13 dic. – La mafia come sempre e’ stata una macchina infernale dell’orrore. Le indagini della Dia su un delitto vecchio di 30 anni e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia scrivono l’ennesima pagina di una storia sanguinosa e crudele, inumana si potrebbe dire, che conduce alle porte di Palermo, nel podere di Fondo de Castro, dove sono stati trovati i forni crematori della mafia: qui venivano inceneriti i resti dei ‘nemici’ di Cosa nostra dopo essere stati spesso sciolti nell’acido.
Uno di questi era il maresciallo Calogero Di Bona, vicecomandante degli agenti di custodia del carcere Ucciardone, ucciso e bruciato nell’estate del 1979: grazie alle indagini della Dia oggi si conoscono piu’ compiutamente i responsabili del delitto. Quel podere appartiene a Salvatore Liga, detto “Tatuneddu”, che sin dagli anni ’70 ha svolto anche il ruolo di ‘becchino’ dell’organizzazione criminale, arrestato dalla Dia nel marzo del ’93, fedelissimo di Rosario Riccobono, 83 anni, allora capo del mandamento mafioso di Tommaso Natale che all’epoca si estendeva sino al carcere dell’Ucciardone.
L’ex erede di Bernardo Provenzano, Salvatore Lo Piccolo, e lo stesso Liga, sono ritenuti gli autori del sequestro e dell’omicidio premeditato. Un pentito ha raccontato come Di Bona venne strangolato e il suo cadavere “arso su una graticola” secondo un “rituale” abituale.
Gli uomini della Dia hanno individuato e immortalato in alcune foto il casolare, “luogo di incontri mafiosi, dove sono state uccise decine di persone”, affermano gli investigatori, ma soprattutto i forni degli orrori: utilizzati per la produzione del pane, ma anche per annientare uomini. (AGI) .