In una città che non menziono e in una scuola che non Vi dico

scuola

di Vincenzo Baldini – In una città che non menziono e in una scuola che non Vi dico, il/la Dirigente scolastico/a ha ben deciso di chiudere la scuola per procedere alla disinfestazione -da ratti, insetti e quant’altro- nei giorni immediatamente precedenti l’elezione dei rappresentanti degli studenti nei vari organi (classe, istituto) della stessa scuola.

Il/la Dirigente ha sapientemente e giustamente messo al primo posto le ragioni della sicurezza e della sanità per gli alunni e il personale docente, di ciò va dato merito. Tuttavia, tale coincidenza ha comportato l’annullamento del previsto dibattito pubblico interno di presentazione di candidature e programmi da parte degli studenti. Sarebbe stato forse più congrua la decisione, da parte del vertice dell’istituto, di differire l’espletamento della procedura elettorale, casomai posticipandolo di (almeno) una settimana, per consentire ciò che, in generale, integra un momento vitale di un’autentica competizione democratica, vale a dire il confronto e il dibattito tra elettori e candidati alle varie cariche rappresentative. Ciò non è accaduto e l’evento ufficiale di presentazione delle candidature, fissato in uno dei giorni poi occupati dall’attività di risanamento o pulizia ambientale, è stato miseramente cancellato.

La vicenda sin qui narrata non ha certo il senso di una medaglia da appuntare al petto del pur non improvvido Dirigente, ma non vuol suonare nemmeno come un’aspra reprimenda della stesso. Essa è piuttosto l’esplicazione nei fatti di quanta scarsa considerazione godano, in una certa scuola, i momenti di esercizio della democrazia interna, esercizio che, come pure ci si sforza di insegnare ai giovani studenti nelle Aule universitarie, non si risolve nell’esplicazione del voto ma si realizza attraverso percorsi -formali e sostanziali- mirati, in ogni singolo passaggio procedimentale, a rendere consapevole l’elettore nella scelta dei suoi rappresentanti.

Pluralismo, tutela della libertà (riunione, associazione, comunicazione, etc.) rischiamo di diventare artifici retorici se nell’esperienza delle istituzioni non trovano adeguato compimento reale. Confronto, comunicazione, dibattito pubblico, comprensione sono passaggi ineludibili e fondamentali del processo democratico ad ogni livello istituzionale, non soltanto nazionale o europeo, se non si vuole giungere a smarrire il senso reale della partecipazione e ridurre l’elezione ad una mera delega di potere e/o di rappresentanza concessa non si sa bene perché e a chi.

L’attenzione delle istituzioni scolastiche alla fase che precede l’esercizio del voto riveste, dunque, una funzione pedagogica assoluta, vale ad insegnare agli studenti la sostanza vera dell’agire democratico che non si esaurisce nella mera affermazione della regola di maggioranza ma esige elettori coscienti e consapevoli della scelta che esprimono con il voto. In una scuola in cui l’educazione civica e soprattutto la conoscenza della Costituzione assurgono a momenti didattici indispensabili, il marchiano “autogol” della dirigenza, nel caso narrato, va indicato come un pericoloso (e, spero, inconsapevole..) scivolamento.

La Costituzione non si insegna o non si spiega come fosse un’opera d’arte o un monumento a qualcosa di molto lontano, essa come Legge fondamentale dev’essere vissuta e applicata, prima di tutto da chi è chiamato ad operare ad ogni livello con responsabilità istituzionale. Ricreiamo – come dice Paolo Grossi- un’autentica mentalità costituzionale che si rifletta nei fatti e nella vita di ogni istituzione di questa Repubblica.

Vincenzo Baldini
Professore Ordinario di diritto costituzionale
Università di Cassino e del Lazio Meridionale
Direttore scientifico Rivista www.dirittifondamentali.it