29 apr. – Alla fine il Pd si e’ schierato compatto, o quasi, per la fiducia al governo di Enrico Letta.
L’unico a sfilarsi alla Camera e’ stato Pippo Civati, che ha deciso di non partecipare al voto, e lo stesso fara’ domani in Senato Lucrezia Ricchiuti. Ma il via libera non e’ stato indolore e non sono mancate critiche al discorso del premier: non e’ piaciuto l’annuncio sul congelamento a giugno dell’Imu, considerato una concessione eccessiva al Pdl, mentre non si e’ indicata una soluzione immediata per gli esodati, priorita’ per il Pd.
Di fronte agli ultimi passaggi per l’avvio del governo, compresa la nomina di sottosegretari e presidenti di commissioni, si e’ deciso di far slittare di una settimana a sabato 11 maggio l’assemblea nazionale per la nomina di un nuovo reggente del partito. A dar voce ai malumori sul programma di Letta sono stati in Aula sia Stefano Fassina sia Rosy Bindi. “Il Pd dara’ pieno sostengo al Governo ma lo faremo in autonomia, senza smanie di protagonismo”, ha premesso Fassina. E varra’ prima di tutto per le misure economiche.
“Come la finanziamo la cancellazione dell’Imu? Con ulteriori tagli?”, ha chiesto. Meglio sarebbe stato decidere subito di non aumentare l’Iva che colpisce molto di piu’ i ceti bassi.
Sulla stessa linea Bindi, che ha rinnovato i suoi “dubbi” sull’asse con il Pdl. “Ho sentito una data certa per l’Imu, ma non ho sentito una data certa per la soluzione degli esodati”, ha ricordato, “non vorrei che la diminuzione della spesa fiscale e della spesa pubblica significasse abbassamento delle tutele dei cittadini”. Dunque come Pd “non dobbiamo perdere l’orizzonte della nostra politica che vogliamo praticare da oggi e dalla quale non vogliamo sentirci privati”, ha avvertito.
Ma di la’ dal dissenso esplicito, piu’ d’uno non ha gradito le eccessive concessioni al Pdl. “Berlusconi incassa subito la sua misura di bandiera, noi niente”, ha detto un ex popolare. Le fibrillazioni si attenueranno, per quanto possibile, solo dopo il completamento della squadra di governo.
Mancano le nomie di sottosegretari e viceministri, con delicati equilibri da rispettare. Dovranno essere accontentate tutte le correnti, tenere conto delle ambizioni frustrate di piu’ d’uno che mirava a diventare ministro, e rispettare anche un certo equilibrio ‘regionale’. Qualcuno, per esempio, ha malignato che gia’ ci sono troppi emiliani citando i ministri Dario Franceschini, Cecile Kyange, Josefa Idem, Graziano Delrio.
Chiusa la partita, dalla prossima settimana aprira’ ufficialmente la fase congressuale. L’assemblea dovra’ decidere come impostare il percorso e probabilmente si andra’ verso un segretario ‘pro tempore’, come accadde con le dimissioni di Walter Veltroni, quando fu scelto Franceschini. Anche l’ala che chiedeva una gestione ‘collegiale’, i renziani in particolare, sembra ora piu’ orientata a mantenersi nel solco dello statuto e non aprire la strada a deroghe. “Serve un reggente, o come si vuol chiamare, , poi decidera’ lui come articolare una sua segreteria”, ha spiegato Paolo Gentiloni, “ma sarebbe un segnale sbagliato avere un comitato di reggenza’ espressione di tutte le anime”. Di certo, e’ opinione piuttosto diffusa, non potra’ ambire alla reggenza un membro della segreteria uscente; i renziani, in particolare, spingono per un ricambio completo.
Poi “bisognera’ individuare una figura di garanzia che porti il partito al congresso di ottobre e non aspiri a candidarsi in quella sede”, ha spiegato Matteo Richetti. Da giorni circola con insistenza il nome di Guglielmo Epifani come segretario ‘pro tempore’, un’ipotesi che non dispiace a molti, ex popolari compresi. “Serve qualcuno di sinistra”, ha assicurato un parlamentare ex Margherita, “con Letta a Palazzo Chigi e’ necessario riequilibrare i pesi”. Quanto a Epifani, l’ex numero uno della Cgil non si e’ sbilanciato ma ha chiarito che qualora maturasse una candidatura valuterebbe con attenzione. Per il congresso invece c’e’ tempo. Se il governo Letta desse segnali di solidita’, Matteo Renzi potrebbe trovarsi costretto a scendere nell’agone per non restare schiacciato. E contro di lui potrebbe trovare Fabrizio Barca. In quel caso pero’ i cattolici del Pd si attrezzerebbero con un terzo nome, come ha chiarito Bindi. (AGI) .