MILANO, 19 Ott – Sostenevo da anni che il carico fiscale e contributivo complessivo nel nostro paese per gli onesti superasse il 70%, e passavo per matto … Ora infuria la lotteria su quanto incidano gli oneri fiscali in Italia: fonti governative sostengono circa il 45% senza il costo contributivo, altri quasi il 70%, inclusi i contributi (escludendo però ancora l’IRAP) …. ma nessuno considera come la percentuale residua venga poi destinata all’acquisto di beni già pesantemente gravati (e resi più costosi) da tasse, come la benzina. Il nostro è poi l’unico paese del mondo civile ad applicare (di fatto) imposte su imposte, a tassare anche retroattivamente, e che in materia fiscale ignori i suoi impegni e gli accordi presi coi contribuenti. Per non parlare della entità di multe e sanzioni, assolutamente fuori dalla logica di altri paesi europei o cosiddetti progrediti.
Oltre al mantenimento dei servizi essenziali di uno stato che sempre meno si dovrebbe definire “sociale”, perché dedica risorse decrescenti a coloro cui dovrebbero essere indirizzate, come vengono utilizzati i proventi di questa fiscalità oppressiva? Dove va a finire questo fiume di denaro? Le direzioni sono due: il pagamento degli interessi sul debito pubblico (ormai a maggioranza dovuto a investitori/banche straniere) ed i costi collegabili all’attività politica di chi vive una vita parassitaria agiata alle spalle delle masse di lavoratori e pensionati, sfruttati dal sistema…
Non sto discutendo dello stipendio dei parlamentari, di cui in tanti chiedono da anni la riduzione senza risultati, perché gli unici che potrebbero farlo sono gli interessati stessi, che messisi per lo più in politica non per ideali ma per incassare stipendi e prebende, promettono di farlo, ma poi abilmente rinviano la decisione ad un futuro sempre meno probabile: gli stipendi dei parlamentari rappresentano infatti solo la punta dell’iceberg, ed una piccola percentuale dei veri oneri della politica in Italia. … Sto parlando di tutti i costi connessi alla politica, delle infinite spese collegabili a parlamentari, consiglieri regionali o ad altri eletti, ai costi assurdi e male allocati di mantenimento dei due rami del parlamento e dei consigli regionali, di province e piccoli comuni che potrebbero/dovrebbero come minimo essere accorpati, e che prescindono dai gettoni di presenza degli eletti, o dagli stipendi di sindaci ed assessori. Parlo di una burocrazia che si rigenera per creare costi, impieghi ed enti inutili, e soprattutto del sottobosco di commissioni, enti e consulenze salatissime con le quali troppe amministrazioni di ogni livello ricompensano il sistema clientelare di amici e fiancheggiatori. Abbiamo poi visto tutti proprio nei giorni scorsi come questa selva di politici ed il loro sottobosco, non contenti della distorsione “legale” del sistema Italia a vantaggio loro, si consideri casta superiore ad ogni legge e morale, e non esiti ormai ad appropriarsi senza motivazioni o giustificazioni di sorta di qualsivoglia denaro (pubblico o meno) su cui possano porre mano.
La gente comune del nostro paese è quindi schiacciata fra l’esigenza dello stato di pagare interessi (perlopiù a banche ed istituzioni straniere) su un debito pubblico cresciuto a dismisura per gli sprechi di una mal politica ed il costo del signoraggio bancario della moneta, e gli oneri di una politica ormai diventata casta che, aldilà del teatrino degli opposti schieramenti, ritiene di potersi auto perpetuare comprando consensi e rimbecillendo gli italiani con il battage di una informazione succube.
Il governo Monti, nato dal commissariamento del nostro potere esecutivo da parte di un’Europa preoccupata di assicurare la solvibilità del nostro debito pubblico e dei suoi interessi, non ha purtroppo avuto la forza o la capacità di imporsi a ai partiti ed al loro sottobosco: i conclamati tagli previsti, anziché sulla spesa pubblica più inutile e clientelare, sono gravati solo sulle spalle dei comuni cittadini, cui sono stati spesso tolti anche benefici essenziali: la crescita del debito pubblico è stata poi contenuta da ulteriori aumenti della tassazione, arrivata a livelli tali da scoraggiare o addirittura stroncare ogni attività produttrice di reddito e rilanciare il sommerso, con effetti recessivi sull’economia ben maggiori di quanto evidenziato da dati sul PIL e dalle statistiche ufficiali.
Nel nostro paese è in atto un massiccio rastrellamento di tutta la ricchezza accumulata dal dopoguerra, ed anche se solo occasionalmente evidenziato dai media, disoccupazione, povertà e disperazione iniziano a dilagare ovunque, anche in regioni del nord fino a ieri prospere …
Da ragazzino negli anni’70 ero un democristiano ferocemente anticomunista, che amava definirsi conservatore … parola spiegata da Giuseppe Prezzolini, con il suo: “Difendere il bene, combattere il male, cercare il meglio”… Le mie idee sarebbero sempre quelle, ma sono i tempi e le persone ad essermi completamente cambiate attorno: giovani senza speranza, gente comune che subisce (ben più di allora) di tutto, con politica e banche diventati poli di un sistema di oligarchia oppressiva. Nell’organizzazione della società italiana attuale il bene di cui parlava Prezzolini, che comprende quello comune, è stato eradicato e non ha più spazio, se non nell’ambito di tante famiglie e nei nostri cuori. Non cercherò quindi neppure di parafrasare Lenin, ponendo la domanda: CHE FARE?
Che fare? Anzitutto … smettere di crearci illusioni, credendo alle ennesime panzane dell’ultimo politico di turno. Va compreso che il sistema è ormai marcio dalle sue radici, che dobbiamo voltare completamente pagina, e che (se lo faremo in fretta) abbiamo ancora degli strumenti per cambiarlo.
Il nostro modello italiano nasce dalla Costituzione italiana del 1947: il ventennio fascista era appena terminato con i lutti della seconda guerra mondiale e di una guerra civile, ed i partiti che elaborarono la Costituzione intendevano garantire, con le libertà individuali, una serie di diritti economici e sociali, e che mai un potere esecutivo potesse tornare ad essere così forte da riportare il paese sulla via di un totalitarismo. Fra le varie forme di democrazia possibile, si optò per una forma di governo parlamentare, con separazione ed equilibrio dei poteri fra legislativo, esecutivo e giudiziario.
Finché i politici della nostra Italia sono stati simili alla gente che rappresentavano ed a padri fondatori (De Gasperi, Nenni, ecc.) che certo non erano mossi da motivazioni pecuniarie, la nostra Costituzione si è mantenuta di grande attualità, poi… la politica è marcita, con maggioranza ed opposizione che dietro il teatrino delle loro polemiche su temi minori nascondevano la difesa di casta dei loro interessi di potere ed economici, mentre diversi magistrati iniziavano a muoversi per interessi di loro correnti politicizzate, divenuti spesso di carriera, ed interessi di ogni genere si sono parzialmente frammisti anche a quel mondo. I giornali hanno perso autonomia di giudizio, perché la loro sopravvivenza è determinata dai contributi pubblici procurati dal potere politico. Le decisioni della casta politica, prese senza consultazione popolare, hanno portato ad un passaggio sostanziale dei poteri dello Stato ad una Europa governata da banchieri e finanzieri, che non riflette certamente quella sognata da Robert Schumann, Alcide de Gasperi e Konrad Adenauer. Questo passaggio di poteri, che stravolge l’essenza del nostro Stato, è stato effettuato senza dubbi di carattere costituzionale, e soprattutto senza alcuna consultazione popolare. La frammentazione dei vari poteri dello stato, la trasformazione dei partiti in sistemi di interesse economico rapace e l’assenza di una stampa veramente indipendente non hanno permesso alcuna difesa alla degenerazione del nostro paese. Le caste dei politici e dei banchieri, nostri ed europei, si sono infine alleate nella difesa dei reciproci interessi in un sistema basato sullo sfruttamento fiscale della nostra popolazione: sono crollati i consumi e la nostra economia è precipitata in quella recessione ove la stava spingendo una globalizzazione liberistica selvaggia, che aveva costretto le nostre aziende a concorrere alla pari e senza regole con altre di paesi che producono senza gli enormi costi connessi al giusto rispetto per l’ambiente e per la dignità dei lavoratori.
Anche se la Costituzione del ’47 aveva servito per decenni ai suoi scopi, è stata travolta dai cambiamenti rapidissimi degli ultimi venti anni, ed ormai viene spesso ignorata e disattesa: è tardi anche per inserirvi maggiori meccanismi di tutela di stabilità governativa, e contro le degenerazioni del parlamentarismo… il sistema è ormai completamente marcio, e la situazione ed il contesto del nostro paese sono radicalmente cambiati.
Qualunque governo che cerchi di “mettere delle pezze” a settori dell’economia, della finanza, della fiscalità, della morale pubblica, del vivere civile, aldilà delle sue possibili buone intenzioni … non sortirà effetti sostanziali e duraturi, né potrà rovesciare la tendenza economica negativa del nostro paese. Tutto è infatti degenerato, salvo quell’insieme di valori derivanti da una cultura comune, e quella esigenza di giustizia che la maggioranza di noi italiani ancora porta nel cuore. DOBBIAMO QUINDI VOLTARE PAGINA, azzerare tutto, per riscrivere completamente le regole del nostro sistema paese, e per farlo è bene partire da una nuova Costituzione che (come quella del ’47) rifletta le emergenze ed i tempi che viviamo.
Per fare fronte alle esigenze del nuovo millennio, dobbiamo rielaborare il nostro modello di democrazia. Il processo democratico di decisione e scelta può attuarsi senza l’uso di matite copiative in obsoleti (e costosi) seggi elettorali, ma utilizzando moderni strumenti informatici di comunicazione. La decisioni devono tornare nelle mani degli eletti alla guida del paese, che devono attuarle nel modo più lineare ed efficiente possibile, senza intralci di sorta, salvo essere poi rimossi dal voto dell’elettorato.
Partendo dall’alto, tutto il sistema va semplificato e sburocratizzato: solo se proprio necessario mantenerli, vanno ridotti all’osso consigli, assemblee e comitati, affinché i partecipanti invece di polemizzare si occupino in modo incisivo della risoluzione di problemi e del bene comune. Lo Stato deve ridefinire i suoi compiti, smettendo di interferire nelle nostre vite in troppe aree che non gli competerebbero. L’amministrazione pubblica, ad ogni livello, deve svolgere con competenza, celerità ed efficacia le sue mansioni. Tagliate le spese della politica e del suo sottobosco, ed ogni genere di spesa inutile o clientelare, vi saranno i margini per nuove logiche di semplificazione del sistema fiscale, che ne riducano sostanzialmente l’onere per la cittadinanza.
Pier Luigi Priori