di una cosa incredibile, dal tetto rivestito di perline in legno entra la luce, ma non solo, l’intercapedine non è ne isolata ne coibentata, pazzesco!

Dopo numerosi richiami da parte di Anna al Geometra Itea, finalmente viene mandato un falegname per chiudere e sigillare almeno le perline in modo che la luce non entri dal tetto. «Il falegname inviato dall’Itea, – ricorda Anna – durante i lavori si portava dietro la moglie che gli dava una mano nei lavori, purtroppo fra i due scaturivano improvvisamente delle litigate spaventose con urli, parolacce ed insulti, questo davanti alla mia bambina che a volte era assalita dal terrore.»

Purtroppo il lavoro era solo un «rappezzamento» e non risolveva di certo il vero problema, con cui Anna avrebbe dovuto coesistere per numerosi anni. Non essendoci infatti ne isolazione ne coibentazione in estate Anna si ritrova regolarmente oltre 40 gradi tutto il giorno, mentre l’inverno l’appartamento è sempre gelato. «Mia figlia – ci racconta Anna – aveva sempre 40 di febbre, e stava male l’estate, mentre l’inverno era ancora peggio, vederla in quello stato mentre studiava mi si stringeva il cuore, e solo Dio sa tutte le volte che ho pianto.»

Naturalmente nel frattempo le telefonate di Anna all’Itea continuavano, ma senza esito, solo inutili promesse, «ma la cosa che fa riflettere è il comportamento arrogante, presuntuoso, maleducato ed offensivo del geometra di allora (che cita con nome e cognome), al quale ogni volta dovevo spiegare l’accaduto, sapendo bene che lui era a conoscenza di tutto dal primo momento. Il trattamento da parte di questo geometra e dei vertici Itea di allora – continua Anna – era indegno di un essere umano, venivo trattata come spazzatura, come la peggiore criminale di questo mondo, perché chiedevo solo il rispetto di un diritto acquisito e  la salvaguardia della salute di una bambina piccola.»

Lo stesso Geometra in modo maleducato e chiaramente ricattatorio verso Anna un giorno sentenzia, «se vuole che cominciamo i lavori di isolazione e coibentazione va bene, ma le assicuro che le piazzo qui gli operai in casa per 2 anni.»

Ma i problemi dentro la casa cominciano a moltiplicarsi, dai rubinetti a giorni alterni non arriva nemmeno l’acqua calda. Ma Anna non si perde d’animo, e continua a telefonare al Geometra, «quella volta il Geometra mandò un ragazzino, che si vedeva subito che capiva poco. Dopo alcune ore chiesi se aveva capito dove fosse il problema, e tranquillamente mi rispose che lui era un manovale e che d’idraulica non ne capiva nulla.»

Ma il problema più grave è il tetto, e pensate, il problema viene risolto solo nel 2006, cioè dopo 21 anni di agonia. E di questo Anna deve ringraziare solo una persona, «Dopo 21 anni di insistenze, lamentele, telefonate, appuntamenti andati a vuoto, lacrime e depressioni una dirigente finalmente vuole capire e toccare con mano se quello che dico è vero, questa signora di chiama Elena Rebecchi Defant.»

Questa dirigente dimostra professionalità e sopratutto umanità. Quando la signora Elena Rebecchi Defant vede il tetto, dapprima trasalisce, poi ordina l’immediato trasloco di Anna e sua figlia in altro appartamento. «Ci sono voluti 21 anni – ricorda Anna – per capire che una famiglia non poteva vivere in queste condizioni, e vi assicuro che 21 anni sono tanti, anzi, sono davvero troppi.»

Ma nemmeno il più pessimista dell’intero universo avrebbe potuto prevedere quello che stava per succedere da li a poco.

Gli operai dell’Itea, cominciano il trasloco dei mobili di Anna nell’appartamento nuovo, cominciano, perché dopo averli spostati dal vecchio appartamento li lasciano sul pianerottolo e nel cortile con la promessa che l’indomani sarebbero tornati per portarli all’interno del nuovo appartamento. Ebbene, gli operai l’indomani non fanno ritorno, e nemmeno nei giorni seguenti. Anna naturalmente chiede spiegazioni al famigerato Geometra, la risposta è sempre, volgare, maleducata e arrogante. «Questo personaggio alla mia richiesta di spiegazioni mi derideva, usando un linguaggio verbale inaudito, – spiega Anna.

Finito il trasloco, dopo numerose richieste di andare prima possibile a casa di Anna per il collaudo finale la risposta di questo Geometra era strabiliante e triste nello stesso tempo, «non vorrà che venga a casa sua e mi faccia 4 piani di scale con la pancia che mi ritrovo,» – disse ad Anna.

Dopo pochi mesi anche nell’appartamento nuovo cominciano i problemi idraulici, «per usare l’acqua calda a volte dovevamo attendere anche 5 minuti, in taluni casi, aprivi il rubinetto della vasca e sgorgava l’acqua dal lavandino e viceversa, i termosifoni spruzzavano acqua da tutte le parti, la caldaia cominciò a dare problemi sempre più spesso, e non parliamo dell’impianto elettrico che a parer mio è tutt’ora fuori norma, ho pensato di vivere nel terzo mondo.»

Anche la vasca di Anna comincia ad avere delle perdite, e così per risparmiare viene rivestita, ma le perdite continuano con il risultato che l’acqua penetra nell’appartamento di sotto, risultato; per risparmiare sulla vasca ora la spesa per rimettere apposto tutto quanto è di dieci volta superiore. Viene cambiata la caldaia, ma quella nuova quando si accende fa tremare i muri in modo allarmante. Ma ecco che quando sembra che tutto abbia una fine arriva l’ultima «mazzata» per Anna.

Nella Pizzeria ubicata sotto la palazzina Itea spostano le cucine e quindi anche i motori e i frigoriferi, indovinate dove? Ma naturalmente sotto le camere degli inquilini Itea! Proprio durante questo spostamento si creano dei problemi relativi agli sfiati degli appartamenti, nei quali la fiammella del gas si spegne da sola provocando pericolose fuoriuscite di gas che potrebbero essere letali. Nei lavori dentro la pizzeria viene anche messo un tubo esterno che funge da aspiratore, per la fuoriuscita degli odori della cucina, che passa a pochi centimetri dalle finestre degli inquilini Itea, risultato; odore di grigliate miste a volontà, e unto sulle finestre da pulire tutti i giorni. A questo ovviamente vanno aggiunti i rumori derivanti dai compressori, frigoriferi e motori sempre funzionanti fino ad ora tarda ( e chi se ne intende sa bene di che rumore parliamo).

Le lamentele della nostra Anna e di tutti gli altri inquilini naturalmente continuano, a riguardo ci spiega: «la pizzeria era dell’Itea, mi chiedo chi ha avvallato l’inizio dei lavori e sopratutto come potevano non prevedere tutti i disservizi che da li a poco sarebbero nati.»

Non riuscendo più a venire a capo del problema che ormai scontenta tutti l’Itea che fa? Ma vende la pizzeria, e quindi se ne lava le mani.

Ma in una disamina finale Anna non punta il dito sui disservizi o su una storia che è durata 28 anni, ma solo su come lei e molti altri sono stati trattati, senza umanità e senza dignità, peggio degli animali.

Ora la figlia di Anna è grande, si è laureata e sposata, lei è nonna, e il ricordo drammatico di quei tragici giorni con oltre 40 gradi, ostaggio del caldo e del Geometra dell’Itea sono solo un lontano ricordo.

«I problemi – spiega Anna – continueranno e si aggraveranno sempre di più, ci vuole più controllo, oggi le case Itea sono rifugio per prostitute (che guadagnano 500 euro al giorno), di pericolosi spacciatori, di stranieri che dopo aver avuto la casa da 3 diventano in 30. Conosco persone che da 20 anni non pagano eppure sono sempre dentro la casa, un giorno ho sentito un rom che furbescamente spiegava ad un rumeno come si fa ad accedere alle case Itea. Lo stesso Rom nullafacente vive da anni in una casa Itea, con 7 figli e con un Mercedes valore circa 80mila euro parcheggiato sotto casa.»

Ma ecco un’altra «chicca» dei furbetti del quartierino. «Uno straniero – ci racconta Anna – diventa residente a Trento e vive in una casa Itea, dopo un po’ di tempo chiede il congiungimento con i genitori o i nonni o con famigliari ultra 65enni, avvenuto questo, queste persone chiedono la «pensione sociale» e dopo aver superato il controllo dei vigili urbani che testimoniano la residenza nella casa, con quei soldi quatti quatti se ne tornano al suo paese di origine e si costruiscono una casa propria.

Io penso,- conclude Anna – che si dovrebbero verificare gli effetti di ogni decisione e fare rispettare le regole, i percorsi sono giusti ma se non c’è controllo tutto il buono viene vanificato, io in 28 anni ho sempre pagato tutto, e guarda come sono stata trattata…»

«Abitare in una casa Itea non è un privilegio come molti pensano, ma un diritto acquisito da un procedimento.»