Un po’ di frasi in siciliano, accompagnate da uno scherzoso «Traduci questo!» in direzione della traduttrice al suo fianco sul palco della Sala Grande, un fiero «Sono italiano, per la miseria!», e una visibile emozione che lo ha costretto a fermarsi nel mezzo del suo discorso di ringraziamento («Ho dimenticato le mie battute!») per dare un’occhiata veloce agli appunti.
Sono stati fra i momenti più apprezzati dal pubblico della cerimonia con cui Al Pacino è stato insignito del premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker della 68° edizione della Mostra internazionale di Arte cinematografica di Venezia, seguita dalla proiezione ufficiale del suo ultimo documentario Wilde Salome, già visto e apprezzato nella serata di ieri dai giornalisti.
«Sono un attore, quando sono su un palco è difficile farmi andare via!» ha esordito l’attore statunitense, dopo avere ringraziato Jessica Chastain, protagonista del documentario nel ruolo di Salomè, «per il migliore discorso che potessi avere, e per aver partecipato al mio film».
Parlando della sua carriera, Pacino ha ricordato come quella da regista sia un’esperienza relativamente recente: «Prima ero solo attore, da 25 anni invece sono innamorato anche dell’arte di fare film. In questi anni ho fatto vari “esperimenti”, che in genere tengo per me, ma qualcuno mi sfugge e arriva al pubblico, come Riccardo III-Un uomo, un re e Wilde Salome.
E in merito a questo suo ultimo lavoro, Pacino lo ha presentato come «un film molto personale a cui ho lavorato, con delle pause, per cinque anni».
Luca Balduzzi