Fumo Rosso

La differenza tra dittatura e democrazia è che in democrazia prima si vota e poi si prendono ordini, in dittatura non dobbiamo sprecare il nostro tempo andando a votare.
(Charles Bukowski)

Calendario tiranno, ci obbliga a tornare in terra dopo una spettacolare indigestione di Cielo. San Francesco, Patrono d’Italia ci aiuterà a superare con cristiana rassegnazione il funerale della nostra democrazia in coma dal ’92. Una prece.

fumo

Inutile sperare in una conversione miracolosa di Bersani: il patto con le toghe rosse è per sempre. Come avete ben visto tutti sulle nefandezze dei pidini è sceso un silenzio sepolcrale. Mps? E che sarà mai? Lusi? Chi fu? Vendola va a pranzo con chi lo assolve? Anche le toghe devono mangiare; Marrazzo, Marrazzo Marrazzo… Non v’arrazzate che non c’è nulla da fare. Ed anche lui, il Re, poveretto, siamo seri: come diavolo faceva a battere i pugni sul tavolo del CSM dopo la vicenda Ingroia? Un Presidente non viene graziato invano, è chiaro che certi sistemi di stampo giudiziario funzionano così: non ti tocchiamo il pelo, ma tu non tocchi il nostro strapotere e ci lasci arrostire il nemico, quel Silvio Berlusconi reo di avere guastato il colpo di stato perfetto di Mani Pulite con il consenso degli Italiani.

C’è andato con il cappello in mano, Re Giorgio, come un postulante qualunque, alle volte s’arrabbiassero e decidessero di infierire su di lui. A Ingroia avevano detto: “una vacanzella in Guatemala, tu chiudi un occhio e ti troviamo una poltrona in parlamento e chiusa la storia”. In realtà ciò che ha disturbato il delitto perfetto è il voto degli Italiani che si ostinano a disobbedire ai dittatori: non solo a ingroiarsi hanno detto un “no” tanto reciso che non c’è stato farloccamento che tenesse, ma hanno votato — porcalavaccablù — in troppi il Cavaliere. Povero Re Giorgio, al termine di una lunga e penosa carriera di soldatino rosso, finire a piagnucolare davanti agli orchi togati un aiutino per togliersi dall’impiccio istituzionale. E loro: “nein”, “nisba”, “tiè”. In più rischia, sudando freddo, di restare ancora un pò sul trono bollente per impossibilità oggettiva del normale avvicendamento.

Ma il voto, si sa, in una repubblica giudiziaria lascia il tempo che trova: governa chi scende a patti con le toghe.

Lo ha capito bene Grillo — che per il resto di politica non capisce nulla, nè gli interessa capire — che si è affrettato a mettersi sotto l’ombrello protettivo di Boccassini e C. mandando un suo “picciotto” a dichiarare illico in tivù che certo “se si tratta di votare a favore dell’arresto di Berlusconi, votiamo sì!”. Eccerto. Loro che hanno come motto sulla bandiera “fate bordello e basta” per poter attuare il loro programma, devono sottoscrivere il patto. Detto, fatto.

Che la magistratura da ordine e funzione si sia fatta potere autoreferenziale è cosa evidente a tutti. Da decenni la sua azione è tesa esclusivamente a distruggere la credibilità dell’Italia che produce, a smantellare meticolosamente i poli industriali di eccellenza (Finmeccanica con relativa vicenda indiana), di garantire impunità e privilegi a tutti i nemici dello Stato — che siano assassini, pentiti, inquisiti -, ad indebolire i servizi segreti (vedi vicenda di Abu Homar). Hanno diritto di vita e di morte sui cittadini visto che sono liberi di togliere acqua ad una donna in coma e cure compassionevoli ad una bimba; possono mandare a morire in galera un malato terminale di sclerosi multipla, impossibilitato a tutto, non solo a perpetuare il reato, manipolare le prove e fuggire.

Ed infine, con metodo proprio ad ogni dittatura che si rispetti, servirsi di ceffi retribuiti per costruire prove contro i dissidenti e sbatterli in gattabuia con la complicità dei partiti affiliati. E se per caso gli affiliati, nonostante ogni accortenza, fanno passare una leggina che non garba troppo, ecco la Corte Costituzionale pronta a cancellarla. Potere assoluto. Chissà cosa pensano della giustizia i cittadini di Brembate costretti a farsi prendere il Dna in massa solo perché sarebbe stato politicamente scorretto tenere in cella l’extracomunitario — indagato o persona a conoscenza dei fatti — che sapeva un po’ troppo sul barbaro assassinio di Chiara Gambirasio. Lui in galera, mai, Angelo Rizzoli, sì. Craxi fu fatto morire, violando la Costituzione che riconosce la cura della salute un diritto: ma per carità, guai a dire che c’è chi — opportunamente togato — ha diritto di uccidere.

Una gran parte della stampa, forse simpatizzante, forse semplicemente “cagasotto” continua a strombazzare che è affare del Cavaliere, che la Giustizia italiana è perfetta e che se qualcosa non va per il verso giusto è solo una questione che mancano i fogli, che le fotocopiatrici sono in panne, e che non ci sono abbastanza fondi ( ovvio! le intercettazioni costano. Eccome!).

Dunque, non c’è speranza; è evidente che qualunque pastrocchio parlamentare sarà confezionato domani avrà un solo scopo: tenere in piedi lo strapotere giudiziario e coalizzarsi per eliminare il nemico. Che l’Italia vada in malora, non è affar loro: per storia e per credo, la patria dei rossi è una Stalingrado ideale, senza racconto, senza emozione, senza umanità. Non è chiaro a tutti, disgraziatamente, ma è così. Molti continueranno a credere che eliminando il “criminale capo” l’Italia diventerà un Eden. E saranno anche loro inghiottiti nel miraggio. Speriamo di essere cattivi profeti. Ma una domanda resta: una volta desertificata l’Italia, ridotta ad un’immonda dittatura giudiziaria senza iniziativa imprenditoriale, senza politica e senza libertà personali, cosa se ne faranno? Nel deserto anche i dittatori hanno sete d’acqua, non solo di potere.

Angela Piscitelli, 14 marzo 2013
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