Fabiana Chiarappa travolta e uccisa da auto che non si ferma: arrestato prete

Fabiana Chiarappa

Omicidio stradale, aggravato dalla fuga e dall’omissione di soccorso. Sono le pesanti accuse per le quali è stato arrestato don Nicola d’Onghia, sacerdote di Turi, in provincia di Bari

Secondo l’accusa l’uomo il 2 aprile scorso ha investito e ucciso Fabiana Chiarappa, 32 anni e soccorritrice del 118, senza fermarsi a prestare soccorso. Inoltre, dalle indagini è emerso che 11 secondo prima dell’impatto, il religioso stava usando il telefono.

L’incidente è avvenuto sulla strada provinciale Turi-Putignano. Fabiana Chiarappa percorreva la strada in motocicletta quando è stata sbalzata contro un muretto a secco. Secondo quanto emerso finora, dopo essere caduta con la moto la donna era ancora viva ma sarebbe stata travolta dalla Fiat Bravo guidata da don Nicola. Da quanto emerso dall’autopsia, la 32enne sarebbe morta perché colpita alla testa dall’auto, e trascinata sull’asfalto per alcuni metri.

“Il sacerdote era al telefono 11 secondi prima dell’incidente”

L’incidente sarebbe avvenuto intorno alle 20.28. E il parroco, verso le 20.30, poco dopo aver sentito il rumore, si sarebbe fermato in una stazione di servizio per controllare eventuali danni all’auto, prima di rimettersi in macchina e tornare verso casa.

È stato il parroco stesso ad andare dai carabinieri il giorno dopo. Ha detto di aver appreso dell’incidente dalla stampa e per questo, dopo aver consultato i propri legali, ha deciso di raccontare tutto. Ha detto che, mentre percorreva quella strada al volante della sua Fiat Bravo, aveva avvertito un rumore provenire dal pianale dell’auto ma non si era accorto né della moto né della ragazza. Dagli accertamenti svolti sull’auto, è emersa la presenza di tracce di sangue. Secondo le indagini, il prete fino a 11 secondi prima dell’impatto stava utilizzando il cellulare.

A eseguire l’ordinanza che dispone i domiciliari, sono stati i carabinieri. La misura cautelare è stata disposta dal tribunale di Bari per “pericolo sia di inquinamento probatorio sia di reiterazione dei reati”, si legge in una nota.
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