26 magg – Stipendio mensile netto aumentato del 24%, rimborsi spesa più generosi degli attuali, ma legati alla reale produttività, più portaborse e meglio pagati con stipendi però erogati direttamente da Camera e Senato in modo che a nessuno venga la tentazione di mettersi direttamente in tasca quei soldi. È la proposta di legge n.495 depositata a Montecitorio dal primo firmatario: il deputato del Pd Guglielmo Vaccaro. Una firma di peso, perché Vaccaro non è soltanto uno dei leader del partito in Campania, ma soprattutto il principale luogotenente dell’attuale presidente del Consiglio, Enrico Letta. I due fanno coppia fin dalla prima Repubblica, quando entrambi avevano cariche di vertice nel movimento giovanile democristiano. Vaccaro poi fu voluto da Letta con sé alla sua segreteria tecnica da ministro dell’Industria fra il 1999 e il 2001, e lo stretto sodalizio si è rafforzato prima nella Margherita e poi nel Partito democratico. Proprio per questa sintonia ha un peso non indifferente quella proposta di legge che dopo anni di bandiere grilline sventolate per la prima volta capovolge la questione dei costi della politica, proponendo di pagare di più i parlamentari a patto che siano produttivi.
L’idea di base di Vaccaro è prendere a modello lo status economico degli europarlamentari, rimodulando solo i rimborsi spese perché girare l’Italia è naturalmente meno costoso che percorrere i 27 Stati dell’Europa. La sua proposta è di dare a deputati e senatori la stessa indennità mensile netta degli europarlamentari: 6.200 euro netti contro gli attuali 5 mila scarsi. Un aumento di 1.200 euro netti mensili, pari appunto al 24% in più. Una volta fatta questa scelta, sarebbe direttamente indicizzata alle rivalutazioni e alle decisioni del Parlamento europeo, e quindi nessuna campagna sui costi della politica o polemica a 5 stelle potrebbe incidere su quello stipendio messo in sicurezza. Diverso il caso dei rimborsi spesa, che verrebbero presi dal modello di Strasburgo, e come là legati direttamente alla produttività, ma con quote generalmente dimezzate. L’unico vantaggio potrebbe essere quello della diaria. Vaccaro infatti propone che «a titolo di rimborso delle spese di soggiorno, ai membri del Parlamento è assegnata una diaria di entità pari all’indennità di soggiorno erogata in favore dei membri del Parlamento europeo. Tale diaria è corrisposta in proporzione alle effettive presenze del parlamentare in assemblea e nelle commissioni parlamentari delle quali fa parte». Oggi la diaria è pagata con un forfait di 3.503,11 euro netti mensili. Al parlamento europeo è invece di 304 euro ogni giorno di presenza. Però fra Strasburgo e Bruxelles al massimo si può raggiungere 80-100 giorni di presenza all’anno, e quindi è impossibile avere più di 2.500 euro al mese di diaria. Nel parlamento italiano invece Laura Boldrini e Piero Grasso si sono impegnati a fare lavorare tutti dal lunedì al venerdì: 5 giorni alla settimana fra aula e commissioni. Se uno fosse presente tutti i giorni arriverebbe a 6.688 euro mensili di diaria, quasi il doppio del massimo ottenuto oggi. Per le spese generali oggi i parlamentari ricevono 1.845 euro diretti e 1.845 euro dietro presentazione di documentazione, normalmente impegnati per pagare il cosiddetto portaborse.
La proposta Vaccaro è di assegnare loro a fronte dei primi 1.845 euro la metà esatta del fondo messo a disposizione dei parlamentari europei, e cioè 2.150 euro al mese, più «il rimborso delle spese di viaggio sostenute nel territorio nazionale per lo svolgimento del mandato, previa presentazione della relativa documentazione ovvero di una autocertificazione». Anche qui l’aumento potrebbe rivelarsi consistente. Molto più alto quello delle spese per i collaboratori: a fronte degli attuali 1.845 euro mensili, si propone il 50% «di quanto previsto per la medesima finalità in favore dei membri del parlamento europeo», e cioè 8.950 euro mensili. Non un centesimo di quella somma però – a differenza di quel che avviene ora – potrebbe finire nelle tasche di deputati e senatori: sarebbero Camera e Senato a fare i contratti e a preparare le buste paga per i 3 collaboratori assumibili con quella cifra. Verrebbe invece ridotto il fondo per i rimborsi di spese di trasporto, che passa da 1.107 a 400 euro mensili , e annullato il rimborso spese telefoniche che attualmente è di 258 euro al mese. Il fedelissimo di Letta poi aggiunge: «I membri del Parlamento hanno altresì diritto al rimborso dei due terzi delle spese mediche e delle spese connesse alla gravidanza e alla nascita di un figlio». Il totale netto mensile legato alla funzione di parlamentare passerebbe dunque in linea teorica dagli attuali 13.558 euro a 24.388 euro mensili. Su base annuale si passa dagli attuali 153,7 milioni di euro a 276,6 milioni di euro. Una differenza di 123 milioni di euro, anche questa teorica, perché si spenderebbe di meno quanto meno i parlamentari dovessero lavorare. Per risparmiare rispetto ad oggi ci vorrebbe un Parlamento si scansafatiche, e chissà che non pensino proprio a quel modello i lettiani quando dicono di volere tagliare i costi della politica…
di Franco Bechis