Monte dei Paschi, una storia di ordinaria follia

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31 genn . La vicenda legata alla banca senese Monte dei Paschi di Siena (MPS) ha scosso in modo sostanziale il mondo politico e finanziario italiano, ma la gravità e la portata delle operazioni scellerate poste in essere dalla premiata ditta Mussari & co. potrebbero ed anzi dovrebbero avere eco anche internazionale.

La Banca MPS non è nuova a discutibili e discusse operazioni fin da quando, nel 2002, decise l’acquisto per incorporazione della Banca 121, pagandola circa 1,2 miliardi.

La Banca 121 assunse agli onori della cronaca per una serie di prodotti finanziari venduti ad ignari clienti facendo credere loro di star sottoscrivendo dei piani d’accumulo mentre in realtà erano dei veri e propri mutui, realizzando così una truffa di circa 2 miliardi di euro ai danni di 90.000 risparmiatori.

Malgrado i dirigenti MPS si affrettarono rapidamente a dichiarare la loro estraneità ai fatti, ciò gettò una alea di discredito su tutta la vicenda.

Il vero e proprio capolavoro fu però l’acquisto della Banca Antonveneta realizzato nel 2008, una banca che in realtà non godeva di ottima salute, che presentava una perdita d’esercizio di 6 milioni di euro, una forte riduzione della clientela e dei depositi.

La Banca Antonveneta era stata acquistata nel settembre del 2007 dal Banco Santander, per 6,6 miliardi di euro al termine di estenuanti e lunghe trattative sindacali.

Il MPS appena 4 mesi dopo, decise l’acquisto della banca padovana per una cifra pari a 10,3 miliardi di euro, cioè 3,7 miliardi in più del prezzo pagato dal Banco Santander.

Non solo. In realtà sono quasi 5 i miliardi pagati in più perchè MPS non pretese anche il controllo di Interbanca, il corporate dell’istituto di Antonveneta che da solo valeva forse 1,1 miliardi di euro (se si leggono i report di Reuters dell’epoca) e che rimase, invece, nelle mani di Botin gran capo di Santander (l’uomo più influente della Spagna). Se  dunque Botin e Santander comprarono nel settembre Antonveneta per una cifra già esagerata di 6.6 miliardi era perché probabilmente  sapevano che dopo due mesi l’avrebbero rivenduta per una cifra ancora più assurda di 11.4 miliardi a MontePaschi (10.3 mld + 1.1 mld).

Già la cifra di 6,6 miliardi per l’acquisto di Antonveneta era di per sé esagerata, assurda.

La Banca Antonveneta era stimata valere circa 10 volte gli utili come tutte le banche italiane all’epoca, cioè sui 4 miliardi e rotti, ma nel  2007, MPS la pagò quasi 5 miliardi in più di quello che Santander l’aveva pagata solo 2 mesi prima. Non bisogna farsi ingannare dalla finanza pensando che sia complicata: era un assurdità evidente. O qualcosa di peggio.

Evidentemente passare per questa doppia acquisizione di Antonveneta, prima di Santander a settembre e poi di MontePaschi subito dopo a novembre, era il modo più furbo per fare due cose:

1) gonfiare il prezzo di cinque o sei miliardi perchè così si faceva apparire  che il Banco Santander, comprando lui per più di 6.6 miliardi, giustificava un prezzo già esagerato e questo consentiva di alzare ulteriormente a 10 miliardi il valore della seconda operazione (che in realtà sono più di 11 miliardi tenendo conto del fatto  che gli spagnoli si tengono Interbanca), dando l’impressione di una gara per arrivare al controllo di  Antonveneta, dove MPS e Santander sembravano come “in concorrenza”. Attraverso una acquisizione diretta, MPS non avrebbe mai potuto pagare  più di 6 , forse 7 miliardi, visto che Antonveneta veniva stimata allora valere sui 4-5 miliardi. Ma con Santander che arrivava  a pagare 6.6 miliardi, diventava possibile gonfiare ulteriormente il prezzo fino ai 10,3 miliardi. La domanda è:  Santander si prestava a pagare un prezzo già molto alto di 6.6 miliardi perchè gli era stato garantito segretamente che dopo due mesi MPS gli avrebbe comprato la banca per più di 11 miliardi?

2) far passare i soldi all’estero su Londra e farli sparire grazie a Santander che è conosciuta per operazioni del genere, per cui Botin è stato messo sotto inchiesta varie volte in Spagna, ma da cui è sempre uscito indenne dato il suo potere (Botin era anche amico stretto di Zapatero, oltre che provenire da una delle famiglie di banchieri più importanti d’Europa). In un acquisto diretto tra due banche italiane, non era facile fare uscire i miliardi dall’Italia e pagare la “tangente”, ma con l’aiuto di Santander che si faceva pagare su Londra e in Spagna , praticamente si potevano far transitare i  soldi sull’estero ed estrarre la tangente.

L’operazione è scellerata sotto ogni punto di vista. All’epoca il Monte valeva 9 miliardi. Ciononostante compra una banca grande la metà (1.000 sportelli contro i propri 2.000) per giunta dalla salute assai precaria, e la paga una cifra superiore al proprio valore. Anzi non la paga perché in cassa non c’è una lira. E’ dunque necessario un aumento di capitale, la vendita di cespiti ed altro per far cassa.

Il Monte dei Paschi indebitato (per la prima volta nella sua storia) e la Fondazione dissanguata. Mussari si impegnò a comprare per 10 miliardi una banca che per sua stessa ammissione ufficiale (Documento informativo alla B.I del 15.6.2008) ne valeva 3, senza avere una lira in cassa: l’antica cultura della cautela che aveva permesso al Monte, unica banca al mondo, di sopravvivere per oltre mezzo millennio, massacrata. Neanche 20 anni fa era la banca più solida d’Europa e la più liquida d’Italia – qualcosa come 4 o 5 miliardi di euro ai valori di oggi – la massima finanziatrice dell’interbancario (tutte le banche, anche le massime, ricorrevano ai suoi finanziamenti).

A questo punto, però sorgono degli interrogativi che dovrebbero essere posti all’ordine del giorno del nuovo Presidente, quell’Alessandro Profumo, ex Ad di Uncredit,  dal curriculum non troppo invidiabile:

– rinviato a giudizio dal Gup di Milano per frode fiscale assieme ad altre 19 persone;

– autore di una serie di acquisizioni negli anni 2000  ricordate per le perdite che la banca (soprannominata Unidebit) ha sofferto negli ultimi  anni, per le migliaia di piccoli e medi imprenditori ai quali ha venduto derivati, non solo inutili, ma anche dannosi e che hanno messo sul lastrico tante sane aziende di questo paese.

Ci si aspetterebbe dunque una presa di posizione forte da parte di Profumo :

1-      una azione legale nei confronti dei vertici dell’MPS che condussero in porto la sciagurata acquisizione di Banca Antonveneta;

2-      promuovere un’azione di responsabilità verso la Banca d’Italia perché la vigilanza dell’istituto non poteva non sapere ( all’epoca a capo della vigilanza c’era la Tarantola, oggi alla Rai, fortemente voluta da Monti ed il Governatore della Banca d’Italia era Mario Draghi oggi a capo della BCE);

3-      promuovere un’azione di responsabilità nei confronti della Fondazione per aver acconsentito alla distruzione progressiva del patrimonio della banca;

4-      valutare le responsabilità dell’allora Primo Ministro Romano Prodi che avallò l’operazione Antonveneta, anche lui come Monti e Draghi proveniente dalla galassia Goldman Sachs;

5-      rendere pubblico il rapporto tra MPS e Santander per aiutarci a capire dove sono finiti i miliardi spesi per l’acquisto di Antonveneta;

6-      porre all’evidenza della magistratura tutte le informazioni riguardanti le operazioni in derivati poste in essere da MPS (denominate Santorini, Alexandria,Nota Italiana,..) per sanare perdite di bilancio.

Riguardo questo punto è bene chiarire che tutto origina dalla volontà di MPS di non iscrivere in bilancio perdite derivanti da operazioni di tipo speculativo risalenti al 2002 e 2006 ( Alexandria e Santorini).

Il management decise allora di comprare BTP con scadenza 2037 da Deutsche Bank e Nomura per spostare le perdite su contratti pronti contro termine sui titoli di Stato acquistati, facendo sembrare le perdite collegate all’attività tradizionale della banca.

Nel 2009-2010 l’istituto compie però un altro errore e stipula derivati di tasso su gran parte dei titoli di Stato in portafoglio (compresi quelli trentennali di cui sopra). In pratica, trasforma gran parte del portafoglio a tasso fisso in tasso variabile. Questo la porta a ulteriori perdite, con la rinuncia alle cedole sui titoli. In questo modo 25 miliardi di euro di titoli di Stato finiscono per non rendere oggi quasi nulla. Con lo swap siglato, infatti, il valore medio delle cedole del 4,2% va alle banche d’affari.

Di fatto la banca si comporta come un Hedge Fund, realizzando operazioni speculative ed in derivati perlomeno stravaganti, senza gran senso logico,  che nel 2011 arrivano a 38 miliardi di euro, senza che alcuno in seno alla banca muova nessuna obiezione.

Una conclusiva osservazione va fatta  al tempismo con cui il Premier Monti ha da subito messo a disposizione della Banca MPS la possibilità di ottenere un prestito convertibile al tasso del 9% per un ammontare complessivo di 3,9 miliardi di euro.

I motivi cha hanno spinto Monti a destinare queste risorse economiche all’ennesimo salvataggio di Stato di banche in difficoltà, stride con la pochezza di finanziamenti e  di strumenti che lo stesso Governo ha disposto a favore delle migliaia di piccole e medie imprese che in Italia costituiscono l’ossatura dell’economia reale, nei cui confronti la crisi del credito e la spaventosa tassazione stanno determinando la scomparsa ed il fallimento del modello industriale italiano.

Questi soldi sono una fetta consistente delle tasse  che milioni di italiani hanno pagato come IMU e Mario Monti senza battere ciglio ha coperto il buco del Montepaschi senza domandare quasi nulla in cambio.
In questo modo si evita un aumento di capitale mostruoso fatto magari a 0,05 euro che azzererebbe il capitale della Fondazione con conseguente perdita di controllo della gestione della banca….forse Monti ha voluto fare un piacere al PD mantenendo la Fondazione con una quota rilevante?

Alla magistratura l’onere di trovare le tante risposte che questa vicenda ha sollevato.

di Stefano Di Francesco www.ioamolitalia.it