di Emiliano Scappatura – Uno dei primi atti legislativi di Trump, quasi nascosto tra le sue irruente iniziative di politica estera, è stato quello di cancellare per legge tutto un universo trangender a livello anagrafico. Da qualche giorno negli Stati Uniti esistono solo maschi e femmine, e milioni di documenti smetteranno di avere altre opzioni. Ce lo si aspettava perché era tra le sue promesse elettorali, ma ciò non ha impedito a tutta una cultura progressista di gridare allo scandalo e di parlare di un “arretramento” culturale agli anni Cinquanta.
Naturalmente per parlare di arretramento si deve partire da una concezione progressiva della storia secondo cui ciò che viene dopo è sempre un miglioramento, e mai una deriva. Ma noi crediamo che Trump sia un prodotto non della destra ma di una certa cultura progressista che lasciata a sé stessa ha finito per abbandonarsi ai suoi eccessi. E si è sbracata fino a che non ha provocato il rigurgito del ceto medio che ha invocato qualcuno che alla fine mettesse un po’ d’ordine rinunciando a un po’ delle sue nuove libertà e delle sue pretese conquiste sociali in cambio di un po’ di buonsenso.
Ogni stagione politica ha i suoi oppositori, naturalmente
Ma è dalla qualità degli oppositori che produce che alla fine misura anche la sua qualità. Insomma, ognuna produce gli antagonisti che si merita. Così, per esempio, l’Atene di Pericle si vide contrastata da Socrate e da Platone. Mica male. L’Europa assolutista del Settecento si vide contro la cultura illuminista e i pamphlet di Voltaire, e via dicendo. A misurare le nostre miserie basti dire che la cultura sessantottina dovette inventarsi alla meno peggio un po’ del protagonismo di Sartre e noi, che non riuscimmo ad avere neanche quello, ci dovemmo accontentare di eleggere a bardi gente come Toni Negri e Mario Capanna.
Adesso nell’Occidente imperversa la cultura Woke, e all’uopo si sono trovati gli ideologi di questa nuova strategia di pensiero che promette una palingenesi di un mondo che finora era tutto sbagliato ma che adesso, con le opportune correzioni, finalmente inizierà a correggere secoli di malefatte. Una caposcuola di questa ideologia è Judith Butler e un secolo fa le sue teorie sarebbero sembrate divagazioni da cabaret. Ma non si deve mai sottovalutare la cultura, e in tempi in cui una banana attaccata alla parete diventa un’icona artistica pagata suon di milioni, anche la filosofia si adegua.
Adesso quelle teorie infatti le hanno aperto le porte delle maggiori università statunitensi e i maggiori premi culturali europei. Ma non si faccia molto caso all’altisonanza dei nomi di quelle università, e al fatto che per frequentarle solo di retta ogni anno si pretende molto di più di quanto guadagna un buon impiegato.
Poi, a ben vedere, si scopre che è in atto un movimento di corrosione interna per cui, già dal finire degli anni ottanta, ad esempio, grazie a questi ideologi a Stanford nei programmi umanistici erano stati rigorosamente banditi autori come Dante, Omero, Platone, Aristotele, Shakespeare, per tacere degli altri. Insomma, un’inezia. Il motivo è che uno era sessista, uno razzista, uno aveva manifestato opinioni reazionarie e via dicendo. Insomma, non avevano espresso, anche perché non erano nati nell’epoca giusta, convinzioni rigorosamente democratiche e di pari livello sui due sessi, e la loro lettura avrebbe potuto sviare i giovani studenti dal modo corretto di pensare. E su questo passo poi si sono adeguate anche Yale, la Columbia, e infine Oxford e man mano, chi più chi meno, tutte le altre. Insomma, la cultura occidentale è troppo bianca, troppo maschilista, ha ancora troppo addosso i germi di una visione eurocentrica e colonialista, per non parlare di tutto il resto.
In definitiva, un buono studente del Liceo Classico italiano, fino a che non rovineranno anche quello, con una spesa al confronto banale, alla fine avrà una cultura di gran lunga superiore a un laureato in lettere anglosassone odierno che per leggere le metamorfosi di Ovidio viene avvertito che sta aprendo un libro che “contiene materiale offensivo e violento che marginalizza le identità degli studenti nella classe” neanche fosse il Mein Kampf o di quelli oxfordiani che devono leggere l’Iliade e l’Eneide di nascosto come una volta si leggeva una rivista porno.
Invano Saul Bellow, all’inizio, aveva tentato di far ragionare tutti dicendo che non c’era nessun razzismo o eurocentrismo in questi autori, ma solo la banale constatazione che era stato l’Occidente a produrre il vertice della cultura universale. Insomma, per usare le sue parole, non si è ancora segnalata “l’esistenza di un Tolstoj tra gli zulù o di un Proust in Papuasia”, ma se è il caso saranno aggiunti. Niente da fare. L’ideologia non sente ragioni e se gli studenti della élite americana vogliono aprire gli agognati libri devono prima meritarseli, facendo prima, per correttezza della diversity, un esame, obbligatorio ovviamente, sulla storia africana, mediorientale, indiana, asiatica e via dicendo.
Ma questo attacco irruento ai fondamenti della cultura occidentale, che è tanto cattiva da produrre anche la libertà di essere attaccata (e vorremmo vedere quanto le altre culture lo tollererebbero) non si è fermato qui. E se Aristotele, ma doveva capitare anche a lui prima o poi, andava in pensione perché era figlio di un’epoca misogina, adesso era arrivato il turno della biologia. Dire che si è maschi o femmine, ai miei tempi, poteva sembrare una banalità, al di là dei gusti (ma quelli ci sono sempre stati).
Adesso è un’affermazione terribilmente sovversiva. A sentire le parole di Judith Butler e di tutta una corrente femminista, ma le altre non sono da meno, le parole bibliche “maschio e femmina li creò” in realtà non sono altro che una espressione icastica su cui si è fondata la schiavitù di un certo modo di pensare imposta, e ci mancherebbe, dall’uomo maschio, bianco, occidentale, eterossessuale, borghese e via dicendo con intenti dominatori su tutti gli altri.
Attraverso sottili disquisizioni psicanalitiche la filosofa statunitense spiega dagli anni Novanta come in realtà anche il sesso non ha nulla a che fare con la biologia ed è solo una forma di condizionamento culturale e sociale, e prima ce ne accorgiamo, prima ci saremo liberati da questa schiavitù che imprigiona le minoranze da secoli. Anzi, quelli che se ne sono già accorti sono proprio le lesbiche e quelli senza identità che rifiutano questa schiavitù e non si fanno sfruttare dal maschio padrone.
Finora, verrebbe da dire, siamo andati avanti così, forse ingenuamente, forse ingiustamente, e in qualche modo fino a qui ci siamo arrivati. Anzi siamo fin troppi. Trump, che è estraneo a queste sottigliezze, forse vuole solo restaurare con prepotenza un mondo impertinente, o forse solo fermare un mondo alla deriva: noi che della questione siamo ignoranti non ci pronunciamo. Di sicuro però, se questo è il mondo profetizzato dalla Butler, non se ne andrebbe da solo, ma si porterebbe con sé, tra chi lo ha sorretto, un paio di millenni di letteratura e di filosofia che gli stanno dietro e noi, che siamo figli, forse sbagliati, del liceo classico, preferiamo andare in pensione con lui e con Dante, Shakespeare e Platone piuttosto che assistere all’implosione della cultura occidentale. Visto anche chi sono quelli che pretendono di sostituirla. Visti i prodromi non siamo ansiosi di vedere il resto.
Prof. Emiliano Scappatura