Roma, 28 aprile – “L’annuncio dei nomi scelti da Enrico Letta per formare la squadra di Governo sancisce lo stadio finale della metamorfosi politica italiana”. Lo ha scritto Vito Crimi, presidente dei senatori del Movimento 5 stelle, sul suo profilo Facebook.
“Dal bozzolo della stasi, quella fucina dell’inciucio che ha congelato per anni il Paese portandolo anche oltre il famigerato orlo del baratro, il Pd e il PD-L sono emersi – ha sostenuto l’esponente del movimento guidato da Beppe Grillo – come una sola creatura, un partito nuovo, che chiameremo d’ora in poi ‘Modello Unico’. Avevamo chiesto, e ci erano state assicurate, competenze e un chiaro segnale di discontinuità con il passato. La risposta è stata ancora una volta, in massima parte, la vecchia nomenclatura, responsabile della situazione attuale, dove trovano ampia rappresentanza uomini della Banca Centrale Europea (Fabrizio Saccomanni), uomini che non hanno voluto o saputo portare a termine l’incarico di tagliare i costi della politica (Enrico Giovannini), frequentatori abituali di organizzazioni dove la stampa non è ammessa e dove la trasparenza è un concetto chimerico (Emma Bonino), uomini formati alla Bocconi e stretti collaboratori del Governo tecnico uscente, fautore di quel paradigma dell’austerità che ora è sotto processo dalle stesse forze europee che l’hanno voluto e imposto”.
A giudizio di Crimi “l’unica nota positiva è che, finalmente, l’Italia avrà un’opposizione concreta e pervicace, che non farà sconti a nessuno, come si conviene a un qualsiasi Paese che possa definirsi democratico. Il bipolarismo perseguito per anni, senza successo, si realizzerà nel confronto costante, serio e costruttivo, che vedrà da una parte i partiti che hanno preso tutto, reclamando per sé anche le presidenze e le vicepresidenze che da sempre spettano all’opposizione (o regalandole a formazioni minori, specchietti per le allodole nonché loro alleate nell’ultima tornata elettorale), e dall’altra parte il Movimento 5 Stelle, con i suoi oltre 160 cittadini ad occupare altrettanti posti nei due rami del Parlamento: l’unico, vero, autentico segnale di discontinuità con il passato, a garanzia – finalmente – di trasparenza, verifica e controllo”.