L’immagine scelta per illustrare la campagna di affido familiare su Facebook è quella di due uomini che abbracciano una bambina
di Tommaso Montesano – Pagina Facebook di Roma Capitale. Il post è quello dedicato all’istituto dell’affido familiare, disciplinato da una legge del 1983 poi modificata in due occasioni (2015 e 2022). Per capire di cosa si tratta, conviene rifarsi direttamente alla pagina web del Campidoglio: «È un intervento temporaneo di aiuto e di sostegno a bambini/e, ragazzi/e e famiglie in difficoltà, che viene disposto quando i genitori non sono in grado di occuparsi in modo sufficiente e completo delle necessità dei figli».
Fin qui, verrebbe da dire, tutto bene. Nel senso che per un periodo di 24 mesi, rinnovabile, «coppie con o senza figli, sposati o conviventi, persone single», possono aiutare i genitori in difficoltà con il mantenimento dei figli (ad esempio dal punto di vista economico o per la difficoltà di far fronte all’educazione e all’istruzione dei minori). Come? Accettando temporaneamente di prendersi cura dei bambini, accolti in una nuova famiglia in grado di «assicurare un’adeguata risposta ai bisogni educativi ed affettivi» dei minori. E questo fino a quando «la causa che abbia impedito alla famiglia di origine di prendersi cura del figlio venga meno».
COMMENTI AL VETRIOLO
Da qui la campagna di sensibilizzazione, sui social, del Comune di Roma per reclutare le “famiglie affidatarie”. Ovvero il «porto sicuro»- questa l’espressione usata dal Campidoglio – cui destinare i bambini di famiglie in difficoltà. Hashtag: #AccogliConAmore e #UnaCasaTemporaneaUnamorePermanente. I problemi iniziano con l’immagine scelta per illustrare la campagna su Facebook: due uomini che abbracciano una bambina.
Un messaggio neanche troppo subliminale rivolto alle coppie omosessuali: l’adozione- negata dalla “legge Cirinnà” sulle unioni civili del 2016 è possibile. Del resto, come osserva Joseph commentando l’iniziativa del Campidoglio, «in pratica la famiglia (naturale e di provenienza, ndr) dovrà riconquistarsi i figli. Perché se non riesce a superare le difficoltà la situazione non cambia e i bambini rimarranno in affido temporaneo». Anche presso le coppie omosessuali, visto che «per diventare affidatari non esistono vincoli a priori», si preoccupa di specificare il Comune di Roma nell’informativa sul servizio.
LA REAZIONE DI PRO VITA
«Aiutare i bambini in difficoltà è sacrosanto. Ed è giusto e nobile darli in affidamento, ma a famiglie vere. Famiglie con un padre e una madre. Invece qui assistiamo alla solita propaganda omosessualista. Quella del Comune di Roma è la solita spinta ideologica. Basta con la propaganda», attacca Toni Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia.
«Questo è solo uno dei casi che riguardano l’amministrazione del sindaco Roberto Gualtieri», denuncia il portavoce Jacopo Coghe. Finora il sindaco del Pd ha mostrato «poca attenzione per le famiglie e molto interesse ad assecondare i capricci del mondo Lgbt. A Roma c’è un ufficio per i diritti Lgbt+ affidato a Marilena Grassadonia, che ha prodotto un percorso di “rieducazione” degli insegnanti di scuole materne ed elementari da parte di associazioni che promuovono l’ideologia gender. Qualche giorno fa è stato siglato un protocollo di intesa tra il Campidoglio e l’ordine degli psicologi per promuovere l’identità e la transizione di genere. Da quando è in carica, Gualtieri non ha fatto altro che ammiccare al mondo arcobaleno. L’immagine, forzata, dei due uomini con una bambina è solo l’ultima scelta ideologica».
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