30 genn – ”Israele mantiene la massima vigilanza di fronte alle attivita’ regionali dell’Iran e segue con attenzione la sorte degli arsenali di armi mortali in Siria, un Paese che va spaccandosi”.
Nei giorni scorsi, aprendo la seduta settimanale del Consiglio dei ministri il premier israeliano Benyamin Netanyahu aveva sciolto le riserve, lanciando l’ennesimo messaggio alla comunita’ internazionale.
Lo aveva fatto alla vigilia delle indiscrezioni trapelate dal suo vice, Silvan Shalom, a proposito di una riunione a porte chiuse tenuta dai vertici della sicurezza nazionale pochi giorni dopo l’esito delle legislative.
Una consultazione lampo, durante la quale i fedelissimi di Netanyahu avevano discusso per la prima volta l’apertura di un’ondata di raid preventivi volti ad impedire che gli arsenali chimico-batteriologi siriani – i piu’ grandi dell’intera regione – potessero finire nelle mani delle milizie sciite libanesi di Hezbollah o di gruppi legati ad al Qaeda.
E oggi, i raid, sono arrivati nel consueto format adottato dalla Tzahal (come nello Stato ebraico chiamano l’Israel Defense Forces): lampo. In un lampo Israele e’ scesa in campo in prima linea nel conflitto che da oltre 22 mesi devasta il popolo siriano. I suoi caccia hanno bombardato un convoglio di armi al confine con il Libano, calcando perfettamente la linea intrapresa di recente nel corso dell’operazione ‘Pilastro della Difesa’ condotta nei confronti delle cellulte terroristiche di Hamas.
”Le forze aeree di Tel Aviv hanno fatto saltare in aria un convoglio che aveva appena attraversato il confine dalla Siria verso il Libano”, ha spiegato una fonte parlando a condizione di anonimato, viste le delicate dimensioni della questione. Una seconda voce, proveniente da ambienti della sicurezza, ha tuttavia precisato che ”l’obiettivo, colpito intorno a mezzanotte, al momento dell’attaco si trovava ancora nel territorio siriano”.
Entrambe le fonti hanno inoltre registrato un ”alto livello”, tanto che ”inusuale”, di attivita’ dell’aviazione israeliana nello spazio aereo libanese negli ultimi due giorni”. L’esercito di Beirut ha confermato la notizia: ”Dalle 8:30 di ieri alle 2 notturne di mercoledi’ diversi aerei da guerra di Israele sono entrati per almeno 16 volte nello spazio aereo libanese”. ”Ogni giorno ci sono sorvoli israeliani, ma ieri erano molto piu’ intensi del solito”, ha puntualizzato, poi, una terza fonte alla France Presse.
L’attacco, prontamente smentito dalle autorita’ governate da Michel Suleiman e snobbato dai media ufficiali di Damasco, rischia ora di aprire una nuova spaccatura in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, gia’ profondamente diviso dall’ostruzionismo manifestato a piu’ riprese da Pechino e Mosca.
Una divisione che oggi ha costretto lo stesso inviato speciale di Onu e Lega araba, Lakhdar Brahimi, a ricordare a Washington e Bruxelles che non ha intenzione di mollare il proprio incarico, ma che al contempo i Quindici hanno l’obbligo di esercitare una pressione piu’ considerevole verso l’esecutivo di Bashar al-Assad.
E una divisione, per questo, alla quale Israele aveva cercato di ovviare gia’ la scorsa settimana, quando il premier Benjamin Netanyahu, ricevendo l’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele Dan Shapiro e invitando in Russia il proprio consigliere per la sicurezza nazionale Yaakov Amidror, si era impegnata in una serie di consultazioni serrate per valutare la situazione in Siria e, un particolare, il pericolo che i suoi arsenali di armi chimiche potessero cadere nelle mani di forze ribelli.
Il preludio ad un attacco era giunto infine con la dislocazione di batterie di missili anti-aerei ‘Iron Dome’ (Cupola di ferro), nel contesto delle misure di allerta anti-siriane, dopo che il sito Ynet aveva sostenuto che gli Hezbollah hanno creato accampamenti proprio accanto a basi del regime dove sono custoditi gli arsenali di armi non convenzionali. asca