19 poliziotti feriti, le camionette delle forze dell’ordine assaltate, il fantoccio del Ministro dell’Università bruciato, gli edifici occupati e le città bloccate
di Francesco Giubilei – È il risultato della «rivolta sociale» evocata qualche giorno fa dal segretario della Cgil Maurizio Landini arrivata puntualmente per mano di collettivi, gruppi radicali e associazioni studentesche estreme che ieri hanno sfilato per il «no Meloni day» in numerose città.
D’altro canto che non si sarebbe trattato di una protesta pacifica lo si era già capito nei giorni scorsi quando lo sciopero era stato annunciato con un manifesto raffigurante il volto di Giorgia Meloni e del Ministro dell’Università Anna Maria Bernini ricoperto da una mano sporca di sangue. Ieri dalle parole si è passati ai fatti con manifestazioni violente nei toni e nelle azioni che nulla hanno a che vedere con la libertà di manifestazione.
Il timore del Viminale infatti è che dietro alle continue proteste ci sia un disegno e un coordinamento anche perché i si terranno nuove manifestazioni pro Palestina. Come spiega il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: «Stavolta non c’era il pretesto di altre iniziative in corso né soggetti cui contrapporsi ma a essere presi di mira sono stati i palazzi delle Istituzioni e a essere aggrediti gli operatori delle Forze di polizia schierati a loro difesa».
Quanto avvenuto è stato stigmatizzato dalla premier
«Anche oggi abbiamo assistito a inaccettabili scene di violenza e caos in alcune piazze, ad opera dei soliti facinorosi. Diversi agenti delle Forze dell’Ordine sono finiti al pronto soccorso a causa di ordigni e scontri. La mia totale solidarietà va a tutti gli agenti feriti, con l’augurio di una pronta guarigione». Giorgia Meloni ha poi aggiunto: «Spero che certa politica smetta di proteggere o giustificare queste violenze e si unisca, senza ambiguità, nella condanna di episodi così gravi e indegni».
Anche il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara è intervenuto su quanto accaduto alle manifestazioni: «Valditara a testa in giù, urlavano sotto il Ministero. E sarebbero questi gli interlocutori democratici? La scuola italiana non ha bisogno di replicanti degli estremisti degli anni ’70».
Parole di condanna sono arrivate anche dal presidente del Senato Ignazio La Russa che ha parlato di «gravissimi e inaccettabili episodi di violenza» mentre il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha dichiarato «solidarietà ai poliziotti. L’odio avvelena il dibattito. La violenza e le minacce non possono essere mai accettate».
Chiamata in causa in prima persona dalle piazze, il ministro dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini ha affermato: «Credo nella democrazia e nell’onestà intellettuale dei miei colleghi di qualsiasi parte politica, mi aspetto un sussulto democratico», aggiungendo che «gli studenti stanno organizzando delle argomentazioni non esatte».
Eppure, se da parte della maggioranza c’è stata una presa di posizione unanime di solidarietà verso gli esponenti di governo, da sinistra si è preferita una condanna parziale. Elly Schlein, dopo aver dichiarato che «la violenza è intollerabile» ha aggiunto «così come la strumentalizzazione politica della violenza che non dovrebbe fare nessuno, in particolare modo chi ha responsabilità di governo».
Eppure, più che strumentalizzazioni da parte degli esponenti di governo, ciò che è andato in scena ieri nelle città italiane è stato uno spettacolo preoccupante che testimonia una pericolosa crescita della violenza e una saldatura tra mondi radicali che hanno poco o nulla a che fare con gli studenti.
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