Monti stesso ha certificato che l’Italia di prima andava bene

28 agosto – In barba a ogni evidenza, Monti, Corrado Passera ed Elsa Fornero ci dicono che ADESSO l’Italia va bene.
Invece prima? Per gli smemorati come me, serve ribadire che non è vero che l’Italia andava malissimo. 
l’Italia è stata mandata a picco dallo “spread”, leggasi speculazione, ovvero banche e finanzieri. Tolto il debito pubblico, la nave Italia andava, non era in recessione. Cito:
UNA FONTE AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO: MONTI STESSO

 Al Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2011 Monti ha presentato la Relazione generale sulla situazione economica del Paese per il 2010,[1] in cui fra le altre cose c’è scritto che:

            Dopo le contrazioni dei due anni precedenti, nel 2010 l’economia italiana è tornata a crescere (anche se il ritmo di sviluppo è stato contenuto). Nella media dell’anno il prodotto interno lordo è  aumentato dell’1,3 per cento. Il miglioramento dell’attività economica ha riguardato gran parte dei comparti produttivi.

            Il mercato del lavoro ha beneficiato in misura limitata dei segnali di miglioramento dell’economia, con conseguente riduzione dell’occupazione, anche se si è registrato un miglioramento rispetto al 2008-     2009. Il tasso di disoccupazione complessivo si è portato all’8,4 per cento, in aumento di sei decimi  di punto rispetto al 2009, mantenendosi più contenuto rispetto alla media dell’area dell’euro.     L’inflazione, misurata in base all’indice armonizzato a livello europeo, è cresciuta dell’1,6%, in linea con quello medio dell’area dell’euro.”

E il debito? Si è ridotto:

            “Per quanto riguarda il bilancio pubblico, l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche si è  attestato al 4,6 per cento del PIL, con una riduzione di quasi un punto percentuale rispetto al risultato  del 2009 (5,4 per cento in rapporto al PIL) e in lieve miglioramento in confronto alle previsioni contenute nella Decisione di finanza pubblica del settembre 2010. Il saldo primario è risultato in  sostanziale pareggio. Il debito pubblico ha raggiunto il 119% del PIL, in aumento di quasi tre punti percentuali rispetto al 2009, ma con un incremento inferiore di quasi tre punti percentuali rispetto alla media dell’area dell’euro

 

            Questo era il 2010, si dirà. Ma anche il 2011 è stato positivo. È certificato che alla data di fine estate  2011 i numeri dell’economia italiana erano tutt’altro che malvagi. Gli ultimi dati riferiti al prima-del-governo-tecnico sono usciti in gennaio 2012, e si riferiscono al 3° trimestre 2011:  l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è risultato inferiore di 0,8 punti percentuali rispetto a quello registrato nello stesso trimestre del 2010, e per tutti i primi nove mesi del 2011  il rapporto indebitamento netto/Pil era stato inferiore di 0,3 punti percentuali rispetto all’anno prima.

            Anche le previsioni per il futuro, appena prima della nomina del governo dei tecnocrati, erano positive. Considerando i conti pubblici in sé, senza cioè gli interessi da pagare sul debito, le proiezioni erano che nel 2012 la Francia avrebbe avuto un disavanzo pari al 2,4% del Prodotto interno lordo, mentre in Italia era previsto un avanzo del 2%. Meno della Germania? Macché. La previsione era addirittura superiore rispetto all’avanzo sperato per la Germania e stimato al solo 1,4%.  Lo avevano scritto, fra gli altri, in un articolo del 1 settembre 2011, Alesina e Giavazzi, in prima pagina sul Corriere della Sera. Il titolo “Purché non sia tutto inutile”, richiamava il fatto che già allora il governo italiano su richiesta di Bruxelles aveva fatto ben DUE provvedimenti, costituitda da tagli durissimi, che nessun altro Paese aveva fatto.[2]  Adesso, scrivevano i due economisti, era ora di pensare alla crescita, altrimenti i sacrifici già fatti sarebbero stati vanificati.

Abbiamo visto come è andata a finire: invece che passare ai provvedimenti per la crescita, il Paese è stato ghermito dalle notizie terrorizzanti sul debito, tutti abbiamo imparato la parola spread e in quattro e quattr’otto, con il pretesto di dover far fronte all’emergenza (creata ad arte dall’élite per mano degli speculatori),[3] ci siamo ritrovati con un governo di professori e banchieri, non-eletto ma nominato su iniziativa individuale del Presidente della Repubblica[4]  [un Presidente particolare, Giorgio Napolitano, che i cattolici avrebbero tutti i motivi di tenere in sospetto, non fosse altro che per il suo intervento per bloccare il decreto che nel dicembre 2008 avrebbe salvato la vita di Eluana Englaro].


[4] il quale anche nel messaggio di capodanno ha ricordato al Paese la sua antica e orgogliosa militanza nel Partito comunista.

 

OGGI: http://www.liberoquotidiano.it/news/1068482/Il-pil-conferma-le-tasse-di-Monti–ci-riducono-peggio-della-Spagna.html

14 agosto 2012                       

Ancora una brutta notizia sul fronte economico, ancora dei dati che ci offrono la fotografia di un paese allo stallo nel secondo trimestre del 2012, un Paese schiacciato dalle tasse e che non riesce a crescere.. Secondo la stima flash di Eurostat, il Pil euro nell’Eurozona è calato dello 0,2% rispetto al primo trimestre ed è sceso dello 0,4% rispetto al corrispondente trimestre del 2011. Per l’Italia la stima  è di -0,7% congiunturale e di -2,5% tendenziale. Per la Germania +0,3% e +1%, per la Francia +0% e +0,3%. Tra i 17 paesi dell’area euro, solo Grecia (-6,2%) e Portogallo (-3,3%) hanno fatto peggio dell’Italia. 

e se lo dice l’Eurostat, significa che i dati veri sono MOLTO peggiori…

Alessandra Nucci

In barba a ogni evidenza, Monti, Corrado Passera ed Elsa Fornero ci dicono che ADESSO l’Italia va bene.
Invece prima? Per gli smemorati come me, serve ribadire che non è vero che l’Italia andava malissimo. 
l’Italia è stata mandata a picco dallo “spread”, leggasi speculazione, ovvero banche e finanzieri. Tolto il debito pubblico, la nave Italia andava, non era in recessione. Cito:
UNA FONTE AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO: MONTI STESSO

 

Al Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2011 Monti ha presentato la Relazione generale sulla situazione economica del Paese per il 2010,[1] in cui fra le altre cose c’è scritto che:

            Dopo le contrazioni dei due anni precedenti, nel 2010 l’economia italiana è tornata a crescere (anche se il ritmo di sviluppo è stato contenuto). Nella media dell’anno il prodotto interno lordo è  aumentato dell’1,3 per cento. Il miglioramento dell’attività economica ha riguardato gran parte dei comparti produttivi.

            Il mercato del lavoro ha beneficiato in misura limitata dei segnali di miglioramento dell’economia, con conseguente riduzione dell’occupazione, anche se si è registrato un miglioramento rispetto al 2008-     2009. Il tasso di disoccupazione complessivo si è portato all’8,4 per cento, in aumento di sei decimi  di punto rispetto al 2009, mantenendosi più contenuto rispetto alla media dell’area dell’euro.     L’inflazione, misurata in base all’indice armonizzato a livello europeo, è cresciuta dell’1,6%, in linea con quello medio dell’area dell’euro.”

   

E il debito? Si è ridotto:

            “Per quanto riguarda il bilancio pubblico, l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche si è  attestato al 4,6 per cento del PIL, con una riduzione di quasi un punto percentuale rispetto al risultato  del 2009 (5,4 per cento in rapporto al PIL) e in lieve miglioramento in confronto alle previsioni contenute nella Decisione di finanza pubblica del settembre 2010. Il saldo primario è risultato in  sostanziale pareggio. Il debito pubblico ha raggiunto il 119% del PIL, in aumento di quasi tre punti percentuali rispetto al 2009, ma con un incremento inferiore di quasi tre punti percentuali rispetto alla media dell’area dell’euro

 

            Questo era il 2010, si dirà. Ma anche il 2011 è stato positivo. È certificato che alla data di fine estate  2011 i numeri dell’economia italiana erano tutt’altro che malvagi. Gli ultimi dati riferiti al prima-del-governo-tecnico sono usciti in gennaio 2012, e si riferiscono al 3° trimestre 2011:  l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è risultato inferiore di 0,8 punti percentuali rispetto a quello registrato nello stesso trimestre del 2010, e per tutti i primi nove mesi del 2011  il rapporto indebitamento netto/Pil era stato inferiore di 0,3 punti percentuali rispetto all’anno prima.

            Anche le previsioni per il futuro, appena prima della nomina del governo dei tecnocrati, erano positive. Considerando i conti pubblici in sé, senza cioè gli interessi da pagare sul debito, le proiezioni erano che nel 2012 la Francia avrebbe avuto un disavanzo pari al 2,4% del Prodotto interno lordo, mentre in Italia era previsto un avanzo del 2%. Meno della Germania? Macché. La previsione era addirittura superiore rispetto all’avanzo sperato per la Germania e stimato al solo 1,4%.  Lo avevano scritto, fra gli altri, in un articolo del 1 settembre 2011, Alesina e Giavazzi, in prima pagina sul Corriere della Sera. Il titolo “Purché non sia tutto inutile”, richiamava il fatto che già allora il governo italiano su richiesta di Bruxelles aveva fatto ben DUE provvedimenti, costituitda da tagli durissimi, che nessun altro Paese aveva fatto.[2] Adesso, scrivevano i due economisti, era ora di pensare alla crescita, altrimenti i sacrifici già fatti sarebbero stati vanificati.

         Abbiamo visto come è andata a finire: invece che passare ai provvedimenti per la crescita, il Paese è stato ghermito dalle notizie terrorizzanti sul debito, tutti abbiamo imparato la parola spread e in quattro e quattr’otto, con il pretesto di dover far fronte all’emergenza (creata ad arte dall’élite per mano degli speculatori),[3] ci siamo ritrovati con un governo di professori e banchieri, non-eletto ma nominato su iniziativa individuale del Presidente della Repubblica[4]  [un Presidente particolare, Giorgio Napolitano, che i cattolici avrebbero tutti i motivi di tenere in sospetto, non fosse altro che per il suo intervento per bloccare il decreto che nel dicembre 2008 avrebbe salvato la vita di Eluana Englaro].


[4] il quale anche nel messaggio di capodanno ha ricordato al Paese la sua antica e orgogliosa militanza nel Partito comunista.