7 nov. – Un genitore non puo’ mai ricorrere alla forza per imporre l’educazione ai propri figli, altrimenti rischia una condanna per violenza privata.
Lo si evince da una sentenza con cui la Cassazione ha confermato la condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Bari a un uomo che aveva costretto con la forza, trascinandola letteralmente per parecchi metri, la figlia minorenne a seguirlo presso l’abitazione del nonno paterno. L’obiettivo, aveva spiegato il padre, era quello di indurre la minore a scusarsi col nonno, nei confronti del quale aveva tenuto alcuni giorni prima un comportamento insolente.
La Suprema Corte (quinta sezione penale, sentenza numero 42962 depositata oggi) ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato sostenendo che “lo ius corrigendi” deve sempre “concretarsi in modalita’ lecite e rispettose della personalita’ del minore”. I giudici di piazza Cavour hanno dunque condiviso le motivazioni della corte d’appello pugliese rilevando che “quali che fossero le finalita’ educative” perseguite dal padre, “il diritto genitoriale non poteva estendersi fino a farvi rientrare l’uso gratuito della violenza”.
Giustamente, inoltre, si legge nella sentenza, i giudici del merito avevano accennato alla condizione dell’imputato, “genitore separato dalla moglie e non affidatario della minore”: anche sotto tale profilo, “il dirottamento della figlia dal normale percorso dalla scuola alla casa d’abitazione – rileva la Cassazione – aveva integrato una violazione di legge”. agi