Comunicato Stampa Tutela Minori – Vittimizzazione secondaria ed Alienazione istituzionale al Consultorio Familiare di Mogliano Veneto (TV)
Il piccolo M. ancora vittima indifesa delle istituzioni.
Dopo 3 anni senza alcun contatto con madre e nonni, M. ha riabbracciato la famiglia materna il 15 gennaio scorso. Ma ora gli operatori del Consultorio familiare di Mogliano Veneto cercano di separarli nuovamente!
Allontanato da una mamma amorevole all’età di soli 7 anni sulla base della ascientifica teoria della PAS e collocato in una struttura comunitaria per circa un anno, all’interno della quale – sulla base di relazioni inveritiere degli operatori sociali romani – gli sono stati inibiti tutti i contatti con la famiglia materna in cui era cresciuto, il piccolo M. è attualmente collocato presso il padre nella provincia trevigiana, a cui è stato pure affidato in via esclusiva dal Tribunale per i Minorenni di Roma; quel padre da cui Laura R. si separò nel 2014 a causa degli agiti violenti mostrati dall’uomo nei suoi confronti.
“Un padre violento non può essere un buon genitore”, queste le parole forti e chiare pronunciate recentemente dal dott. Fabio Roia, Presidente del Tribunale di Milano. Ed un padre che ha fatto strappare il proprio figlio dalle braccia di una madre amorevole solo per consumare un femminicidio in vita non può che essere considerato un uomo violento! Non è un caso, infatti, che la vicenda di Laura R. e suo figlio M. sia stata presa in carico dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul Femminicidio della precedente Legislatura, riconoscendola come uno dei 36 casi esemplari di violenza istituzionale sui 1500 fascicoli esaminati dalla Commissione.
Tre anni senza alcun contatto con la famiglia materna per essere sottoposto alla “cura” della PAS proposta da Gardner, un’inusitata compressione dei rapporti affettivi materno filiali che ha procurato al piccolo M. un grave danneggiamento psichico, così come ha riconosciuto il CTU nominato dalla Corte d’Appello di Roma dinanzi a cui Laura ha reclamato il provvedimento minorile di affidamento del minore al padre. Del resto, nel 2019, già il Tribunale per i Minorenni di Venezia aveva riconosciuto come non fosse nell’interesse del minore essere trasferito presso l’abitazione paterna ed essere allontanato dalla madre.
E così, a maggio 2024, la Corte d’Appello di Roma ha incaricato i Servizi territoriali del Consultorio Familiare di Mogliano Veneto di adoperarsi per il riavvicinamento del piccolo M. alla famiglia materna tutta, seguendo quanto indicato dal CTU, per cui tale riavvicinamento sarebbe dovuto avvenire in tempi brevi al fine di evitare l’ulteriore danneggiamento psichico del bambino.
Eppure, nonostante il cristallino decreto della Corte territoriale romana, il piccolo M. è rimasto ancora vittima dell’alienazione istituzionale posta in essere dall’èquipe del predetto Consultorio, la quale ha platealmente continuato a sostenere le condotte alienanti paterne.
Ma Laura non ha mollato, ha capito sin da subito che gli operatori incaricati della ULSS 2 Marca Trevigiana volevano mantenere celate le illecite condotte paterne e così ha iniziato a chiedere la documentazione contenuta nella Cartella sociale del proprio figlio; l’ULSS2 ha negato alla donna il diritto di accesso alla documentazione amministrativa in ogni modo possibile, nonostante le rappresentate esigenze difensive materne.
Laura ha deciso così di rivolgersi al TAR Veneto, che finalmente a luglio 2024 non solo ha condannato la ULSS 2 alle spese di lite di ben 2.000 Euro ma ha ordinato all’Azienda di concedere alla donna l’accesso alla richiesta documentazione. In quel momento, quelli che erano solo sospetti sono diventati presto realtà.
Laura ha scoperto che gli operatori del Consultorio familiare si erano coordinati tra loro per negarle la documentazione richiesta nonostante fossero pienamente consapevoli del diritto della donna, così come da essi affermato nelle mail che si scambiavano tra i vari uffici e con il consulente legale dell’Azienda. Ma soprattutto Laura ha scoperto che erano state mantenute celate all’Autorità Giudiziaria gravi condotte paterne, come ad esempio un inutile sottoposizione del minore ad un intervento chirurgico di cui non necessitava e per cui gli operatori sociali non sono intervenuti in alcun modo al fine di impedirlo.
E si è scoperto pure che dal maggio 2024, periodo di pubblicazione del decreto della Corte d’Appello di Roma, non si era ancora provveduto ad elaborare la progettazione ordinata dai giudici per riavvicinare madre e figlio!
Laura, i nonni materni ed il loro collegio difensivo hanno quindi iniziato a richiedere spiegazioni al Servizio territoriale competente, il quale si è astutamente celato dietro l’invenzione del rifiuto del bambino di riprendere i contatti con la famiglia materna.
Con il trascorrere dei mesi, gli operatori sociali di Mogliano Veneto hanno continuato a non rispettare i provvedimenti giudiziari. A novembre 2024, in occasione della celebrazione della Prima Comunione di M., Laura ed i nonni materni si sono recati in Chiesa ed hanno incontrato il piccolo M., che è rimasto assolutamente tranquillo alla vista della famiglia materna, tanto da farsi anche delle fotografie con madre e nonni. In tale occasione è emersa, invece, platealmente la violenta condotta alienante paterna in tutta la sua ferocia; infatti, il padre di M. e lo zio paterno hanno letteralmente cacciato Laura davanti agli occhi del bambino, spintonando la donna e minacciando di far intervenire le forze dell’ordine (senza alcun motivo!), portando il minore a piangere e dimostrando ancora una volta tutta la loro violenza e malvagità.
Ed è così che, messi finalmente alle strette tra pec e diffide quotidiane di Laura e dei suoi difensori, l’èquipe del Consultorio familiare di Mogliano Veneto ha dovuto cedere e disporre finalmente la ripresa degli incontri tra madre e figlio oltre che tra nonni materni e nipote, continuando però fino all’ultimo nel tentativo di non far riabbracciare ad M. la sua mamma, dimostrando apertamente di sostenere le condotte alienanti paterne.
Gli incontri vanno bene, gli operatori sociali si arrogano un potere valutativo non conferito loro da alcuna autorità giudiziaria e redigono relazioni sugli incontri assistiti; Laura intanto ha richiesto di disporre anche libere videochiamate infrasettimanali con il proprio figlio ed ha informato gli operatori dell’ULSS2 che il padre del minore ha bloccato tutte le utenze telefoniche della famiglia materna, dimostrando inopinabilmente di voler impedire i contatti telefonici tra il figlioletto e la famiglia materna.
L’èquipe del Consultorio familiare, capeggiata dallo psicologo G. D. R., ha omesso però di rispondere a tale richiesta materna, tanto da costringere Laura a diffidare nuovamente anche il Direttore Generale e la neo Direttrice Socio Sanitaria dell’ULSS2 Marca Trevigiana.
Intanto, la suddetta èquipe ha tentato di far saltare pure l’incontro materno filiale del 26 febbraio scorso, già programmato sin dal 30 gennaio; viene riferito a Laura che il padre del minore aveva fatto sapere che M. sarebbe rimasto a scuola quel giorno. Ma Laura ha colpito ancora in contropiede ed ha proposto di posticipare l’incontro con suo figlio in orario successivo all’uscita da scuola del bambino. Tuttavia, nonostante Laura avesse richiesto di conoscere la calendarizzazione degli incontri per le prossime settimane, nessuno ha soddisfatto la richiesta avanzata dalla donna e dai nonni materni: ad oggi madre e figlio non sanno quando potranno rivedersi!
Ma non solo: il Consultorio familiare non si è adoperato in nessun modo per permettere a Laura di sentire telefonicamente suo figlio, dimostrando di sostenere così il padre del minore nel mantenere bloccate le utenze telefoniche della famiglia materna oltre che nel continuare ad impedire al figlio di mantenere contatti continuativi e significativi con il ramo genitoriale materno.
E’ di venerdì 28 febbraio l’ultima diffida inviata dal difensore legale di Laura anche al Direttore Generale dott. Benazzi ed alla neo Direttrice Socio Sanitaria dott.ssa Vescovi della ULSS 2 Marca Trevigiana ma ad oggi ancora nessuna risposta, nonostante l’urgenza e la delicatezza della questione.
Intanto, il piccolo M. sta subendo ancora una feroce vittimizzazione secondaria proprio dall’istituzione incaricata di garantire la ripresa dei contatti materno filiali, considerati dal CTU “un vantaggio per M.”. Una chiara dimostrazione di alienazione istituzionale, un bambino vittima non solo del feroce ostruzionismo paterno ma anche di servizi sociali alienanti e platealmente conniventi con la figura paterna.
Laura non molla ed è pronta a dare ancora battaglia nelle aule di giustizia per vedere tutelati i diritti del proprio figlio, fino ad oggi danneggiato dagli operatori dello Stato che, come si vede, continuano ad agire in violazione delle leggi esistenti; intanto, le condotte illecite degli operatori sociali del Consultorio familiare di Mogliano Veneto sono state già sottoposte alla cognizione delle competenti autorità giudiziarie.
Laura, il piccolo M. ed i suoi nonni materni rimangono in attesa di Giustizia, in uno Stato in cui la tutela dei minori rappresenta solo un deplorevole business.