Ammonta complessivamente a 9 milioni di shekel (2,3 milioni di dollari) la bolletta dell’acqua della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme che la società Hagihon, l’ente privatizzato che gestisce l’acqua potabile della città da quindici anni, ha presentato al Patriarcato greco-ortodosso, che si occupa dell’amministrazione dell’edificio, pretendendo tutti i pagamenti che sta aspettando da otto anni.
Una bolletta che il Patriarcato si è da sempre rifiutato di pagare, invocando l’esenzione che era stata concessa alla Basilica fin dagli anni dell’Impero ottomano. Una condizione privilegiata confermata successivamente sia dal Mandato Britannico della Palestina fra il 1920 e il 1948, che dalle autorità giordane che hanno mantenuto il controllo di Gerusalemme est fino alla Guerra dei sei giorni del 1967. Uno status che Israele di fatto non ha mai revocato, ma neanche confermato ufficialmente.
Il passaggio di Hagihon alle vie legali ha mandato su tutte le furie il Patriarca greco-ortodosso Teofilo III, che ha risposto con una lettera durissima inviata al Capo dello Stato Shimon Peres e al Primo Ministro Benjamin Netanyahu, chiedendo il rispetto delle prerogative per i Luoghi santi di Gerusalemme. La stessa missiva sarebbe stata spedita anche al Presidente Russo Vladimir Putin, in quanto guida di un paese ortodosso, e a quello degli Stati Uniti Barack Obama.
La vicenda, però, non finisce qui, perché Teofilo III ha anche minacciato di chiudere la Basilica come gesto di protesta. Una eventualità a cui difficilmente si riuscirà ad arrivare nei fatti, considerando lo status quo che regola l’attività all’interno del Santo Sepolcro: una decisione in tale senso richiederebbe, infatti, una condivisione anche da parte dei fedeli di rito latino (rappresentati dai frati della Custodia di Terra Santa), degli armeni e dei copti.
La Basilica del Santo Sepolcro è uno fra i luoghi più frequentati della Città vecchia di Gerusalemme, con più di un milione di visitatori ogni l’anno. Se la vicenda non verrà gestita con la dovuta attenzione, rischia di innescare una crisi internazionale al pari delle questioni politiche.
Luca Balduzzi