Delazione e controllo distruggono la vita della comunità italiana

spione delazione

Il progetto prevede che gli operatori della sicurezza locale si abituino alla “continuità di intervento”, ovvero stare sempre col fiato sul collo dei cittadini

di Ruggiero Capone – La strada era già segnata sotto pandemia, quando la giunta di Virginia Raggi passava la staffetta a Roberto Gualtieri: anche se tanti pensavano che il sistema delatorio basato su spiate, foto col telefonino e indagini sui propri vicini, potesse terminare con la fine dei lockdown. Ma ormai il senso di comunità era bello che scardinato, al suo posto si è pian pianino instaurata la guerra tra cittadini. Il gioco a massacrare il proprio vicino: soprattutto cercare di far chiudere, attraverso la raccolta di dati, botteghe e negozi, come il permettere alle polizie locali di sanzionare passatempo e vita di chi ci abita accanto.

L’Emilia-Romagna è stata la prima Regione italiana ad aver istituzionalizzato la “delazione di vicinato”: in questa scelta il Comune guida è certamente Bologna, che poi ha ispirato Milano e Roma. L’hobby occidentale della delazione (similare a quello che vigeva nell’ex blocco socialista) è nato nei Paesi anglofoni nei primi anni Sessanta, dove viene appellato col nome di neighbourhood watch, ovvero “controllo di vicinato”: si sta diffondendo dal 2019 in tantissimi Comuni italiani a guida Partito democratico e Movimento 5 Stelle. L’Emilia-Romagna è il primo territorio regionale italiano ad aver messo in rete tutte le delazioni municipali. A Bologna l’hanno subito spacciata come “partecipazione attiva dei cittadini all’osservazione del territorio in ottica di prevenzione”.

Asserendo che “l’obiettivo del controllo di vicinato è quello di valorizzare e stimolare l’idea di co-costruzione della sicurezza locale, nel rispetto dei diversi ruoli delle istituzioni (forze dell’ordine in particolare) e delle comunità”. In Emilia i cittadini, soprattutto casalinghe e pensionati, entrano così a far parte dei “gruppi di controllo di vicinato”. La Regione Emilia-Romagna sostiene che “non sono altro che cittadini che hanno a cuore la sicurezza del luogo in cui vivono e che si mettono spontaneamente in rete tra loro per tenere gli occhi aperti sul proprio quartiere, la propria strada, scambiandosi informazioni su ciò che la loro sensibilità gli permette di notare come anomalo”.

Sta di fatto che, attraverso i presidi istituzionali di Regione e Comuni, questi cittadini possono agevolmente allertare l’Agenzia delle Entrate sul fatto che il proprio vicino avrebbe acquistato una bella vettura o moto, che lo vedono ritirarsi con buste della spesa piene di champagne e caviale, o comunque condurre una vita agiata. Parimenti lo stesso gruppo di cittadini coscienziosi può allertare le polizie locali se nota un vicino troppo dedito nel proprio cortile o garage a ripararsi auto e moto, o a fare lavori di falegnameria o, peggio, a ristrutturare casa in economia e con le proprie manine. Così il vicino, folgorato sulla strada della “cittadinanza attiva”, sente il bisogno di comunicare alle istituzioni locali le proprie sensazioni o ciò che ha visto e fotografato: in pratica fa la spia alla polizia locale. Quest’ultima cerca subito di dare risposte alle preoccupazioni del “buon cittadino” attento e sensibile, che ha a cuore non si consumino reati ambientali dovuti al lavoro umano e, soprattutto, evasione fiscale. La polizia locale raccoglie le delazioni come “informazioni qualificate di primo livello su fenomeni anomali del territorio”: quindi apre l’indagine informando preventivamente la Procura della Repubblica.

Il vicino se ne accorge solo quando viene convocato al comando di polizia per essere reso edotto che è indagato, che deve mettersi un avvocato.

La Regione Emilia-Romagna giustifica il tutto come “collaborazione alla costruzione della fiducia tra cittadini e istituzioni e tra gli stessi membri della comunità, fiducia che è alla base del legame sociale e dell’idea stessa di prevenzione e sicurezza”.

Oggi c’è una vera e propria corsa tra Roma e Milano ad emulare il processo di delazione. Gualtieri probabilmente avrà la meglio grazie ai fondi del Giubileo che ha impiegato in rifacimenti stradali (Roma è un enorme cantiere incompiuto) ed in supporti informatici per la raccolta dati sui cittadini.

Così dalla dotazione di nuove telecamere alla polizia locale passando per un maggiore ascolto alla delazione, oggi i romani vengono continuamente spiati in ogni movimento: dalle passeggiate agli acquisti, dai passatempo al lavoro (per chi ancora è fortunato ad averlo), dall’auto alla bici, dal “trasloco fai da te” agli acquisti di chincaglieria nei mercatini.

Il progetto prevede che gli operatori della sicurezza locale si abituino alla “continuità di intervento”, ovvero stare sempre col fiato sul collo dei cittadini. Ben si comprende che un siffatto clima fustighi non poco la genialità del cittadino che, casomai da disoccupato, cerca d’inventarsi un lavoro manuale, la riparazione di oggetti, la costruzione di un qualcosa che potrebbe forse rappresentare il primo passo verso un nuovo brevetto. Invece la genialità dell’italiano medio rischia venire fustigata dal proprio vicino che, malevolmente, si domanda “cosa sta facendo quello lì… lavora? Allora evade le tasse? E se fosse un lavoro non a norma europea? Nel dubbio riferisco tutto a chi di dovere”.

Di fatto la delazione mette gli italiani contro altri italiani, ben consci che il normale cittadino delatore chiuderebbe gli occhi se venisse occupato da sconosciuti un appartamento del condominio in cui vive. Parimenti nessun delatore, temendo per la propria incolumità, s’azzarda a fare la spia circa le violenze di gruppo: anche perché dice a se stesso “chi me lo fa fare tanto ci sarà una qualche telecamera che ha ripreso tutto?”. Il coraggioso delatore nemmeno si permette di telefonare quando vede il degrado creato da sconosciuti o la presenza di bancarelle abusive. L’obiettivo del delatore è dimostrare la forza legale della propria cattiveria contro il vicino di casa. Le amministrazioni stanno utilizzando il vecchio divide et impera per frantumare la comunità italiana, per ridurre quella partecipazione alla vita civile che dovrebbe innanzitutto basarsi sul dialogo e non sulle spiate.
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